Articoli 18/02/2012

L’unione fa la forza, ma “fare squadra” sembra impossibile

L’unione fa la forza, ma “fare squadra” sembra impossibile

Mai scoraggiarsi, c’è sempre tempo per risanare i grandi limiti che caratterizzano il nostro Paese, il primo dei quali consiste soprattutto nella mancanza di coesione tra i vari attori della filiera agricola. In alcuni settori, come quello oleario, la conflittualità è addirittura la cifra distintiva, eppure esistono soluzioni per uscire dall’attuale stato d’impasse


Vi è mai capitato di ascoltare l’espressione “fare squadra”? A me piace, e l’ascolto spesso andando in giro per l’Italia. Sono in tanti a invocarla. E in effetti è davvero incisiva e agisce profondamente sulle coscienze. Non sappiamo però con quale risultato. L’espressione in sé ci fa capire che se si chiede a se stessi e ad altri di “fare squadra” di continuo, è segno che lo scenario reale non è tra i migliori. Visto che la si ripete di frequente, e anche in maniera ossessiva in certi casi, vuol dire che c’è più di qualcosa che non va. E ciò che più imbarazza, è che tale espressione – o altre similari, come “fare sistema” – sembra un banale refrain, sprattutto quando ad annunciarla sono i politici, o peggio ancora i politicanti camuffati da politici. Solo in rari casi resto affascinato da una simile espressione. E’ quando la ascolto pronunciare da persone che hanno dato esempi concreti di vera coesione, peccato tuttavia che questi esempi restino poco efficaci, in quanto solitamente accade che le persone di buona volontà siano proprio quelle più marginali, meno esposte pubblicamente e che agiscono in ambiti ristretti, poco incisivi.

Quando tale espressione la si estende al mondo agricolo, il quadro diventa sempre più fosco. Sono in particolare le persone meno credibili a pronunciarla con grande enfasi, quasi a volersi distaccare dagli accadimenti predendo le distanze dalle anomalie del sistema, e attribuendo così al fato, più che ai singoli soggetti, la responsabilità di molte questioni irrisolte, senza mai dimostrare il coraggio di guardare alle proprie colpe e riconoscerle. Si dice pertanto “fare squadra” per deresponsabilizzarsi, quasi a dire, di conseguenza, “io non c’entro”. Il peggio però accade in certi ambiti, per esempio nel settore oleario, dove l’evocare l’unità d’intenti è una moda mai passata di moda, sempre in voga. Ho ricordi di quando ero poco più che fanciullo ed ero in compagnia di mio padre che mi portava con sé a convegni noiosissimi, organizzati dalle associazioni di categoria per tenere al corrente i propri associati, informandoli delle problematiche che attraversavano allora il mondo olivicolo – le stesse, per intenderci, che tuttora attraversano il settore oggi. Ieri erano più noiosi, oggi quanto meno hanno un eloqui più forbito, ma nei fatti nulla è cambiato.

Fare sistema, già, ma perché evocarlo se poi non si da’ mai l’esempio? Io sono convinto che si debba reagire e pretendere esempi concreti. Mi è venuta questa riflessione quando in unm recentissimo convegno si è parlato di “aggregazione”, un termine per me meno convincente, perché si possono aggregare benissimo gli oggetti, ma non le persone, le quali mi auguri si rivelino meno “gregge” e più individui. Sia ben chiaro: non polemizzo con chi abusa di queste espressioni. Tra coloro che ne fanno ricorso ci sono anche quelli animati da buone intenzioni, e chiunque, io stesso, posso aver detto in qualche circostanza che la soluzione migliore per risollevarsi sia in ultima analisi il “fare squadra”, appunto, ma non sta qui il problema, dipende anche con chi e come “fare squadra”.

