Bio e Natura 07/09/2013

Le infestanti transgeniche possono diminuire il potenziale produttivo agrario

Le infestanti transgeniche possono diminuire il potenziale produttivo agrario

Dubbi sulla sostenibilità degli ogm. I transgeni possano trasferirsi anche alle erbacce migliorandone le capacità competitive rispetto alle colture


La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica New Phytologist in agosto e ha sicuramente avuto meno eco di quanto sarebbe stato lecito attendersi, anche visto l'attivismo del fronte anti ogm, in Italia e in Europa.

Una gruppo di studio cino-americano, guidato da Weng Wai della Fudan University di Shangai e che ha visto la collaborazione anche della Ohio State University, ha individuato il meccanismo attraverso il quale uno dei geni ogm più comunemente utilizzati per conferire resistenza all'erbicida glifosate si può trasferire alle erbacce infestanti.

Il gene esaminato è l'Epsps che conferisce la resistenza al glifosate e che è il perno di tutte le colture Roundap Ready della Monsanto.

La ricerca cino-americana ha evidenziato che le erbe infestanti di seconda e terza generazione, cresciute in campi coltivati a riso ogm, contenevano il gene Epsps. Non solo il gene sarebbe stato trasferito dalla coltura alle infestanti ma nelle infestanti sarebbe stato sovraespresso.

Tale gene sarebbe coinvolto non solo nella resistenza all'erbicida ma anche nel flusso di carbonio e in molte vie di biosintesi, tal che si avrebbero benefici anche su crescita e sviluppo delle piante. Nelle infestanti transgeniche è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni dell'aminoacido Trp, che è un precursore dell'ormone della crescita Iaa e di molti altri composti. Come conseguenza, in campo sono stati riscontrati, nel corso di due stagioni di crescita, un aumento del numero di fiori e di semi, fino al 57%, delle piante con il gene Epsps sovraespresso. I semi, inoltre, presentavano una capacità di germogliamento fino al 120% superiore rispetto agli omologhi senza il gene Epsps.

Esaminando la bibliografia scientifica degli ultimi anni i ricercatori hanno osservato risultati agronomici molto simili che, tuttavia, in molti casi non sono stati interpretati ma che potrebbero trovare una spiegazione grazie al meccanismo di trasferimento genetico individuato dalla ricerca cino-americana.

Stando alle conclusioni cino-americane la resistenza transgenica al glifosate potrebbe essersi già diffusa nelle popolazioni selvatiche di Agrostis, Brassica rapa, Brassica napus, Amaranthus palmeri, Lolium e anche sull'erba medica. L'amaranto e il loglio sono infestanti comuni di molti cereali e i ricercatori temono che la sovraesposizione genica, o anche l'amplificazione, del gene Epsps possa consentire, a queste infestanti modificate, di avere tassi di crescita demografica accelerata e un vantaggio competitivo. Alcuni studi riportano infatti casi di fioriture anticipate e di altri meccanismi genetici utili per migliorare la diffusione delle erbacce.

La massima espressione genica, secondo lo studio, si verificherebbe quando le infestanti non vengono trattate con erbicida.

I ricercatori cinesi hanno già annunciato che continueranno lo studio dell'effetto del trasferimento del transgene sulle infestanti nella prossima annata agraria per comprendere meglio l'impatto ecologico ed economico di una sovraespressione del transgene Epsps sulle infestanti che“colpire i raccolti” migliorando il “fitness” delle erbacce.

di R. T.

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Commenti 25

Giuaeppe Bertoni
Giuaeppe Bertoni
22 settembre 2013 ore 15:52

In termini generali, non sono molto lontano dai desideri del Dr Rossi quando si preoccupa di alcune conseguenze negative delle azioni di tipo agricolo.Vorrei tuttavia invitarlo ad una vera visione di sistema, partendo quindi dalle esigenze "reali" degli oltre 7 miliardi di persone:se non vogliamo fare tutti l'agricoltore e se non vogliamo essere costretti ad utilizzare l'intera superfice emersa, appare ovvia la necessità di avere rese sempre più elevate (ancorchè tali all'infinito, cioè sostenibili). Da un paio d'anni seguo un progetto in India (Meghalaya) e Congo (Kasai orientale)dove gran parte della popolazione è dedita all'agricoltura, ma a malapena riescono a produrre il necessario per sopravvivere in famiglia (e gli altri abitanti? e se aumentano i "non rurali?). La sostenibilità è qui assicurata, visto che non usano concimi antiparassitari, ma i "meraviglisi" semi tradizionali? Assolutamente no perchè devono lasciare a riposo i terreni sfruttati 1-3 anni, ma con intervalli sempre più brevi perchè i terreni disponibili vicino ai villaggi sono sempre meno; in Africa poi stanno "disboscando" tutto il territorio circostante per "fare fuoco". Nei paesi sviluppati non si può parlare di rose e fiori, ma almeno l'attenzione alla sostenibilità è sempre maggiore (ed entro questa vi è anche il prezzo accettabile per tutti, non solo per i ricchi); ciò implica una intensificazione senza eccessi (uso contenuto di acqua, di diserbanti, di concimi e di antiparassitari) per la quale sono essenziali piante geneticamente migliorate (non dovrebbe avere importanza se a tale miglioramento abbia contribuito o meno la transgenesi). Da notare che solo in questo modo è invece possibile massimizzare l'efficienza, cioè massima quantità di prodotto per unità di fattori investiti (acqua, concimi ecc., fra cui anche la superficie sottratta alla natura). Non vi è dubbio che in questi paesi spesso non si considera l'energia "esterna" utilizzata, ma se così non fosse dovremmo chiederci perchè petrolio, gas ecc.si possono usare per scaldarsi, girare in macchina ecc., ma non per produrre cibo.
Se dunque si considera il sistema agricolo complessivo, pur fra pro e contro, un razionale impiego del progresso scientifico e tecnico garantisce assai meglio tutti gli obiettivi dell'agricoltura (certo sarebbe bene accrescere tale intensificazione dove ancora non esiste).

