Articoli 10/01/2009

I "peggiori" del 2008, quelli che meritano un sonoro buh

Ecco l'elenco - con le motivazioni, nome per nome - di chi, nell'anno che si è appena concluso, non ha fatto, pur volendolo, una gran bella figura. Tra tutti, non mancano certo le soprese. Come il ministro Luca Zaia


Attenzione, questa è satira! Nessuno si offenda, la lista è stata formulata espressamente da me, Gelso Lo Scimmione. Ringrazio pertanto la Redazione di "Teatro Naturale" per la pazienza e lo spazio concessomi ad ogni inizio d'anno.
Chi sono io? Non uno, ma tanti.
Buona lettura.





Giuseppe BIGAZZI: l’emblema dello snobismo enogastronomico con uscite che fanno rabbrividire ogni buongustaio. No, non parliamo delle oscenità, dei doppisensi che accompagnano spesso le trasmissioni televisive che lo vedono ospite o protagonista. Ci riferiamo piuttosto a quell’aria di saccenza, unita a prosopopea, come quando pretende di insegnare a chef ed esperti come aprire un baccello di vaniglia. Insopportabile quando parla a convegni e manifestazioni, dove le sue parole sono intrise di populismo per attirare l’attenzione, la captatio benevolentiae degli astanti proclamando, ad esempio, che l’olio extra vergine deve costare cifre iperboliche altrimenti è un falso, una truffa. Bigazzi è l’esempio lampante del nuovo giornalismo enogastronomico che vuole elevare tutto il cibo ad una forma d’arte. Attività redditizia per chi non ha arte né parte…

Roberto CIPRESSO: d'accordo, vogliamo tutti degli enologi che sappiano cavalcare i tempi. E l'immagine vuole la sua parte, ed è giusto che sia così, è giusto che la modernità entri nel vivo delle realtà agricole e scardini il vecchio per far posto al nuovo, si, ma con moderazione, senza strafare. Non dubitiamo che il winemaker Cipresso abbia il talento necessario per imporsi all'attenzione generale, e di questo siamo molto contenti, ci vogliono figure forti di riferimento, ma ciò che ci imbarazza è il riconoscere un talento che non c'è ma che viene esibito oltre misura. Quello letterario. Insomma, Cipresso non è paragonabile - tanto per fare un nome - ad Anthony Bourdain (link esterno), che scrittore lo è per davvero, oltre che chef. A noi fa piacere che un enologo scriva libri, ma che li scriva appunto. Il primo di Cipresso, Il romanzo del vino, edito da Piemme, reca l'impronta di Giovanni Negri e Stefano Milioni - che sono gli estensori del testo cui vanno i principali meriti del volume, i quali pur guadagnando gli onori della copertina, compaiono, come accade in certi casi, un po' in ombra. Ora, però, con il nuovo libro, Vinosofia, pubblicato per il medesimo editore (lo stesso che ha pubblicato un volume di straordinaria fattura, A San Riccardo. Preghiere e testimonianze, di Gabriella Meroni: link esterno)
compare in tutta evidenza la firma di Giovanni Negri, il vero respiro di quelle pagine gonfie di robusta cultura, accanto a quella dell'enologo-finto scrittore.
Insomma, a ciascuno il suo mestiere. Cipresso faccia l'enologo, e magari rilasci interviste da tradurre in libro, ma Negri, che pur produce vini (link esterno) continui lui, soprattutto, a fare lo scrittore, perché, insomma, ha davvero talento.

Antonella CLERICI: che strazio! Pagare il canone Rai e averla pure in video. Per fortuna che la Clerici è "fuori servizio" per maternità; e per fortuna che non tutti si ripiegano supinamente accettando in silenzio la peggiore televisione della storia italiana; e per fortuna che qualcuno ha ancora intelligenza e lucidità per esprimere giudizi taglienti, come bene ha fatto Aldo Grasso, il critico televisivo del "Corriere della Sera": link esterno
'Sti Bigazzi! - è giusto il caso di dire.

COLDIRETTI: l’organizzazione di categoria appare granitica, un lampante esempio di compattezza bolscevica. Tutti dietro al Capo anche se porta sull’orlo del burrone. Nessun dissenso interno, né la minima polemica, quasi che mancasse la possibilità di un dibattito democratico, che la gestione sia tanto verticistica da annichilire qualsiasi opposizione oppure che i dirigenti locali siano tanto scoraggiati da preferire occuparsi del proprio orticello lasciando agli alti papaveri la più ampia discrezionalità. Questo ha portato, nel tempo, a snaturare Coldiretti, sempre più lontana dal mondo produttivo e occupando una zona grigia a metà tra le difese di un rurale bucolico e di un consumatore apparentemente frustrato e disorientato. Né carne né pesce tanto da porre l’organizzazione di categoria in costante diatriba, se non scontro, con altre associazioni. Già perché Coldiretti propugna un nuovo modello di unitarietà agricola, una volontà egemonica che spesso, come nel caso del controllo dei Consorzi agrari, ha portato a vere e proprie prove di forza.