Per me “fare squadra” implica il mettersi in gioco in prima persona. Io lo faccio sempre, per mia natura, e sono perfettamente in sintonia con chi condivide tale mio approccio. Mettersi in gioco e farsi giudicare dai risultati è fondamentale; e chi mi conosce sa bene ciò che ho fatto per l’olio e per il comparto oleario, ma anche per la stessa agricoltura più in generale. Mi chiedo solo come si giudicano coloro che abusano di questa parola; e chiedo a chi la pensa come me a solecitare e pretendere le persone che ogni volta pronunciano questa betata espressione cosa loro abbiano fatto in concreto quando sostengono e inviatano a “fare squadra”.

Posso dirla con tutta onestà? Come si autogiudicano coloro che pubblicamente invitano gli altri a “fare squadra” quando poi, nei fatti, si comportano essi stessi come se tale squadra non esistesse, o, peggio, come se tale squadra fosse composta solo da gregari impegnati a dire “signorsì” al loro capo supremo, senza minimamente pensare che la vera squadra, per essere realmente tale, è costituita da personalità tra loro diverse, e non certo da pecore ubbidienti e dalla schiena curva?

di Luigi Caricato

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Commenti 15

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
26 febbraio 2012 ore 20:05

Grazie ancora dottor Galeone,concordo su tutto,ma speo proprio che non rimanga un bel
discorso fra noi e che TN e ONAOO chiamati in causa vogliano accettare il nostro invito al piu' presto e comunicarci la loro disponibilita' i tempi e le modalita'.

Donato Galeone
Donato Galeone
26 febbraio 2012 ore 10:17

Signora Bellino e Signor Lo Scalzo, ringrazio per i Vostri commenti, peraltro provocati dal "mai scoraggiarsi" del Direttore Luigi Caricato e dalla mia informazione e lungo commento di ieri, nel citare anche una pregevole area paesaggistica terrazzata a olivi di Vallecorsa, nel basso Lazio e l'iniziativa dell'Agricola Peronti, attivata nel 2006-2007, con la aggregazione di oltre mille quintali di prodotto "olive" fornite da produttori vallecorsani, pagate al miglior prezzo di mercato, per ottenere olio di alta qualità, extravergine, premiato all'Ercole Olivario, quale migliore olio per "l'alto tenore di tocoferoli e polifenoli".
E' vero, Signora Bellino, che la "parte più difficile è mettere insieme gli attori" nella costruzione della "filiera locale olio" ed, ancor più, tra piccoli produttori nella condivisione del "come" produrre e trasformare le olive. E, poi, volontariamente, coinvolgerli nei loro diretti interessi economici - con quote sociali - nella commercializzazione - partecipando nella "Società Agricola" al 49% - per costruire un qualificato "mercato di nicchia" nel contesto del tanto discusso "mercato di massa" degli oli extravergini di olive italiane e comunitarie.Non è facile !! Ma non impossibile !!!
Concordo col Signor Lo Scalzo che - costruite e rese operative le "filiere locali" mirate anche alla costruzione di un più esteso "mercato di nicchie" - si dovrebbero costituire "alleanze" territoriali per legittimare le specifiche "alte qualità" degli oli di olive, da supportare - con la comunicazione "informativa-divulgativa - da un autorevole " giudizio di qualità di Panel".
Signor Lo Scalzo, qualificatissimo l'ONAOO, che tra gli scopi, al punto 4) dall'art.3 del suo Statuto, leggo anche lo scopo di :" valorizzare le caratteristiche degli oli di oliva dalla fase di produzione sino alla estrazione dell'olio, compreso il condizionamento e la commercializzazione del prodotto".
Condivido e, quindi, aggiorniamo con TN la "linea guida" e mettiamoci,tra i disponibili, a "tirare la stanga" per avviare e far "camminare il carro" del "mercato delle nicchie" degli oli di "alta qualità" che si ottengono, non solo dal 2012, dalla spremitura delle olive (ricco patrimonio agricolo italiano di oltre 500 cultivar...ripetiamolo sempre!!!)
Un cordiale saluto.
Donato Galeone

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
25 febbraio 2012 ore 11:22

Penso che unire le forze migliori dell'olivicoltura italiana con ONAOO e i suoi componenti e il dottor Caricato siano la linea giusta da seguire,grazie a tutti quelli
che vorranno interpretare il nostro pensiero.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
25 febbraio 2012 ore 09:39