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
16 settembre 2013 ore 01:10

Si. Gli agricoltori professionali hanno sempre fatto e sempre faranno un'agricoltura durevole ( senza sfruttare le risorse naturali senza ritorno), sostenibile ( rispettando l'ambiente della produzione) e produttiva (per il semplice motivo che nel 2030 saremo più di otto miliardi sulla terra). Io però a perorare questo modo di fare agricoltura molto probabilmente non ci sarò più, spero che le mie idee siano condivise da altri più giovani di me.

mario rossi
mario rossi
15 settembre 2013 ore 17:52

Ho apprezzato l'intervento del prof. Bertoni e del dott. Guidorzi, ma nessuno ha risposto alle mie domande, per cui le ripropongo.......

io credo nello sviluppo sostenibile/produttivo e, pertanto, se noi passiamo da una produzione di 50 ad una di 100, sfruttando le risorse naturali (che sono finite, tranne la fotosintesi ovviamente) al sol fine di abbassare il prezzo degli alimenti, per poi destinare i risparmi ad altri consumi (spesso "non sostenibili"), io non sono contento.

Personalmente sono dell'idea che, almeno nei Paesi sviluppati, il cibo costi troppo poco e che i risparmi ottenuti nella produzione/consumo del cibo siano poi da noi stessi pagati in altri modi (spese per risanamento ambientale, immigrazione di manodopera a basso costo, spese sanitarie, esodo rurale, ecc.).

Purtroppo, a mio parere, anche in agricoltura vale la regola che "nulla si crea, nulla si distrugge".....se aumenta la produzione per ettaro, cala qualcosa da qualche altra parte (maggior sfruttamento dei terreni, aumento del consumo di acqua, aumento dell'inquinamento chimico, ecc.). E' sostenibile?

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
12 settembre 2013 ore 19:27

Angelo

Ha favorito di più la Francia il riscaldamento climatico perchè l'aumento di temperatura si è inserita in una pluviometria meglio distribuita. E' appunto per questo che noi italiani dovremmo dar fondo alle nostre risorse per creare una genetica nazionale (Angelo credimi attualmente siamo a zero)perchè se continua così il nostro materiale genetico che ci rigiriamo per le mani perde ulteriormente di validità.

Con una aggravante in fin dei conti i francesi possono accedere al nostro materiale, mentre noi non possiamo andare dagli egiziani, perchè loro sono messi peggio di noi.

Ti do un esempio prima producevano una bietola a 16% di zucchero ora la producono a quasi 19% (di cui almeno un grado è da ascriversi al risaldamento climatico, ma per contro la loro produzione di radici è arrivata a 900 q/ha da 600 che era a parità di polarizzazione 16°. Potremmo dire che loro fanno tesoro del proverbio "aiutati che il ciel t'aiuta", non pretendiamo che sia il cielo, i prezzi, le agevolazioni e quant'altro che ci aiuta prima che facciamo noi. La nostra agricoltura si è seduta e se non avviene una ristrutturazione fondiaria non ripartirà. Inutile parlare di prodotti tipici fatta con materie prime importate come pure gli animali trasformatori (il Prof. Bertoni vi può dire lo stato del miglioramento genetico animale)

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
12 settembre 2013 ore 19:12

Si Giuseppe sono proprio io (uno dei quattro del 1964).

Noi agronomi, assieme agli agricoltori, sembriamo, per molta gente degli avvelenatori e dei distruttori di ambiente. Invece è tutto il contrario, chi ha un po' di cervello in testa sa che per noi il preservare l'ambiente da cui ricaviamo il prodotto che poi vendiamo o facciamo vendere è sempre stato prioritario. Certo sono state create nel tempo delle derive verso le quali la nostra etica professionale si ha spinti a gridare ALT! Abbiamo anche detto che l'agricoltura compatibile si fa prima di tutto con il miglioramento genetico, invece ora si dice che le varietà antiche sono il non plus ultra, senza riflettere che i geni buoni di queste sono stati tutti riportati nelle nuove varietà aggiungendone altri.

