Bio e Natura 18/10/2013

Curare l'orto invernale, per provare il gusto di mangiare quanto autoprodotto

Un appuntamento fisso dove trovare consigli e suggerimenti per il fai da te agricolo, per coltivare un fazzoletto di terra o qualche vaso sui balconi in questi mesi freddi. Anche un momento di dialogo tra appassionati e professionisti dell'agricoltura


Bombardati dai continui scandali riguardanti il settore agro-alimentare molte persone si stanno ingegnando per riacquisire parte di una indipendenza alimentare che molti anni or sono è stata delegata a vari soggetti che la moderna società dei consumi ha creato. Sono in molti quindi a provare a coltivare un fazzoletto di terra o qualche vaso sui balconi per provare il gusto di mangiare almeno qualche pomodoro o un cesto di insalata autoprodotto.

Quello che diventerà un appuntamento fisso su Teatro Naturale è rivolto a neofiti e/o appassionati di orticoltura in piccola scala, dove l’obiettivo primario è l’autoproduzione di verdure fresche, dove generalmente non ci sono grandi possibilità di meccanizzazione e dove il ricorso alla lotta chimica è l’ultima cartuccia da sparare.

In autunno inoltrato le colture primaverili estive sono giunte al termine, l’orto è stato liberato e zappato per lasciar posto alle colture invernali. Se si dispone di una fonte di concime organico è buona norma distribuire il letame e interrare per migliorare le condizioni chimico/fisiche del terreno, altrimenti si possono acquistare sacchi di concime in pellet consentiti in agricoltura biologica.

L’orto invernale non è colorato come quello primaverile estivo, le piante adatte ai rigori invernali infatti non hanno a disposizione il sole e il calore delle lunghe giornate estive, per questo gli ortaggi invernali sono solitamente bianchi o verdi; tuttavia l’importanza di inserire nella dieta ortaggi invernali resta fondamentale in quanto Madre Natura ci offre sempre gli strumenti per seguire un’alimentazione che sia utile anche alla prevenzione dei “mali di stagione”.

Le principali colture che si possono mettere a dimora a partire alla fine dell’estate appartengono a varie famiglie botaniche, ricordiamo le più importanti:

Brassicacee. Cavolfiore, broccoli, cavolo romanesco, cavolo cappuccio, verza, cavolo nero, cime di rapa.

Liliacee. Cipolle, cipollotti, porri, agli, scalogni.

Chenopodiacee. Bietole, spinaci.

Leguminose. Fave, piselli

Composite. tutte le insalate a ciclo invernale.

Ombrellifere. Finocchi, carote.

Per chi possiede un appezzamento più grande delle proprie possibilità e non riesce a mettere a coltura tutta la superficie è consigliabile la tecnica del sovescio: lavorare a mano o con moto coltivatore la superficie interessata (su questa terra sarà possibile coltivare le piante del prossimo ciclo primaverile estivo) e seminare a spaglio un mix composto da una graminacea, una leguminosa e se possibile anche una crucifera; più in generale maggiore è la biodiversità del miscuglio e migliore è l’efficacia di questa operazione agronomica. Per contenere i costi si usano generalmente semi per uso zootecnico (es. avena, favino) ma esistono in commercio mix di varie specie già pronti a seconda delle esigenze. Le piante andranno tagliate alla primavera successiva cercando di creare il maggior sminuzzamento e poi interrate al massimo a 20 cm. Il sovescio è una vera e propria arte, in base alle esigenze è possibile apportare fertilità al terreno o fare in modo che si abbiano benefici sulla struttura del terreno e in questo caso parliamo di sovescio ammendante.

Chi ha già trapiantato i cavoli avrà notato dei danni notevoli alle foglie giovani ma anche a quelle ben sviluppate. Sono state vittime di un vorace parassita: la cavolaia. Per chi è già hobbista questo insetto sarà sicuramente noto. L’adulto è un’innocua farfallina bianca che depone uova di colore arancione, da esse si sviluppano delle voracissime larve che mangiano e si accrescono a ritmo impressionante. La miglior difesa (se il nostro orto non è troppo grande) è l’eliminazione manuale di uova e larve e passare accuratamente tutte le foglie almeno 2 volte a settimana per controllare la deposizione degli adulti e i danni delle larve.