Paolo DE CASTRO: chi l’ha visto? Saremmo seriamente preoccupati se non sapessimo che siede nella Commissione agricoltura del Senato, ma senza un fiato, senza un lamento, senza una polemica. Pare parcheggiato lì dopo che il suo anfitrione, Romano Prodi, se ne è andato sbattendo la porta. Nel ruolo, già di secondo piano, di Ministro dell’agricoltura del governo ombra di Veltroni gli è stato preferito lo sconosciuto senatore Alfonso Andria. I suoi ultimi mesi a via XX settembre non sono certo stati un esempio di brillantezza ma un po’ più di vitalità non gusterebbe affatto.

Oscar FARINETTI: è il creatore di Eataly, un mercato coccodé (sic!) - si legge nel sito internet della società - di "alti cibi a prezzi sostenibili". Ed è inutile dilungarci sul personaggio e sulla sua creatura tanto lodata e benedetta dal mite e già canonizzato Carlin Petrini. Non è necessario, visto che tutti i media hanno strombazzato il suo progetto, rendendolo unico e inarrivabile. Fatto sta che "una certa" Anna Sartorio, di professione giornalista (link esterno), scrive e pubblica un'agiografia di Oscar Farinetti per l'editore Sperlng & Kupfer, dal titolo Un mercante di utopie, sempre con l'obiettivo di esaltare un personaggio fuori dal comune, eccezionale, magnifico, perfetto, insostituibile. Ora: ma è proprio necessario, creare sempre nuovi miti?
Farinetti avrà pure fatto qualcosa di utile nella vita, e sprizzerà ottimismo da ogni poro, certo, ma siamo francamente stufi di tutte queste celebrazioni, e di certi toni così esaltatori, facili a incorniciare personaggi “tutti d’un pezzo”, con il sorriso perennemente stampato sul volto, appartenenti alla serie “santi subito”. Uffa, che noia!

Licia GRANELLO: è la voce "enogastronomica nazional-popolare" del quotidiano "La Repubblica". Nel suo libro Mai fragole a dicembre, pubblicato da Mondadori, la saggia giornalista in una nota finale avverte: "Senza Ezio Mauro e Mauro Piccoli, senza le spalle larghe di 'Repubblica', oggi scriverei ancora di calcio e questo libro non sarebbe mai nato. Grazie".
Ora, tralasciando tutte le osservazioni, ci soffermiamo a mo' di esempio solo a pagina 81, dove si legge a proposito del verdone, la seguente descrizione:
"La primizia dell'extravergine si ottiene da olive non ancora del tutto mature, così da esaltare le caratteristiche più marcate, come il colore verde intenso, il profumo di oliva appena spremuta e un gusto amaro e piccante. Perfetto con le bruschette".
Il verdone è la primizia dell'extra vergine!? Ci mancava questa, e vi risparmiamo le altre chicche.
Ora, in tutta onestà: dobbiamo forse aggiungere altre osservazioni?
Meglio allora le gloriose cronache di calcio. Ah, bei tempi! Il Milan, Gullit, lo stadio gremito... Alè oh oh

Pascal LAMY: l'attuale capo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), il francese Pascal Lamy, si è ricandidato alla guida dell’organizzazione. Unico candidato, per la verità. Si è così arrivati all’assurdo che chi non è riuscito in numerose trattative, in anni di confronto diplomatico a raggiungere alcun significativo risultato in campo agricolo si troverà alla guida del Wto per altri quattro anni. Gli esperti già sussurrano che Lamy è stato scelto perché non vi erano alternative praticabili. In sede di Organizzazione Mondiale del Commercio dobbiamo insomma aspettarci altri quattro anni di chiacchiere improduttive.