Per noi agronomi la scienza ci ha detto che la transgenesi è un utile strumento (mai una soluzione) che concorre a migliorare le nostre piante, Quindi noi abbiamo ascoltato prima la scienza e poi abbiamo tratto le nostre conclusioni. I movimenti no-ogm invece aborriscono la scienza, loro si preoccupano solo di inculcare dubbi, ben sapendo che l'opinione pubblica è molto più propensa ad ascoltare loro che non uno scienziato che, solo sulla base dell'analisi dei risultati trae le sue convinzioni. Loro vogliono il rischio zero, seppure prendano l'automobile tutte le mattine con un rischio ben superiore a quello degli OGM e non certo zero, mentre la scienza è conscia che il rischio zero non esiste, ma ne valuta comunque le probabilità, che non devono andare oltre un certo grado.

La differenza tra me ed il Sig. Rossi (così rispondo anche al suo ultimo intervento) è che io al vocabolo agricoltura aggiungo due aggettivi e lui uno solo, ma che anche mio. Lui dice: "Agricoltura sostenibile e si ferma qui; io invece dico: "agricoltura sostenibile e produttiva" e non posso accettare che non vengano usati in coppia.

Assicuro tra l'altro il Sig. Rossi che da tecnico gli posso dire produrre in modo sostenibile e produttivo è possibile, anzi è la sola possibilità che abbiamo per arrivare a sfamare 9 miliardi di persone fra 30 anni e nello stesso tempo a farlo nelle tappe intermedie della crescita demografica.

Giuaeppe Bertoni
Giuaeppe Bertoni
12 settembre 2013 ore 13:11

Chiedo scusa se mi intrometto e dalla parte di Guidorzi (non so se sia lo stesso che come me si è laureato a Piacenza un bel pò di anni fa), ma debbo far presente che l'articolo originale dice cose in certa misura diverse rispetto a quelle dibattute (anche se il tema è quello del trasferimento dei nuovi geni nelle infestanti, teoricamente possibile almeno per il riso ed anche per altre specie che abbiano "selvatici" prossimi, almeno nelle aree di origine). Infatti l'OGM di cui si parla è anzitutto nuovo e non commercializzato: basato sulla sovraespressione del gene EPSPS che - come dice bene Guidorzi - è già presente in tutte le piante, ma sovraespresso potrebbe avere due vantaggi:
- resistere alle comuni dosi di glifosate;
- aumentare le performance produttive.
In secondo luogo, non è vero che le infestanti OGM per EPSPS si sono formate spontaneamente crescendo fra il riso OGM, ma sono state create ibridando volutamente il riso OGM con talune infestanti e procedendo in 2a e 3a generazione alla separazione delle piante che conservavano il gene sovraespresso. In terzo luogo non hanno usato glifosate, ma paraquat pre impianto per eliminare le comuni infestanti, dunque non si sa se siano resistenti al glifosate, ma semplicemente che sono più performanti come era logico attendersi (se poi fossero resistenti al glifosate anche loro ed ammesso che in campo se ne formassero in modo significativo, basterebbe usare le ben note norme, ad esempio cambiare diserbante, ma non solo).
Dunque la mia obiezione riguarda il modo di presentare i risultati di una ricerca in modo troppo approssimativo e riferendoli a qualcosa di diverso: questo OGM "non esiste" e ciò che vale per lui non ha nulla in comune con gli OGM in commercio (il giudizio morale è dell'autore che parla di dubbi sulla sostenibilità degli OGM, ma ciò vale semmai per quell'OGM che nessuno ha mai diffuso). La seconda obiezione è su chi vorrebbe solo gli OGM che non ci sono (o non ci sono ancora, perchè a Shillong - Meghalaya - mi hanno parlato 2 mesi fa di ricerche in corso per piante resistenti proprio ai terreni acidi, anche OGM); possibile non ci si renda conto che le cose nuove sono spesso relativamente semplici per essere perfezionate nel tempo? Circa poi le funzioni sociali dell'agricoltura, che sono indubbie, mi piacerebbe portare il Dr. Rossi in India e Congo dove vado e constato che non riescono a produrre per sfamare correttamente (anche qualità nutrizionale) la famiglia con ciò che producono
Giuseppe Bertoni

mario rossi
mario rossi
12 settembre 2013 ore 08:03

Vede Guidorzi,

io credo nello sviluppo sostenibile e, pertanto, se noi passiamo da una produzione di 50 ad una di 100, sfruttando le risorse naturali (che sono finite, tranne la fotosintesi ovviamente) al sol fine di abbassare il prezzo degli alimenti per poi destinare i risparmi ad altri consumi (spesso "non sostenibili"), io non sono contento.