Fosse per caso possibile tenere conto dell'alleanza di progetto con ONAOO? L'Art 3 del suo statuto prevede - a largo spettro - di favorire quanto si sta dibattendo in TN. Luigi ne rappresenta ogni legittima definizione di attività, ma cercare un adeguamento ai programmi e alle iniziative di sostegno più che hanno avuto più successo d'azione penso che sia oltre tutto un auspicio condivisibile. Il giudizio di qualità di Panel è lo strumento più serio e legittimamente riconosciuto in tutto il mondo per una definizione dinamicamente affidabile dello stesso concetto di qualità, senza il quale non si riesce a costruisce il suo merito, prezzo, valore, piacere.
Dibattiti aperti, ma un esecutivo snello, credibile ne sono la premessa: compito stilare le linee guida, per scegliere il campionato e la sospirata squadra...


MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
25 febbraio 2012 ore 07:58

Plauso al dottor Galeone che ha centrato l'obbiettivo,ma mettere insieme gli attori
e' la parte piu' ardua e difficile che c'e',coinvolgere il sindaco del nostro comune di Bitetto non e' difficile perche' il dott Occhiogrosso e' molto attento ai problemi dell'agricoltura,ma chiedo l'intervento di voi esperti,affinche' si stilino le linee guida ,per la tanto sospirata squadra.

