L'arca olearia 23/06/2007

OLIO D’OLIVA: LA META È ANCORA LONTANA. LE PROBLEMATICHE CHE SI DIBATTONO OGGI SONO NOIOSAMENTE UGUALI E RIPETITIVE NEL TEMPO. INVECE SI DOVREBBE CATTURARE L'ATTENZIONE DEI CONSUMATORI "HEALTH CONSCIOUS"

Presentiamo una accurata analisi del comparto pensata per i lettori di "Teatro Naturale" da Fausto Luchetti: ci sono troppi luoghi comuni che andrebbero smantellati. E in più, c'è da denunciare la scarsa presenza di veri imprenditori, in grado di fare affari con un prodotto che ha tutte le carte in regola per primeggiare nei mercati mondiali




Per coloro che operano, a diverso titolo, nel settore dell’olio d’oliva, sarà capitato più di una volta di dover constatare come le problematiche che si affrontano e si dibattono ancora oggi, sono terribilmente e noiosamente uguali e ripetitive nel tempo. Si fa un gran parlare, per esempio, dell’incidenza dei costi di produzione sul valore del prodotto finito e c’è chi è disposto a scommettere che l’annosa soluzione di tale aspetto rappresenta, da sola, la soluzione ad una gestione economicamente valida e remunerativa del prodotto.

Un imperativo: ridurre i costi. Ma in vista di quale risparmio?
Non essendo nè produttore, nè commerciante, nè industriale dell’olio d’oliva, ma solamente un solido consumatore (che cerca come può, attraverso il suo consumo e quello dei suoi, di ridurre gli stocks mondiali...), oltrechè un addetto ai lavori, sul piano istituzionale, da più di 40 anni, ho voluto approfondire questo aspetto del problema con chi, con le problematiche del settore, convive giornalmente: produttori di media e grande dimensione del sud della Spagna, dove l’olio d’oliva è sentito, forse più che altrove, come una “seconda pelle”, data l’importanza capitale che riveste in aree dove praticamente si esercita la monocoltura, l’olivo per l’appunto. Le preoccupazioni maggiori di queste persone sono orientate, quasi esclusivamente, alla riduzione dei costi con tutti i mezzi che le tecniche moderne offrono, anche le più ingannevoli. E si parla sempre di piu della opportunità di abbandonare le colture tradizionali per passare a quelle intensive, utilizzando nuovi strumenti di raccolta come le “scavallatrici”, (nome curioso che evoca mandrie di purosangue al galoppo in vaste praterie...), ed in molti sono disposti a fare il grande salto, impegnando capitali, anche a costo di gravare sulle generazioni future. Ho chiesto, sommessamente, quali fossero le economie, nei costi di raccolta, tra i sistemi tradizionali e questi moderni, e, con una malcelata soddisfazione, mi è stato risposto che si potevano risparmiare fino a 50 centesimi di euro al chilo di prodotto.

Grande lavoro sulla qualità del prodotto. E sulla vendita?
È curioso constatare come i produttori trattino, giustamente! con tenerezza e con amore i propri alberi e le proprie olive, e siano disposti ai più duri sacrifici, pur di ottenere, al miglior costo, un olio di alta qualità, e come ci tengano che il proprio prodotto rientri in zone di riconosciuto prestigio, quali le Dop o le Igp. Il produttore attento e responsabile, ha ormai assunto il concetto di qualità come unica strada per valorizzare il proprio prodotto, e, fin quì, tutto bene. Dove le cose si complicano, è al momento della vendita del prodotto, come se questo aspetto, oh quanto importante!, non riguardasse più la sfera di attività del produttore. Ed egli diventa all’improvviso tributario di decisioni che, sì lo riguardano, ma che sono prese da altri, ed invece che vendere il proprio olio, spera ardentemente che qualcuno, di solito commerciante od industriale, glielo comperi. Prezzo dell’olio Dop in azienda, 3.50 – 3.80 euro al chilo in molte zone di produzione, con il produttore preso dal panico di neppure poter vendere a questi livelli “frustranti”. La grande distribuzione organizzata rappresenta lo spauracchio-speranza di arrivare alla nuova campagna con i silos vuoti. Certo l’olio non è il vino, ed il tempo che passa non gli giova...

Il prezzo gioca ancora un ruolo determinante. Ma chi lavora per una visione alternativa?
Oggi, come negli anni passati, la commercializzazione del prodotto, che a molti piace chiamare “marketing”, è affrontata con una rassegnazione che porta a considerare che il consumatore non vuole spendere e che quindi l’olio d’oliva debba continuare ad essere venduto con i criteri di sempre, anzi con il solo ed unico criterio di sempre, rappresentato dal prezzo. A nessuno, o a pochi, troppo pochi, viene in mente di spiegare le ragioni per le quali l’olio d’oliva può e deve essere venduto ad un prezzo che non ha nulla a che vedere con quello degli oli vegetali (in alcuni casi sottoprodotti della lavorazione delle farine per animali), i cui prezzi continuano ad influenzare quelli dell’olio d’oliva, in presenza di un consumatore che viene costantemente “bombardato” da messaggi pubblicitari fuorvianti, complice l’Unione europea, che permette agli operatori, alcuni dei quali poco scrupolosi, di vendere miscele di olio d’oliva con oli di semi, vantando percentuali del primo praticamente impossibili da verificare. A cosa serve ridurre di 50 centesimi i costi di produzione se non si riesce a far riconoscere al prodotto finito un valore che dovrebbe situarsi ben al di sopra dei 3 o 4 euro al chilo, perlomeno il doppio? Certo la strada della GDO, (quando funziona!) è semplice da seguire, ma è proprio vero che non ci sono alternative a questa penosa, frustrante situazione? Nel mondo esiste un numero sufficiente di consumatori “health conscious”, disposti a farsi convincere sulle proprietà nutrizionali, sul valore biologico dell’olio d’oliva, basta andarli a cercare, comprendere le loro esigenze, far spiegare, da nutrizionisti che parlano la loro lingua, quanto il binomio nutrizione-salute sia avvantaggiato dal consumo di olio d’oliva....
Tutto questo spaventa i più, a parte qualche coraggioso intraprendente, che avendo percorso questo cammino affronta con più serenità ed ottimismo il futuro della propria attività oleicola, espandendo vantaggiosamente il suo giro d’affari, assumendo, in altri termini, il ruolo di un vero e proprio imprenditore, di cui, purtroppo, si sente ancora oggi molto la mancanza.

Manca ancora qualcosa...
L’attuale situazione dei mercati dell’olio è chiaramente insoddisfacente: basti registrare le continue lamentele che provengono non solo dai produttori: segno che l’assetto non soddisfa, segno che si necessitano strumenti istituzionali, che può sembrare complicato gestire, ma efficaci, quali la confezione e la diffusione di messaggi scientifici a livello internazionale che richiamino l’attenzione di quegli ambienti dove si muovono quei consumatori di cui sopra, e che “creino” in loro l’esigenza di includere l’olio d’oliva nel loro modello di alimentazione. Se riusciremo in questo obbiettivo, le vendite, il prezzo congruo, seguiranno. Purtroppo siamo ancora lontani dalla meta, ma l’ottimismo e la pazienza non debbono venir meno: basta seguire l’esempio dell’olivo nei nostri confronti...

di Fausto Luchetti