Personalmente sono dell'idea che il cibo costi troppo poco e che i risparmi ottenuti nella produzione/consumo del cibo siano poi da noi stessi pagati in altri modi (spese per risanamento ambientale, immigrazione di manodopera a basso costo, spese sanitarie, esodo rurale, ecc.).

Purtroppo anche in agricoltura vale la regola che "nulla si crea, nulla si distrugge".....se aumenta la produzione per ettaro, cala qualcosa da qualche altra parte.

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
12 settembre 2013 ore 02:46

Vede io dal 1964 al 1968 lavoravo in Francia presso un'azienda sementiera e avrei dovuto restare colà a fare il miglioratore genetico, ma poi le evenienze mi hanno portato a rappresentare l'azienda stessa in Italia. Quindi sono 50 anni che scorazzo Francia e Italia, quindi te la posso dire tutta la verità. E' vero, sia nella bietola che nel frumento, i Francesi possono godere di ciclo più lungo del nostro. Anzi il tempo che trascorre nel ciclo di vegetazione dei nostri ambienti non è sempre tutto utile, invece loro hanno anche questo ulteriore vantaggio che il tempo del ciclo è pressochè tutto utile.

Chiarito ciò faccio un passo ulteriore raccontandoti l'esempio della bietola da zucchero: Nel 1980 loro producevano 75 q/ha di zucchero grezzo ora la loro media nazionale è di 130 q/ha. Noi ne producevamo 50 q/ha e quando sono stati chiusi la gran parte degli zuccherifici in Italia, cioè nel 2006, ne producevamo 60. Comprenderai che tolti i 25 q di differenza tra Italia e Francia dovuti al ciclo vegetativo, loro hanno incrementato la produttività in 25 anni di 55 q/ha mentre noi solo di 10. Il gap accumulato è stata la causa della chiusura dei 2/3 degli zuccherifici italiani.

Lo stesso discorso vale per il frumento.

Ecco io chiamo questo: "funzione sociale dell'agricoltura" cioè produrre materia prima trasformabile in cibo in maggiore quantità. Una tua eventuale contestazione circa l'intensificazione spinta fatta in Francia non vale perchè hanno ottenuto questi risultati con una netta diminuzione di intrans (cioè concimi e trattamenti).

Chi ha provocato il salto produttivo? una migliore tecnica produttiva quale uso di prodotti più validi e concimazione più mirata, ma il 50% della maggior produzione è ascrivibile alla sola genetica che loro hanno applicato e noi no.

Cioè quella genetica che mi sembra tu aborrisca perchè potrebbe usufruire anche della transgenesi. Solo che il miglioramento genetico è possibile solo se vi è variabilità nella specie. Solo così potrò scegliere genotipi nuovi e più performanti produttivamente. La variabilità è di due tipi naturale (ormai quasi esaurita per i tempi a nostra disposizione nella creazione varietale) e quella provocata (irraggiamento e transgenesi). La seconda è stata demonizzata, mentre l'irraggiamento comincia ad esserlo ora, da parte di movimenti eco-ideologici, dopo 50 anni che ci nutriamo delle piante ottenute in questo modo.

Vogliamo ora paragonare la bietola francese con la bietola americana e la canna da zucchero? Ebbene la bietola americana è per il 95% ogm (nel 2008 era zero 0gm), mentre la canna ormai è in procinto di esserlo (anzi in parte lo è già ma non lo dicono). Crede lei che di fronte a questi squilibri economici (perchè i costi di coltivazione sono semplificati e minori)in poco tempo essi non ricadano sulla bietola francese che è obbligata a produrre con una genetica meno performante?

L'attività sociale dell'agricoltura è da tempo finita, esisteva quando le filiere erano corte e l'agricoltura produceva cibo, ora invece produce derrate, cioè materia prima per l'industria agroalimentare la quale impone le sue regole di qualità. Inoltre si è inframmezzata un'industria della distribuzione con forte potere contrattuale. Se mancano si va a rifornire altrove. La globalizzazione è un fenomeno inarrestabile perchè l'autarchia è impraticabile, auguriamoci che sia regolamentata, ma non per creare protezioni, ma per eliminare le distorsioni

angelo minguzzi
angelo minguzzi
11 settembre 2013 ore 22:08

stavolta un punto a favore di Rossi, in quanto parla, e a proposito, del clima.
E sempre a proposito di proposito, il clima è cambiato di più in Italia o in Francia?!

mario rossi
mario rossi
11 settembre 2013 ore 14:54

Guidorzi, non mi occupo di agricoltura, ma non sono uno sprovveduto. Dica anche, per completezza di verità, che in Francia, grazie al clima, il frumento ha un ciclo vegetativo più lungo che in Italia, per cui è ovvio che produca di più.

Rimane il fatto che non ha risposto alle mie osservazioni/domande precedenti, ovvero sul ruolo sociale dell'agricoltura.