Questo è il momento di seminare anche piselli e baccelli (fave). Si prepara un solco con la zappa e si sminuzza il più possibile il terreno. È generalmente sconsigliata la concimazione, specialmente quella azotata, per il rischio di spingere troppo la fase vegetativa con possibilità di indebolimento del fusto. Inoltre un eccessivo contenuto di azoto nel terreno aumenta i rischi di attacchi da parte di afidi che in primavera parassitizzano i giovani germogli dei legumi. Le piante appartenenti alla famiglia delle leguminose possiedono una proprietà unica fra tutte le famiglie botaniche: grazie alla simbiosi con particolari batteri le radici delle leguminose riescono a fissare azoto nel terreno e di fatto il suolo, dopo la coltura, è migliore in termini di disponibilità di azoto.

Un'altra opzione che va incontro a chi ha poco tempo e quindi non riesce a destinare ad orto tutto il terreno è seminare il farro. È una pianta molto rustica che può dare buoni risultati in tutti i tipi di terreno. Il farro sarà pronto l’estate successiva e la porzione di terra occupata da questo cereale non potrà essere usata per la coltivazione di pomodori, melanzane, peperoni. Si tenga conto poi che la raccolta manuale anche di una piccola porzione di farro è cosa non poco impegnativa da affrontare singolarmente. Tuttavia il piacere di condividere con amici e parenti un momento di vita rurale, magari godendo del refrigerio serale dopo le afose giornate estive attraverso gesti e rituali ormai dimenticati ci fa veramente riavvicinare ai ritmi di Madre Terra.

 

di Francesco Presti

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Commenti 1

angelo minguzzi
angelo minguzzi
19 ottobre 2013 ore 21:34

J URT PAR J ANZIEÑ1

Par non ësar d'péš a ch'j étar
j à avù un löt d'zincvânta2 métar
par pasês e’ těmp da vèč
a piantê’ dù trì radèč.

Prèma che t cměñza a sapê
t'é da rësar pinsiunê,
t'vé in Cumóñ cun e’ librèt
che alè i t diš se t'é e’ dirèt.

Parò e’ bsögna t stëga atěñt3
a n arvinê’ briš l'ambiěñt,
piturê’ i bidón ad vérd
che sinö l'ambiěñt u j pérd.
T'é pù něñc da tnì’ pulì
e' tu töc ad marciapì:
érba grasa, ròms, gramègna,
bdöč, giavóñ, parchè al n s a mègna.

E’ dišérb? Ció u n s'pò miga!
Sól de stabi e dla fadiga;
se al lumêg al t'ròšga al fòj,
gnit avlěñ, mò t'a li còj.

Insalê, pundôr e arvèja
sól par l'uš dla tu famèja4;
s't in fé d'piò t'arès da dêla
par un’ôpra asistenziêla.

"E’ rigulaměñt5 pù e’ diš
s't at amél něñc dù trì miš
che t a n sèja bóñ ad vanghê’
i tu fiùl it pò aiutê’;

mò che t épa dušènt métar
sěñza rësar pinsiunê,
šgònd al régul, e par nujétar,
l'è un lavór ch'u n s pò azitê".

Ció, u i è un cvèjc incunviniěñt6
mò i s mantěñ in alénaměñt
che i n và briša da e’ dutór.
E ža cvèst l'è un bël lavór.

E pù i scòr di su lavùr7.
"Cvèst l'è oidio". "A sit sicùr?"
"A j ò d'adacvêr i fnòč"
"Int i radišěñ u i è i bdòč"

"Fata zòla, còm ch'l'è bóna!"
"Pröpi ajir l'à fàt la lóna
e a m sò smèng d'sumnê’ i radèč"
"U n è mèj che t tëja i vèč?"

"Dal patêt ch'u n'agl'à incióñ",
"Dal pundôr ch'al pê di mlóñ"
"Guêrda ad gòmbar!, e’ srà věñt chilo,
al vòj dê a i tabëc d'l'ašilo8".

E i lavóra ch'i s amaza9;
ins e’ pöst d'andêr in piaza
o a giudês int e’ cafè
i và int l'ôrt tòt cvènt i dè.

S'i s mitès a fêj i cóñt
j arèb bëla mès a móñt;
s'i la cômpra a la butéga
i spènd mãñc, mò lo i s n in fréga

parchè acsè i sà cus ch'i mâgna10;
u n fa gnit s'i n i guadâgna,
s'i j armèt něñc, l'è l'istès.