Donato Galeone
Donato Galeone
25 febbraio 2012 ore 01:04

Direttore Caricato, già la pregevole informativa-conoscitiva in tre puntate del Dott. Grimelli ha favorito la composizione virtuale di una "squadra vivace" producendo oltre 60 commenti pur se centrati, volutamente, sui "prezzi" degli oli che leggiamo su bottiglie "extravergini di olive".
Interessante, per me, sul come nasce il prezzo dell'olio, tra costi industriali e/o artigianali; costi aziendali e di vendita ampiamente riproposti e commentati su un prodotto destinato, prevalentemente, ad un "mercato di massa" nella non esclusa possibilità di costruire anche un mercato di nicchia".
Meglio - a mio avviso - avviare la costruzione, graduale, di un esteso e condiviso mercato di "più nicchie" territoriali - non antagonista - ma collegato tra comprensori olivati e produttori di un prodotto "extravergine di alta qualità tracciato e certificato".
Mercato nuovo che - certamente - dovrà essere sostenuto da "comunicazioni continue" - private e pubbliche - con priorità assoluta negli specifici contenuti sia nei "gusti" alimentari che salutistici.
Questo mio commento, Direttore Caricato, potrà apparire anche superfluo.
Sono stato, peraltro, sollecitato dai tanti commenti - tutti da me letti con attenzione - in particolare i due ultimi commenti (domanda-risposta) del Signor Breccolenti e della Signora Bellino.
Il "fare squadra" utilizzando anche "strutture" - che già esistono o da costruire - devono partire - sempre - dai campi olivati per raggiungere, giorno dopo giorno, i "tavoli ristoro" di famiglia o pubblici (mense scolastiche e ospedaliere. Perchè è "il frutto di oliva" del vetusto o giovane albero di olivo, impiantato a valle o nei terrazzi; è all'oliva, nelle sue diversificate varietà e fasi di maturazione, che è riconosciuto, da secoli e da tutti, quale frutto insostituibile "componente primario" che, accuratamente spremuto, ci dà olio di alta qualità strettamente legato ai livelli di altrettanta alta qualità se trasformato, con cura, nel frantoio.
A mio avviso, Direttore Caricato, nella scala dei valori - anche leggendo la pregiata informazione-indagine del Dott. Grimelli ho osservato con curiosità, acquistando a euro 1,6/kg olio definito extravergine in bottiglia, che quelle "olive" hanno spuntato un prezzo di appena euro 14,00/quintale (poniamo resa minima 15 kg/quintale di olive + euro 10,00 costo minimo molitura, abbiamo euro 24 diviso 15 kg = euro 1,6).
Per analogia, stesso calcolo, con acquisto olio a euro 4,00/kg e prezzo olive 50,00 euro/quintale + 10,00 euro molitura e stessa resa di 15/kg olio (Euro 60 diviso 15 = 4,00 euro/kg).
Questa semplicissima osservazione,che non è novità, ma che dovremmo evidenziare sempre non concorre a incentivare, concretamente e correttamente, l'interesse del produttore di olive che, invece, già è impegnato a "valorizzare" la qualità dei frutti fino alla raccolta e la consegna al frantoio.
Proprio a questo primo livello si deve "fare squadra" per concorrere e partecipare sia nel mercato di massa che di nicchia delle diversificate varietà di "olive da olio" italiano.
Perché - a mio avviso - i mercati di massa e quelli nella costruzione di "nicchie territoriali" potranno riconoscersi in "squadre locali" - essenzialmente - nel produrre con cure condivise e praticate - le pregiate varietà di olive, da aggregare in partita unica per la trasformazione nelle 24-48 ore dalla raccolta.
Formare squadra e comporre strutture (dal campo olivato,al frantoio allo stoccaggio,confezionamento e commercializzazione) per comprensori comunali.
Formare squadra per "fare" costruzione di particelle indispensabili, pur non sufficienti, ed iniziare a competere nei complessi mercati di massa ed, ancor più, in quelli di "nicchia" degli oli extravergini territoriali.
Direttore Caricato, sembra impossibile ed è certamente anche non facile l'aggregazione di prodotto e la cooperazione tra i tanti interessi individuali, da soddisfare equamente.
Io penso che se partecipiamo, condividendo e praticando regole conosciute, non sono impossibili le "soluzioni".
A Vallecorsa, nel basso Lazio, tra produttori di olive locali, ed anche soci del frantoio cooperativo, volontariamente partecipi col 49% nell'Agricola Peronti Lucia, promotrice della costruenda struttura di stoccaggio-confezionamento olio (cofinanziata dal PSR -Misura 123 della Regione Lazio) è stata organizzata in APOV un piccola squadra promotrice della offerta di prodotto monovarietale di alta qualità extravergine da collocare nel "mercato delle nicchie" degli oli italiani di alta qualità, tracciati e certificati.
Convengo che non è facile, pur nel pieno di una imprevedibile crisi economica e di mercato che, certamente,sono colpevoli i nostri "olivi" vegetanti nelle valli e su terrazzati.
Anzi, i nostri olivi, attendono adeguate cure per lenire i colpi di neve e gelo di queste giornate di febbraio 2012. Mi scuso per l'intervento non breve.Ringrazio per l'ospitalità.
Donato Galeone

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
21 febbraio 2012 ore 10:33

Gentilissimo dottor Broccolenti
si dice che l'esempio vale piu' che l'imposizione e' evidente che si devono avere gli stessi
obbiettivi,quanto alla struttura ci sarebbe gia' la mia.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
21 febbraio 2012 ore 08:45

Fare squadra si,ma per fare cosa? Quale deve essere il legante comune,il principio ispiratore? La squadra "Europa" dopo poco piu' di dieci anni è sull'orlo del baratro proprio perche' è una squadra fatta senza veri leganti, senza forza politica e decisionale.Non ha un esercito,non ha una vera banca centrale che appartenga agli stati,ha sul suo territorio decine di basi militari di un altro paese,interessi finanziari che comandano piu' dello stesso parlamento Europeo.L'unico legante è una moneta e poco altro.Avra' un futuro questa squadra in queste condizioni?
Fare squadra nell'olio e essere vincenti in un paese come il nostro con alti costi, con un olivicoltura non specializzata,con tanta ignoranza in questo campo della massa di consumatori e con tanta conflittualita' dei vari protagonisti della filiera è una cosa molto ardua e gli esempi dall'alto non ispirano certo fiducia.
Luigi dice "per me fare squadra è mettersi in gioco in prima persona",giustissimo, e io aggiungo "ma su cosa"?Puntare a fare una grande squadra Italiana in cui il principio base è "fare sempre meglio il nostro prodotto,cercare di farlo sempre un gradino sopra agli altri,renderlo immune da attacchi e nello stesso tempo impiegare energie immani per insegnare alla gente che cos'è un buon prodotto,per crescere tutti insieme e fare una grande squadra dove anche il consumatore è protagonista" o fare come la fittizia-squadra Europa fatta di buone intenzioni iniziali ma che alla fine non è altro che un aggregazione di stati fatta sul nulla o poco piu'?Per fare una squadra ci vogliono principi saldi comuni e una struttura seria e competente che li metta in atto e li difenda con decisione e passione.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
20 febbraio 2012 ore 14:53