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
11 settembre 2013 ore 12:25

Sig. Rossi mi pare un commento abbastanza distaccato dalle vere problematiche che affliggono l'agricoltura e di ciò me ne sono occupato per 50 anni ed ancora me ne occupo.

Un semplice dato: quest'anno la Francia ha prodotto 74 q/ha di frumento (media nazionale) L'Italia non credo sia giunta a 40 q/ha. Ecco da dove derivano le differenze di prezzo, loro possono vende a metà prezzo di noi. Vuole che mettiamo dazi e accise alle frontiere italiane?(ammesso che si potesse)

mario rossi
mario rossi
11 settembre 2013 ore 07:48

A mio parere, in primo luogo l'agricoltura è una attività sociale che dovrebbe servire ad alimentare bene, e senza pericoli per la salute e per l'ambiente, le persone. Poi viene l'aspetto economico, poichè se mettiamo in primo piano il denaro tutto diventa lecito. E' ovvio che l'agricoltore debba ricevere una giusta remunerazione per la sua attività, cosa che oggigiorno non avviene a causa dei prezzi "troppo bassi" della globalizzazione dei mercati.

Per il resto la spinta tecnologica in agricoltura non sempre ci ha dato dei buoni risultati (pesticidi cancerogeni, farine animali, ormoni, ecc.). Chi ne ha pagato le conseguenze?

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
10 settembre 2013 ore 19:19

Mario Rossi l'agricoltura ha semplicemente uno strumento in più, e le pare poco?

Se lo usa bene per almeno 10 anni risolve, se inserito in tutte le altre tecniche agronomiche, dei gravi problemi di coltivazione senza avere inconvenienti. Poi se ne riparla

Si vede che lei non ha mai fatto l'agricoltore e non ha mai vista decurtazioni importanti di produzione per inerbimenti eccessivi, con quello che ne conseguirà poi in patto di dispersione di semi duri nel terreno.

L'agricoltura è un'attività economica e non un hobby.

mario rossi
mario rossi
10 settembre 2013 ore 17:10

Guidorzi, rimane il fatto, incontestabile, che abbiamo introdotto delle piante alimentari geneticamente modificate con la speranza di risolvere agevolmente il problema delle erbe infestanti. Purtroppo è andata male e gli OGM non servono allo scopo! Punto. A questo punto lei ci deve spiegare che cosa c'è di diverso da quando si facevano le rotazioni e tutti gli anni si cambiavano i diserbati e difficilmente si creavano resistenze.

Dopo, eventualmente, lo dirò io che cosa c'è di diverso.

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
10 settembre 2013 ore 16:44

Se ritenete meno offensivo quanto andrò dicendo allora ritiro la mia accusa di disonestà intellettuale.

Voi non avete dato notizie neutre sulle risultanze di un articolo scientifico, ne avete semplicemente tratto conseguenze congrue al messaggio, che io trovo distorsivo della realtà, che avete voluto dare ai vostri lettori. Vi cito alcune vostre frasi che suffragano il mio pensare: “Le infestanti transgeniche possono diminuire il potenziale produttivo agrario”; “ dubbi sulla sostenibilità degli OGM” ; I transgeni possano trasferirsi anche alle erbacce migliorandone le capacità competitive rispetto alle colture”. La distorsione è evidente anche dal suo incipit nell'intervento fatto sotto. Infatti, lei inizia con questa frase: "il tema dell'articolo è molto chiaro: la divulgazione di una ricerca scientifica cino-americana sulla resistenza indotta dagli ogm anche alle infestanti" Affermazione questa totalmente destituita di validità?

Il tutto l’avete fatto distorcendo la realtà scientifica, vene ne spiego il perché.
L’EPSPS è un gene che codifica un enzima responsabile della sintesi di certi amminoacidi aromatici indispensabili per la vita della pianta. Esso è presente in tutti i batteri ed in tutte le piante, non negli animali. Il principio attivo del Roundup, il glyfosate appunto, si fissa sull’enzima e non lo fa più funzionare e pertanto la pianta muore. Ecco perché il Roudup, ancor prima dell’avvento degli OGM era un diserbo totale, cioè non vi erano piante che potessero resistergli e quindi già allora esercitava pressione selettiva.
Il pericolo che il roundup creasse piante infestanti resistenti era quindi preesistente agli OGM pertanto non sono gli OGM ad essere colpevolizzabili ma un mezzo (il diserbo se usato senza criterio) che genera resistenze E questo non è un fenomeno nuovo, ma vecchio come la vita sulla terra.
L’enzima EPSPS è codificato in tutte le piante e non vi è nessuna possibilità di trasmetterlo perché esiste già. Per rendere resistenti le piante coltivate è stato sostituito nel mais , nella soia, nella bietola ecc. ecc. l’EPSPS normale con il CP4 EPSPS che è insensibile al glifosate ma con un legame molto debole; ciò permette alle piante producesti questo enzima di vivere ma di impedire il legame al glifosate. Ora questo gene che proviene dall’agrobatterio tumefaciens, che si badi bene è presente nel terreno naturalmente e quindi il batterio in quanto vettore di DNA può trasmettere il particolare tipo di enzima ad altre piante infestanti e non, ma ciò indipendentemente dalle piante geneticamente modificate che si coltivano, ma solo sfruttando la transgenesi naturale che anch’essa esiste da quando è cominciata la vita sulla terra.

