Editoriali 18/07/2014

Il sorpasso sull'Italia della qualità olearia


L’esperienza legata sia al premio del Leone d’oro che all’importante collaborazione con la fiera Oil China che abbiamo realizzato nelle scorse settimane, ci ha permesso di avere uno spaccato molto interessante sulle dinamiche del mercato degli oli, in particolare quelli oltre confine.

Rispetto agli anni precedenti, si rileva un leggero calo quantitativo di oli stranieri, segno che la crisi morde anche fuori dal nostro paese, ma al contempo la semplice osservazione del packaging spiega chiaramente qual è la strategia per reagire alle difficoltà.

Le classiche bottiglie in formato quadro, come la marasca, stanno lasciando progressivamente spazio a forme nuove, più elaborate, e soprattutto il verde scuro non è più la costante come solo fino a pochi anni orsono: bottiglie color crema, film di plastica multicolori, perfino il blu, come ormai da tempo si usa per esempio nel settore delle acque minerali, sono ormai più che un caso isolato: sono il sintomo di un evoluzione verso design più accattivanti, nati per sedurre il lato edonistico del consumatore globale, e sicuramente per aumentare la percezione di valore del prodotto, con il chiaro intento di realizzare margini più alti.

Sono sempre presenti oli dichiaratamente di origine extra-italiana che non rinunciano a nomi italiani come per esempio bell’oliva o similari, ma molte realtà, come quelle sudamericane, rivendicano con orgoglio la loro origine esotica, e se magari rispetto agli spagnoli sono un po’ indietro come soluzioni tecniche di packaging, si nota comunque una ricerca di etichette semplici ma sempre più eleganti, magari giocando con la qualità della carta, con utilizzo di basi opache e stampe lucide in abbinamento.

Sotto il profilo organolettico almeno per quel che riguarda i campioni a noi pervenuti, quindi con tutti i limiti derivanti dal possibile invio di olio scelto ad hoc, magari poco rappresentativi della reale qualità prodotta, grande balzo in avanti sotto il profilo qualitativo del Portogallo.

La Spagna anche su cultivar come la Picual sta registrando una evoluzione verso sapori che con la tipica provenienza andalusa hanno sempre meno a che fare, mentre abbiamo riscontrato come già detto in precedenza oli da regioni inconsuete come l’Uruguay, ma che nascondono strategie marketing molto precise che ci devono fare riflettere: gruppi che oltre a operare su grandi distese in quei paesi investono in Italia e acquistano aziende di prestigio in Toscana, per fare crescere il loro business usando un marchio trainante italiano di oli di alta qualità, per sdoganare produzioni d’oltreoceano di buonissima qualità a prezzi medi, per il grande pubblico magari nord americano.

Dal lato Italiano si nota la diffusione nel packaging del tappo antirabbocco, cosa sconosciuta all’estero.

La sensazione è che in Italia ci si fossilizzi sulla protezione del vero olio italiano burocratizzando e complicando sempre più disciplinari e controlli, pensando che questo sia sufficiente a garantire il successo commerciale del nostro prodotto, ma il divario qualitativo con il nostro prodotto è via via meno significativo, anche considerando l’annata non strepitosa della nostra campagna.

Fuori da qui si gioca la partita puntando su tutte le leve di marketing disponibile, con organizzazione e programmazione da noi sconosciute. La mia è un osservazione critica che vuole essere uno stimolo, stiamo dormendo sugli allori mentre gli altri corrono, e non solo usando la leva del prezzo.

Dobbiamo imparare a essere meno provinciali e unirci per affrontare da protagonisti il mercato globale, sicuramente il prodotto italiano è ancora eccellente, ma dobbiamo lavorare per farlo capire bene ai consumatori sia in casa nostra che fuori.

Le idee e anche i soldi a livello europeo per farlo ci sono, basta rimboccarsi le maniche, evitando sprechi assurdi come quelli visti in passato dove campagne per promuovere gli oli sono diventate in alcuni casi viaggi vacanza per soggetti che dell’olio si interessavano ben poco. E' brutto dirlo ma questa è la verità.

Se eviteremo i tanti errori del passato e ne faremo tesoro, vedo un futuro di lavoro duro ma di grande prospettiva per il nostro comparto, che ha moltissimo da dire, lo deve solo fare nel modo migliore, magari anche imparando qualcosa da chi fino a ieri era dietro di noi, ma oggi si sta emancipando.

 

Giovanni Abbo è Presidente della Corporazione dei Mastri oleari

di Abbo Giovanni

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Commenti 1

ROBERTO MASTRODICASA
ROBERTO MASTRODICASA
21 luglio 2014 ore 15:34

Fino a quando le sorti del nostro olio saranno nelle mani dei burocrati di Roma ci saranno sempre più inutili carte da riempire. Gli altri ricercano un miglioramento della qualità, per noi invece è importante fare bene non l'olio ma i registri!!!!!