Bio e Natura 18/10/2013

Da una cava a un bosco. Le opportunità del recupero ambientale

La rinaturalizzazione di aree ormai esauste è una sfida che occorre saper cogliere anche per ottenere il rilascio di permessi che le istituzioni concedono con sempre maggiore difficoltà


In un contesto storico in cui la sensibilità ambientale, la valenza del paesaggio, le interazioni suolo – flora – fauna hanno sull’opinione pubblica un impatto sempre più grande, ogni intervento che determina una modifica dell’orografia, della vegetazione, del territorio inteso nella sua molteplicità di elementi costitutivi è visto con un’accezione negativa da contrastare in ogni sede.

Pertanto, tutti gli interventi finalizzati all’utilizzo di materiali inerti con un forte effetto visivo sul territorio circostante, sono soggetti ad un controllo legislativo molto accurato e puntuale sulle azioni previste per il ripristino ambientale delle condizioni naturali ante intervento.

In particolare, il ripristino ambientale delle cave, al termine dell’attività estrattiva, è ormai diventato uno dei principali ostacoli al rilascio delle nuove autorizzazioni per l’estrazione del materiale litoide in quanto soggetto a prescrizioni sempre più rigorose e costose.

Riuscire a coniugare i costi del ripristino con l’attività estrattiva consente una sensibile riduzione delle spese da sostenere per la rinaturalizzazione delle aree ormai esauste.

La società Sarda Perlite S.r.l., società del gruppo S&B S.A., nell’ambito dei lavori finalizzati alla prosecuzione ed ampliamento della coltivazione di una cava di perlite e riolite, sita in località Monte Sparau, nel comune di Morgongiori (OR), ha intrapreso una serie di interventi atti a mitigare gli effetti dell’attività industriale, da intraprendersi durante la fase di coltivazione e non al termine dell’attività estrattiva.

Interventi che hanno come obiettivo la realizzazione di un’area naturalisticamente integrata e connessa al paesaggio circostante, ricca di piante autoctone nei diversi strati vegetazionali, che offre all’entomofauna ed alla fauna della zona sia fonti di cibo (erbe, semi e frutti) sia rifugio (cespugli e piante arboree).

Integrare i processi industriali di estrazione con quelli di rinaturalizzazione, al fine di velocizzare il processo evolutivo della flora sull’area ex cava, è l’obiettivo che la Sarda Perlite S.r.l. si è posta con l’intento di ridurre i costi finali al momento della dismissione dell’impianto di estrazione.

Tale obiettivo, pertanto, verrà raggiunto non tramite il lentissimo processo naturale di evoluzione verso il climax delle aree ex cava - la dinamica vegetazionale da sola riuscirebbe a mitigare l’intervento estrattivo, ma con tempi molto lunghi - ma attraverso l’intervento antropico che accelera i tempi di naturalizzazione del sito dismesso.

A tal fine i piani di coltivazione della cava dovranno procedere sfasati temporalmente dagli interventi di naturalizzazione sui gradoni, procedendo dall’alto verso il basso, fino al raggiungimento della conformazione finale del gradone, ripristinandone le caratteristiche vegetazionali ante lavorazione.

Tale procedura operativa consentirà di avere dei piani di lavorazione esauriti, rappresentati da gradoni sui cui sono state ultimate le operazioni di rimozione del materiale e sui quali iniziare ad eseguire tempestivamente gli interventi di ripristino, ed altri in cui persistono le attività estrattive.

In tal modo gli effetti sul paesaggio sono molto rapidi ed al termine dell’attività estrattiva non dovrebbero essere più presenti aree prive di vegetazione molto evidenti, grazie alla presenza delle piante arboree ed arbustive.

Gli interventi di rinaturalizzazione hanno avuto inizio nel mese di aprile 2013 con le operazioni sul primo gradone di lavorazione in cui, pur non essendo ancora del tutto ultimata la fase estrattiva, si è già provveduto ad intraprendere le prime operazioni di mitigazione sulla scarpata con l’abbattimento dell’impatto cromatico della roccia sull’ambiente circostante.

Oltre ai lavori sui gradoni, un altro intervento di rinaturalizzazione - che si protrarrà anch’esso per i prossimi anni - si sta sviluppando nelle aree della cava ormai esauste utilizzando la vegetazione naturale presente nelle aree di prossima coltivazione.

Infatti, sull’area interessata dalla futura coltivazione è presente un ceduo di leccio, disetaneo, caratterizzato dalla presenza di ceppaie ricche di polloni e piante singole.

Descrizione dell’intervento di espianto e trapianto dei lecci

Nell’area di futura coltivazione è attualmente presente una lecceta cedua, disetanea, con un ricco sottobosco, che dovrà essere abbattuta quando inizieranno i lavori di estrazione della perlite e della riolite.

Si tratta di un’area caratterizzata da una pendenza che cresce con l’aumentare della quota, fitta di vegetazione arborea (Quercus ilex L.) ed arbustiva, fillirea (Phillyrea spp.), corbezzolo (Arbutus unedo L.), lentisco (Pistacia lentiscus L.), cisto (Cistus spp.), erica arborea (Erica arborea L.), mirto (Myrthus communis L.) e ginepro (Juniperus spp).

Il leccio è caratterizzato da ceppaie a base molto larga.

Queste ceppaie hanno gran parte della zona rizogena attorno alla base del fusto e dei polloni.

Partendo da questa osservazione, al fine di ottimizzare le tecniche di rinaturalizzazione con specie autoctone già inserite nell’ecosistema locale, è stato elaborato il seguente piano di interventi atto al ripristino dell’area secondo quanto predisposto nella autorizzazione regionale.