Ora vi è chiaro che gli OGM RR sono incolpevoli, ma la colpevolezza sta solo negli agricoltori che usano il principio attivo di selezione scriteriatamente e non con precauzione? Pertanto dire che esistono “infestanti transgeniche” è falso, al massimo si selezionano, ma comunque naturalmente, perché un mais o una soia non ha nessuna possibilità di trasmettere il transgenene ad altre piante interfeconde, in quanto non ne esistono. Diverso è il ragionamento per il riso e per il colza, ma anche qui la colpa sta nell’operatore che se, infatti, un anno diserbasse con Roundup e l’anno successivo con diserbanti ormonici, le piante selezionate l’anno prima verrebbero eliminate l’anno dopo ed il gene di resistenza non aumenterebbe di frequenza nell’ambiente

I dubbi di sostenibilità non sono per gli OGM, ma unicamente per i principi attivi diserbanti che creano pressione selettiva indipendentemente dagli OGM.

Voi poi citate questa risultanza dello studio come aggravante: “Tale gene sarebbe coinvolto non solo nella resistenza all'erbicida ma anche nel flusso di carbonio e in molte vie di biosintesi, tal che si avrebbero benefici anche su crescita e sviluppo delle piante. Nelle infestanti transgeniche è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni dell'aminoacido Trp, che è un precursore dell'ormone della crescita Iaa e di molti altri composti”. Ma vi rendete conto di come avete distorto il discorso? Se il gene dimostra di comportarsi come un ormone per la crescita facendo aumentare i semi delle piante infestanti lo dovrebbe fare anche sul mais e sulla soia facendo aumentare la raccolta e la produttività della pianta transgenica. Non vi pare?

Non vi pare che il vantaggio competitivo delle piante infestanti che voi citate lo potrei eliminare con un diserbo diverso? Anzi con questa pratica conservo solo il vantaggio apportato sulla pianta coltivata di cui ho parlato sopra.

Non solo ma esiste anche il gene “gox” che si trapianta e questo facilità la degradazione del glifosate nel terreno impedendo effetti residuali.

Voi avete letto il lavoro scientifico con un “paio di occhiali sbagliati”, vale a dire traendo conclusioni univoche quando invece queste sono biunivoche. Ma ciò non l’avete fatto per sola ignoranza, ma per ideologia il che comporta un’etica un po’ tirata da una parte sola.

Dr. Grimelli lei mi dice anche che: "Scopo dell'articolo, quindi, non era fare divulgazione sulle migliori tecniche agronomiche per prevenire la resistenza delle infestanti, ma ben più specifico." Mi vuole spiegare la spoecificità? Io per ora ne capisco solo una screditare gli OGM tramite uno studio che non li squalifica, ma dice solo: "attenzione alle resistenze che si possono creare indipendentemente dagli OGM". Ma questo da agronomo l'avevo già scritto io 10 anni fa e senza aspettare studi di conferma.

mario rossi
mario rossi
10 settembre 2013 ore 14:32

Grazie Grimelli,

del resto Guidorzi non può lamentarsi di Teatro Naturale, da sempre favorevole agli OGM in agricoltura..........ed io me ne meraviglio........forse dovrebbe chiamarsi "Teatro Innaturale", ma va bene lo stesso.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
10 settembre 2013 ore 08:52

Dott. Guidorzi,
il tema dell'articolo è molto chiaro: la divulgazione di una ricerca scientifica cino-americana sulla resistenza indotta dagli ogm anche alle infestanti. La notizia è esclusivamente incentrata sulla ricerca pubblicata da New Phytologist il 1 agosto scorso.
Comprendo bene che l'argomento si presti a una ben più ampia trattazione e a mille sfaccettature, affrontate anche durante questa discussione.
Per questa ragione, come responsabile dell'area tecnica, ho aperto l'articolo ai commenti. Così da dare a tutti i nostri lettori l'opportunità di fornire il proprio contributo, ampliando il dibattito su un tema d'attualità..
Scopo dell'articolo, quindi, non era fare divulgazione sulle migliori tecniche agronomiche per prevenire la resistenza delle infestanti, ma ben più specifico.
Se, per la divulgazione di ogni ricerca scientifica, dovessimo infatti fare una trattazione esaustiva dell'argomento Teatro Naturale si troverebbe, in ogni occasione, a scrivere trattati di agronomia. Un compito evidentemente precluso a un magazine.
Ecco perchè non posso accettare le sue accuse alla redazione di scarsa onestà intellettuale, accuse che trovo, oltre che immotivate, anche offensive.
Il suo contributo alla vita di Teatro Naturale è e sarà sempre il benvenuto ma la prego, per il futuro, di astenersi da giudizi morali per concentrarsi su fatti e contenuti.
Grazie e buon dibattito
Alberto Grimelli

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
10 settembre 2013 ore 01:22

Sig. Rossi

Neppure la zappa ha mai risolto il problema delle infestanti: da che mondo è mondo lei deve zappare una coltivazione più volte in un anno e per tutti gli anni che semina quella coltura. Eppure gli agricoltori non hanno buttato la zappa e neppure lei si è scagliato contro la zappa come ha fatto con il mais o il colza RR, visto che anche questa ha i suoi limiti.