E, par žóñta, i s divartès.







GLI ORTI PER GLI ANZIANI1

Per non essere di peso agli altri
hanno avuto un lotto di 502 metri
per passarsi il tempo da vecchi
a piantare due tre radicchi.

Prima di cominciare a zappare
devi essere pensionato,
vai in Comune con il libretto
che lì ti dicono se hai il diritto.

Però bisogna che tu stia attento3
a non danneggiare l’ambiente,
dipingere i bidoni di verde
altrimenti l’ambiente ci perde.

Devi poi anche tenere pulito
il tuo tratto di marciapiedi:
erba grassa, romici, gramigna,
convolvolo, giavone, ché non se lo mangino.

Il diserbo? Non si può mica!
Solo del letame e della fatica;
se le lumache ti rosicchiano le foglie,
niente veleni, ma le raccogli.

Insalata, pomodori e piselli
solo per uso famigliare4;
se ne fai in eccedenza dovresti darla
per un’opera assistenziale.

“Il regolamento5 poi dice
(che) se ti ammali qualche mese
(e) che tu non sia capace di vangare
i tuoi figli ti possono aiutare;

ma che tu abbia duecento metri
senza essre pensionato,
secondo le regole, e per noialtri,
è una cosa inaccettabile”

Certo, c’è un qualche inconveniente6
ma si mantengono in allenamento
che non vanno dal medico.
E già questa è una cosa buona.

E poi parlano dei propri lavori7.
“Questo è oidio” “Sei sicuro?”
“Devo innaffiare i finocchi”
“Nei ravanelli ci sono gli afidi”

“Che cipolla, come è buona!”
“Proprio da ieri è luna buona
E mi sono dimenticato di seminare i radicchi”
“Non è meglio che tu tagli i vecchi?”

“Delle patate che non le ha nessuno”
“Dei pomodori che sembrano meloni”
“Guarda che cocomero, sarà venti chili,
lo voglio dare ai bambini dell’asilo8”.

E lavorano (tanto) da ammazzarsi9;
anziché andare in piazza
o rinchiudersi nel caffè
vanno nell’orto tutti giorni.

Se si mettessero a fare i conti
avrebbero già rinunciato;
se la comprano alla bottega
spendono di meno, ma se ne fregano

perché così sanno cosa mangiano10;
non fa niente se non ci guadagnano,
se anche ci rimettono, è lo stesso.

E, per di più, si divertono.


1 si tratta degli orti gestiti da pensionati, localizzati per lo più in aree messe a disposizione dal Comune in base agli strumenti di espansione urbanistica, in attesa di essere edificate
2 l’orto standard ha una forma quadrata con lato di 7 metri, corrispondente quindi ad una superficie di circa 50 metri quadri
3 la materia è disciplinata da un regolamento comunale, che detta norme in tema di buone pratiche agricole
4 il regolamento ribadisce le finalità sociali dell’iniziativa, per evitare che se ne faccia un uso speculativo
5 ad esempio, l’orto deve essere coltivato principalmente dal pensionato, che si può fare aiutare dai famigliari, ma non è un diritto acquisito trasferibile ereditariamente
6 purtroppo, coll’andar del tempo, succede che famigliari subentrino al titolare deceduto o ad altri che abbandonano il proprio lotto, diventando di fatto coltivatori di superfici ben superiori ai 50 metri regolamentari; si rende necessario di tanto in tanto puntualizzare la situazione, con apposite riunioni pubbliche
7 si citano, a titolo di esempio, frasi ricorrenti nella conversazione tra ortolani, su problemi di tecnica colturale e risultati ottenuti
8 pregevole connubio tra eccellente risultato agronomico e sua destinazione sociale, a norma di regolamento; peccato che a questa frase non abbia mai fatto riscontro la promessa destinazione, essendo la scuola materna chiusa in estate!
9 quando il lavoro non è un obbligo ma una libera scelta non si misurano le energie spese
10 in realtà, alla finalità di ottenere produzioni “sane” e non “inclinate” da un eccessivo impiego di prodotti chimici spesso fa da contrasto la gara che si innesca tra gli ortolani per dimostrare di avere ottenuto il prodotto più bello, più grande, più precoce etc; e allora si innesca il ricorso ai “bottiglini” o il “prestito” dagli amici agricoltori (par spèndar un po’ mâñc!) e la cosa sfugge ad ogni controllo