Bio e Natura 16/01/2010

Oddio! E se scoppia la pandemia agraria?

Nel corso di una giornata di studio dell’Accademia dei Georgofili sono stati evidenziati i rischi connessi alla globalizzazione agricola. Le merci viaggiano più spedite, ma anche le patologie


La penisola italiana è particolarmente esposta al rischio di accidentali introduzioni di insetti dannosi e l’ampio spettro dei suoi parametri climatici favorisce nelle regioni meridionali anche l’acclimatazione di specie di origine subtropicale.

Ad affermarlo, nel corso di una giornata di studio presso l’Accademia dei Georgofili Alberto Matta, già professore di patologia vegetale presso l’Università di Torino e Alberto Alma del Dipartimento di entomologia e zoologia dello stesso ateneo.

Nel periodo compreso tra la scoperta dell’America e il 2006 è stato possibile accertare l’introduzione e l’acclimatazione, nel nostro Paese, di almeno 425 specie di insetti e 22 di acari. Alcuni di questi hanno provocato pandemie che hanno arrecato seri problemi economici, oltre che sociali.

Non possiamo dunque dirci al sicuro, come dimostra la continua emanazione di decreti di lotta obbligatoria, di non facile attuazione e, se non correttamente applicati, causa di pesanti ripercussioni ambientali. Non solo, sarebbe un errore ritenere che problemi fitopatologici che colpiscano nazioni lontane, non abbiano ripercussioni globali. E’ il caso di una patologia ancor poco conosciuta: la ruggine del frumento UG 99, che è stata segnalata la prima volta in Uganda nel 1999 e che poi si è diffusa fino a raggiungere l’Iran e da qui ha minacciato le zone cerealicole di India e Pakistan.

Da tempo ormai sono stati avviati programmi di miglioramento genetico che hanno permesso di creare cultivar resistenti al fungo P. graminis tritici, riducendo sensibilmente la dannosità della malattia, che, altrimenti, provocherebbe seri cali produttivi a causa del disseccamento precoce della coltura. Il nuovo ceppo sta tuttavia creando seri problemi in diverse aree cerealicole dell’Africa e dell’Asia centrale e caucasica, che rappresentano il 37% della produzione mondiale, fino a minacciare l’Europa. Infatti è anche in grado di superare la resistenza conferita dal gene Sr38, introdotto da Triticum ventricosum in moltissime varietà di frumento coltivate in Europa e in Australia.

Il Centro internazionale per il miglioramento del frumento e del mais ha stimato che almeno i due terzi del frumento coltivato in India e Pakistan, che coprono complessivamente circa il 20% della produzione mondiale, siano molto sensibili all’UG99.

La capacità delle spore di diffondersi per molti chilometri potrebbe consentirne inoltre il passaggio negli Stati Uniti dopo la colonizzazione dell’Asia. Un allarme che viene a cadere nel momento in cui, stando ai rapporti della Fao, le riserve mondiali di frumento sono al livello più basso delle ultime quattro decadi.

Ad aggravare il processo di riduzione delle riserve a livello mondiale è stata anche la siccità riscontrata negli ultimi anni che ha determinato una riduzione di produzioni di cereali a livello mondiale del 3,6% nel 2005 e del 6,9% nel 2006. I ricercatori mondiali sono al lavoro e sono già stati identificati alcuni geni di resistenza nei confronti dell’UG99 che potrebbero essere introdotti nelle varietà coltivate, contribuendo alla riduzione dell'impatto della malattia. Alcuni di questi geni potrebbero essere trasferiti con una certa celerità, per altri invece sarebbero necessari programmi di miglioramento genetico molto più lunghi. L’unica efficace strategia di difesa è rappresentata da una rapida identificazione di genotipi anche parzialmente resistenti seguita da una rapida ed ampia produzione e distribuzione di seme nei Paesi più esposti alla patologia.

di R. T.