Negli OGM resistenti agli erbicidi è la stessa cosa, con una variante non da poco, nell'anno di coltivazione con uno o due passate di diserbo risolvete il problema. Siccome poi poi abbiamo a disposizione tre tipi di OGM della stessa pianta resistenti ad erbicidi diversi ( Roundup Ready, glufosinato ready e piante mutate), come agricoltore che dovrebbe conoscere il suo mestiere sarei un FESSO PATENTATO se usassi solo e sempre un solo tipo di OGM, li debbo alternare nei vari anni e non dimenticarmi pure della zappatura meccanica. Questo è l'unico modo per conservare la validità di un mezzo di difesa reso disponibile in campagna e procrastinare l'insorgenza di erbe infestanti resistenti.

Se poi lei pretendesse che gli OGM RR rimanessero validi sempre e non creassero anch'essi come anche la zappa delle resistenze, pretenderebbe di andare contro natura in modo peggiore di quanto lei pretende di incolpare gli OGM. In natura ogni individuo ha in se i meccanismi ( e se mancano li sviluppa) per poter sopravvivere. Quindi il meravigliarsi da parte di R.T. che scrive su Teatro Naturale di OGM e presentare l'articolo come fosse una riprova della pericolosità degli OGM è fuorviante (spero inconsciamente). Se il glifosate inibisce l'enzima EPSPS, che sottostà alla formazione di amminoacidi vitali per la pianta, facendola morire, era normale preventivare che la pianta si difendesse producendo l'enzima in maggior quantità? Maggiore è la quantità di enzima prodotto, maggiore è la probabilità che l'inibizione da parte del principio attivo del diserbante sia incompleta e che quindi la pianta sfugga alla morte. Era un fenomeno naturale e preventivabile, solo che è disonesto intellettualmente divulgare la notizia falsa che la pianta sfuggita diventi una super infestante, al limite lo diventerà solo per quel principio attivo, ma se io semino un mais OGM resistente al glufosinate (che ha un meccanismo diverso d'azione) e lo diserbo con questo principio attivo faccio morire quella pianta perchè non ha ancora maturato una resistenza, Se poi torno per un anno a seminare un mais convenzionale e lo diserbo con i principi attivi pure convenzionali impedisco che si creino ulteriori resistenze.

R.T. Avrebbe fatto opera più onesta intellettualmente se avesse detto, attenzione che se diserbate sempre con glifosate create piante resistenti ( e un esperimento scientifico spiega anche il perchè) e vi precludete una tecnica. Se invece fate le rotazioni delle coltivazioni, scegliete piante OGM diverse di anno in anno e ruotate i principi attivi a disposizione allora potete sperare di spuntare in poco tempo un mezzo di difesa che è molto valido. Questa si chiama divulgazione scientifica, non certo il modo come avete presentato la cosa.

Sig. Rossi mi meraviglio che non sappia che sono in corso studi per creare le piante che dice lei, ma dovrebbe anche sapere che i geni implicati non sono uno come nel caso del Bt o dell'RR, ma sono molti e quindi è molto più complesso. Inoltre sono ricerche molto costose appunto per la complessità e la Monsanto o chi per essa, non ha come scopo di diventare benefattrice dell'umanità tout court, dietro vi sono degli azionisti che vogliono dividenti e forse c'è anche lei seppure inconsciamente perchè se investe soldi sicuramente non saprà come saranno usati. Solo la ricerca pubblica e con tanti sforzi comuni i problemi che dice lei si risolveranno, ma non ci arriveremo mai se la transgensi non può uscire dai laboratori o se addirittura nessuno finazia la ricerca in questo campo.

Sig. Rossi lei ha scritto questo: "le piante coltivate RR (colza per esempio) si diffondono autonomamente nell'ambiente e diventano esse stesse infestanti". Ebbene mi sa che il suo cvitare sia solo il frutto di un sentito dire, ma non sia il frutto di una ricerca di documentazione. Io invece ho voluto andarci a fondo e sapere bene come stanno le cose e le ho anche pubblicate. Se va va su questo link le può anche leggere.

http://lavalledelsiele.com/2011/05/31/ogm-e-contaminazione-1-il-colza/

angelo minguzzi
angelo minguzzi
09 settembre 2013 ore 21:04

Sig. Rossi,
se avessi più confidenza con Lei, direi "..ma allora te le vai a cercare!?".
1) quel pertanto così immediato e perentorio immagino che Le sia scappato nella fretta di rispondere
2) Benèsum!! Non credo che Guidorzi tarderà a dare le risposte alle Sue GIUSTE - sono d'accordo anch'io - domande. Ma dopo che gliele avrà date e Le avrà fornito dati proprio su quelle ricerche che Lei auspica, mi garantisce che le accetterà e le condividerà? Di più: che se ne farà portavoce e le sosterrà presso l'entourage di benpensanti prevenuti dal quale temo che Ella sia influenzato.

