Editoriali 25/05/2018

Il futuro dell'olio d'oliva italiano è un mare inesplorato

Il mare, tradizionale via di commercio e scambio culturale, porta aria di novità che, solo apparentemente, contrastano con la quieta staticità dell'olivo. Dalle contaminazioni culturali, che appartengono anche alla nostra storia, può venirci la forze per imprimere un'accelerazione al nostro presente. Le riflessioni di Augusto Sartori, Presidente Ascom Santa Margherita Ligure e Portofino


Mare e olio (inteso come extra vergine d'oliva) sono molto più vicini di quanto si pensi. Entrambi, in maniera diversa, sono legati al concetto di vastità. Il mare lo porta in sé, si pensi alla linea dell'orizzonte e a tutte le suggestioni letterarie che ha saputo creare. L'olivo lo racchiude, lo cinge entro tronchi e rami nodosi, è il tempo, il suo aspetto da grande e vecchio saggio che lo hanno reso un'icona.

Oltre questi concetti, forse un po' troppo filosofici, c'è la realtà di intere comunità che hanno vissuto per secoli tra l'olivicoltura e il mare. Ho scoperto, a dir la verità da poco tempo, che i lavoratori dei frantoi nei territori del sud, venivano chiamati ‘ciurma’, poiché erano gli stessi che d'estate si imbarcavano sulle navi per la pesca. Il padrone del frantoio, non a caso, era chiamato ‘nochiro’ (‘nocchiero’, padrone della nave). La stessa olivicoltura si è diffusa via mare, portata dal Mediterraneo orientale a quello occidentale. Il mondo della marineria, così come quello dell'olivicoltura sono pieni di storie da raccontare e che aspettano solo di essere raccontate.

L’incontro tra queste due ‘immensità’ mi ha colpito ed ha provocato in me, milanese residente da decenni a Santa Margherita Ligure, una curiosità straordinaria fino al punto di pensare di fare del Golfo del Tigullio, il palcoscenico ideale del loro incontro per scoprire, contaminare, conoscere. Nasce da qui ‘Un Mare d’Olio’ e sono quindi molto curioso di ascoltare tutte queste esperienze che vengono dai quattro angoli d'Italia, dalla vicina Toscana fino alla lontana Puglia, per passare dall'Umbria, dalle Marche al Lazio per arrivare al Molise. Curioso di scoprire il valore di promozione turistica che può derivare da queste contaminazioni, da sempre fondate rigorosamente sulla bellezza.

Ma mare e olio non deve essere declinato solo in maniera astratta o al passato. La sfida è capire se è possibile guardare alla sinergia tra mare e olio anche sotto altre prospettive, come quelle gastronomiche. Sfatato, non senza fatica, che sul pesce vada bene solo il vino bianco, ora tocca all'olio extra vergine d'oliva. Solo olio dolce per i piatti di pesce? Anche no. I ristoratori e gli chef locali, abituati per tradizione a un certo tipo di olio, si confronteranno con sentori e aromi completamente nuovi e sarà molto interessante scoprire cosa scaturirà da inedite accoppiate.

Il mare, tradizionale via di commercio e scambio culturale, porta aria di novità che, solo apparentemente, contrastano con la quieta staticità dell'olivo. Mare e olio sono energie impetuose che si manifestano diversamente.

Identità che, se abbinate, possono dare ulteriore spinta al nostro Made in Italy.

di Augusto Sartori

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