Sono state studiate delle tecniche di espianto e di trapianto che contestualmente determinassero sia un risparmio dei costi sia un aumento delle percentuali di attecchimento del leccio, specie arborea che non si presta facilmente ad essere trapiantata.

Le difficili condizioni orografiche hanno sconsigliato di procedere con il classico sistema della delimitazione circolare della pianta tramite un’area scavata e dell’utilizzo di un tessuto per contenere la crescita dell’apparato radicale in prossimità della ceppaia.

Sono state attentamente considerate le condizioni climatiche della zona (precipitazioni e temperature) per individuare i fattori di criticità climatici.

Per ottimizzare gli interventi di rinaturalizzazione con i tempi lavorativi dell’attività estrattiva è stata considerata anche la tempistica giornaliera dei processi di estrazione per limitare al minimo l’interferenza delle due operazioni.

Cronologia degli interventi:

1) individuazione dei soggetti da espiantare e trapiantare;

2) predisposizione del sesto d’impianto;

3) realizzazione delle buche;

4) espianto;

5) trapianto;

6) operazioni colturali per favorire l’attecchimento.

Individuazione dei soggetti da espiantare e trapiantare;

L’8 gennaio 2013 è stata fatta la valutazione dei soggetti ritenuti più idonei per l’espianto, localizzandoli e numerandoli al fine di favorire la successiva individuazione.

Essendo il primo anno che si sperimenta questa tecnica e considerando l’elevata difficoltà di attecchimento del leccio, sì è preferito ripartire la scelta tra individui caratterizzati da un unico fusto e ceppaie con più polloni.

Si evidenzia che non è stata rintracciata della bibliografia relativa all’espianto ed al trapianto di querce di leccio sia da fustaia sia da ceduo in ambiente collinare.

Predisposizione del sesto d’impianto

Il 31 gennaio 2013 è stato individuato il sesto d’impianto ritenuto più idoneo a garantire, vista l’eterogeneità del materiale trapiantato, un impatto visivo il più vicino possibile a quello naturale garantendo nel sesto un’alternanza tra fusti singoli e ceppai con polloni.

Peraltro, l’irregolarità del terreno, sia per forma sia per orografia, facilita la rinaturalizzazione.

Il sesto d’impianto, per il primo anno, è stato di 6 metri sulla fila e 6 metri tra le file.

Realizzazione delle buche

L’area prescelta è caratterizzata da un terreno vegetale di ottima qualità dal punto di vista agronomico, profondo oltre 1,5 metri, ben strutturato, con scarsa pietrosità e contraddistinto da una ottima capacità di drenaggio è quindi idoneo per ricevere i lecci da trapiantare.

Sempre il 31 gennaio 2013, dopo aver disposto il sesto d’impianto, sono state realizzate delle buche con una profondità variabile tra 1,30 ed 1,50 metri ed una larghezza che variava tra i 2,00 e 2,50 metri.

La scelta del periodo per la realizzazione delle buche è stata fatta considerando sia l’andamento delle precipitazioni dei mesi di novembre - dicembre 2012 e gennaio 2013, sia le serie storiche delle precipitazioni dei mesi invernali e primaverili.

Al momento dello scavo il terreno si presentava in condizioni ottimali per le lavorazioni.

Espianto

L’operazione di espianto del leccio adulto è una pratica inusuale sia per le alte probabilità di insuccesso sia per gli elevati costi.

Quanto effettuato dalla Sarda Perlite S.r.l. rappresenta un’eccezione nel panorama nazionale sia per le tecniche utilizzate sia per le condizioni orografiche in cui questa viene realizzata.

Per effettuare l’espianto si è atteso che le condizioni di umidità del terreno fossero idonee a ridurre al minimo la rottura del capillizio assorbente della pianta durante le operazioni di espianto.

Questa condizione si è verificata nella prima metà del mese di aprile 2013 quando le particelle terrose aderenti alle radici consentivano l’estirpazione limitando al minimo i danni da rottura.

Pertanto, il 17 aprile 2013 sono state effettuate le operazioni di espianto dei lecci e delle ceppaie utilizzando un mezzo meccanico di grande potenza (Caterpillar 330) dotato di una grande benna in grado di estirpare la ceppaia con gran parte dell’apparato radicale posto in prossimità della stessa.

Non sono state eseguite potature delle parti aeree prima dell’espianto.

Trapianto

L’insieme ceppaia - terreno è stato poi trasportato, dallo stesso mezzo utilizzato per l’espianto, nel terreno prescelto e qui deposto nelle buche precedentemente aperte.

Effettuato il trapianto, sono state eseguite le operazioni di potatura.

Operazioni colturali per favorire l’attecchimento

Ultimata la potatura, al fine di ridurre la massa traspirante, sono state eseguite delle irrigazioni per consentire il graduale accrescimento di nuovo capillizio assorbente.

 

Tutte le operazioni sopra descritte verranno ripetute nei prossimo anni e consentiranno, se le tecniche sperimentate avranno successo, di creare una nuova superficie boschiva all’interno della cava.

L’azione di mitigazione così realizzata consentirà di evitare dei lunghi e costosi interventi di rinaturalizzazione al termine dell’attività estrattiva, essendo stati questi già realizzati precedentemente.

Non solo, ma il continuo progredire dei lavori e degli interventi di rinaturalizzazione consentirà di creare aree che potremmo definire di “pronta consegna” sia per gli aspetti boschivi (piante adulte con presente di sottobosco) sia faunistici, trovando tutti gli animali un ecosistema già in equilibrio con l’ambiente ed il paesaggio circostante.

di Roberto Accossu