PS mi perdoni la leggera ironia, ma quanno ce vo' ce vo'!!

mario rossi
mario rossi
09 settembre 2013 ore 19:11

rimane il fatto che le piante OGM RR, al contrario di quanto ci era stato detto, non risolvono il problema delle erbe infestanti, pertanto non servono a niente....o quasi.

Perchè non fanno delle piante OGM resistenti alla siccità? o resistenti ai terreni acidi? o resistenti ai terreni basici? o resistenti ai terreni calcarei? e potrei continuare ancora..........allora sì che la società ne trarrebbe un beneficio e non solo le industrie chimiche.

Redazione Teatro Naturale
Redazione Teatro Naturale
09 settembre 2013 ore 11:53

A beneficio di tutti i lettori si riporta il link diretto all'articolo scientifico originale, in inglese: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/nph.12428/abstract

Come dovrebbe essere ogni ricerca scientifica, essa non è nè pro nè contro gli ogm, limitandosi ad evidenziare alcuni dati e sottolineare la necessità di approfondimenti rispetto ad alcune perplessità e dubbi emersi.
Significativa, ad avviso della redazione, la frase conclusiva dell'articolo originale che riportiamo integralmente: "Our findings have broad implications for plant biology, crop breeding, weed management, biotech risk assessment, and the ongoing evolution of herbicide-resistant weeds. Further research is needed to examine which glyphosate-resistant crops and weeds may have acquired enhanced levels of EPSPS and, if so, the extent to which overproduction of EPSPS affects crop yields and weed fitness."

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
08 settembre 2013 ore 20:16

Sig. Rossi quante erbe infestanti resistenti ai normali diserbi conosce? Io ne conosco moltissime. Conosce per caso la bietola (beta vulgaris) ruderale che è un'infestante delle bietola coltivata impossibile da combattere? E guarda caso solo la bietola RR la può combattere perchè la bietola ruderale non possiede la resistenza. Su non create capri espiatori. Gli individui viventi sono in concorrenza e quindi cercano di vincere la battaglia della sopravvivenza. Non le è mai stato detto che quando si ha una pianta OGM resistente ad un diserbante è fa FESSI usare sempre lo stesso principio attivo diserbante? Il colza eventualmente infestante ( chieda in Canada se la colza infestante che dice lei si è creata?)si colpisce benissimo con il diserbo tradizionale.
Queste sono le regole basilari per fare buona agricoltura. le piante OGM RR non sono la soluzione, sono solo un mezzo che si deve usare con criterio e con le regole che l'agronomia ci ha insegnato da secoli. Non gridate al lupo quando si tratta di un semplice cucciolo!

mario rossi
mario rossi
08 settembre 2013 ore 12:43

Caro RT esistono poi altri 2 grossi problemi per le piante RR:
- le piante infestanti anche senza acquisire il transgene maturano una resistenza genetica al diserbante;
- le piante coltivate RR (colza per esempio) si diffondono autonomamente nell'ambiente e diventano esse stesse infestanti

Alberto Guidorzi
Alberto Guidorzi
07 settembre 2013 ore 20:43

R.T. ha verificato nello studio come ed in che modo il gene modificato passa all'amaranto se non esiste pianta coltivata che lo feconda? Il lolium chi lo feconda, l'agrostis chi la feconda? Nelle brassicacee è possibile perchè il colza può essere RR, ma attenzione vi sono studi che hanno verificato le probabilità di fecondazione all'interno delle brassicacee. Nel riso esiste il riso crodo che può essere fecondato e nelle zone di origine del riso altre specie. Quindi ancora una volta si costruisce un articolo per spaventare. Ma quanti geni sono stati scambiati da che mondo è mondo e nessuno ha gridato al lupo al lupo. Sa l'autore di questo articolo allarmistico com'è nato il frumento?

RT ha verificato la validità scientifica dello studio, è al corrente che vi sono studi che ad un esame anche grossolano di addetti ai lavori sono cestinati come carta straccia? Su siamo eticamente seri nel divulgare notizie, prima vanno verificate.

angelo minguzzi
angelo minguzzi
07 settembre 2013 ore 12:57

in una battuta, potremmo dire: né più, né meno di quello che succede con i prodotti fitosanitari chimici, nello specifico gli erbicidi. e allora perché tanta insistenza sui transgeni che conferiscono resistenza all'erbicida glifosate?
A.M.