Sergio MARINI: tutto pur di apparire sui media. Ha sposato la nuova linea dell’organizzazione che presiede, di più l’ha elevata a politica. Dire, dichiarare su tutto e tutti, pur di uno spazio sui telegiornali o di una pubblicazione sulle riviste. Le posizioni che esprime sono spesso fonte di polemiche, ma a lui non importa. Una cattiva pubblicità è comunque pubblicità. Esponente di una nuova filosofia di pensiero che misura la propria rappresentanza e il proprio peso politico in funzione dei minuti in video o delle colonne sui quotidiani. Purtroppo il Presidente di Coldiretti ha appreso e sta mettendo a frutto la parte più degenere della comunicazione…

Letizia MORATTI: dopo aver creato danni alla scuola e alle università, con la sua malferma riforma, sta ora lentamente facendo arretrare anche la città di Milano. Altro che Expo 2015! Per il cardinale Tettamanzi - piuttosto critico - c'è stata solo una spartizione di poteri. La moglie di Moratti (non ha l'orgoglio del proprio cognome, evidentemente, se preferisce esibire quello del marito) è il chiaro esempio di un'Italia ripiegata su se stessa. Tra l'altro, una normale, seppure abbondante, nevicata nei giorni dell'Epifania, ha messo in ginocchio, e resa ridicola per inefficienza la grande Milano.

Gianni MURA: il vate dell'enogastronomia. Ma va là! Ecco cosa ha scritto del libro Il romanzo del vino di Roberto Cipresso: "Un viaggio fantastico, ma reale. Se dovessi consigliare un solo libro di autore vivente sul vino, indicherei questo". Il giudizio, pubblicato sul quotidiano "La Repubblica", è stato riportato nella quarta di copertina del nuovo libro di Cipresso. Sia chiaro, ampia libertà nei giudizi - giacché tutto è opinabile! - ma da qui al ricorrere agli stessi strilli tanto in voga nei lanci pubblicitari di film e romanzi mi sembra un tantino esagerato. In fondo l'enologo di Winemaker, seppure abbia conseguito l'Oscar del vino Bidenda dalla sante mani di Al Bano e con benedizione di Franco Ricci, non è che poi sia paragonabile per questo a un premio Oscar (quello vero) cinematografico o a un premio Nobel per la letteratura. Suvvia Mura, un po' di equilibrio e meno enfatismi. Di autori viventi che abbiano scritto veramente un libro sul vino ce ne sono tanti. Basta con le celebrazioni.

Carlo PETRINI: ha creato un impero economico, che fattura decine di milioni di euro all’anno. Ha creato un’Università esclusiva con la cantina più fornita al mondo. Ha amicizie importanti, a destra e a sinistra. Si vanta di conoscere l’agricoltura ma spesso scivola, commettendo elementari errori di valutazione oppure contraddicendosi apertamente. Fautore della politica dell’agricoltura a km 0, a basso impatto ambientale, promuove l’export di improbabili varietà di ortaggi o cereali in ogni parte del globo.

Luca ZAIA: Uh Uh! Vade retro Ananas! Uh Uh! Il grande fustigatore dei cibi altrui rilancia il nostro agroalimentare guardando all'universo mondo con un sorriso stampato sul volto. Di lui abbiamo scritto bene, all'inzio. Ci ha dato fiducia, sembrava che tutto potesse funzionare, ma poi il leghista Zaia ha mostrato tutti i suoi limiti: essere appunto un leghista, dallo sguardo corto. Ma - insomma! - si è reso conto che riveste il ruolo di ministro della Repubblica italiana? Con la testa sembra piuttosto orientato alla poltrona di governatore del Veneto, piuttosto che al Ministero delle Politiche agricole. E poi, sembra anche che al resto delle Regioni nemmeno ci pensi.
A "Extra", manifestazione dedicata all'olio, che si è tenuta sul finire del 2008 a Bari, il tanto atteso Ministro non ci è stato, nonostante il suo precedessore, De Castro, abbia comunque finanziato e promosso l'iniziativa.
Suvvia, Zaia - svegliaaa! - mica il Veneto è l'ombelico del mondo, esistono anche altri luoghi, altre geografie. Non se ne stia impalato con il foulard verde padano, sguardo luccicoso, mentre il suo capoccia, il Bossi, estende gaudente il dito medio al suonar dell'inno di Mameli, non potendo più contare sul mestieretto sempre eretto salvatore del Paese e liberatore della Sacra Padania da Roma ladrona.
A Bologna, all'Eima, il ministro Zaia (non il possibile futuro governatore del Veneto Zaia) ha salutato solo le aziende espositrici venete - così ci hanno riferito fonti fidate. E allora, le altre aziende che non sono made in Veneto, non meritavano forse il saluto? Suvvia Zaia, una mossa, siamo in Italia!

di Gelso Lo Scimmione