Luigi è letteralmente "caricato" di tutte le iniziative in gioco, lo accetta con spirito agonistico e con grande voglia di esplorare e aiutare a lasciare spazi ad iniziative positive. Possiamo cominciare da 3! Come il simpatico e bonario Troisi, augurandoci di durare a lungo. A lui la scelta di occasione e luogo di scambio o dibattito. All'Umanitaria, a MIlano, nei giorni 28-30 marzo, in occasione del RACCOLTO di Arte da Mangiare, ci sarebbe spazio per salotti e tavole rotonde. Potremmo essere da 3 a 33. 333 sarebbe possibile, ma lo rimanderei alla SEMINA, nella giornata FAO dell'Alimentazione, ottobre. Altrove? Perché no?

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
20 febbraio 2012 ore 11:44

Gentilissimo
dottor Vincenzo,vedo che anche da parte sua c'e' la visuale dell'obbiettivo da raggiungere
il nodo da risolvere e' come concretizzare,per questo invito voi e il dottor Caricato
a incontrarci ,magari anche nella nostra realta'

fausto delegà
fausto delegà
20 febbraio 2012 ore 11:30

Caro Luigi, apri la settimana ,ed anche il suo giorno piu' critico il lunedi' , con una bella e immensamente spinosa questione.  Belle le  parole di Anna, e molto condivisibili quelle  di Vincenzo? Fare  squadra, stare uniti, stiamo tecnici diceva quest'anno Morandi a Sanremo, ma  la concordanza, la unita' di intenti, di scopi, di obbiettivi , di mete e' una prassi ancora molto complicata da raggiungere nelle cose umane, forse perche' per arrivare a questa meta bisognerebbe staccarsi un po' dalle cose umane, o che noi crediamo tali, per guardare alle cose che spesso i nostri sensi, 5 , fanno fatica a  percepire, ma che per questo non vuol dire che non ci siano e non siano meravigliosamente inserite nella nostra natura.  Per fare squadra bisogna prima di tutto essere  convinti di una cosa, di un fatto ineluttabile, siamo tutti uguali e ugualmente indispensabili nella evoluzione  nostra e della vita su questo    pianeta.  Cosa voglio dire?  Voglio dire che la prima cosa da fare sarebbe uscire da una concezione sbagliata,ma dominante, che vuole l' uomo, noi tutti, nel bel mezzo di una lotta per la sopravvivenza,  l' uno contro l'altro e vinca il migliore, una  lettura profondamente sbagliata della  intuizione Darwiniana della evoluzione , la quale non ha mai parlato di lotta per la vita, ma invece di una profonda continua e incessante cooperazione per un  obbiettivo comune, far prosperare la vita e farla evolvere.  Non : io sono il piu' dotato e il piu' forte ed ho diritto a che i miei geni e la mia genealogia predominino  sugli altri, ma io  sono il risultato della immensa opera che tutti i miei fratelli mi permettono di realizzare e senza di loro  sarei inutile.  Non si vince mai da soli, noi non siamo fatti per vincere da soli o per progredire da soli, siano stati creati dalla evoluzione per agire in comunita' ,insieme,. Guardiamo, senza arrivare all'apologo di Menenio Agrippa, ma guardando proprio le ultime ricerche piu' avanzate della genomica, come la interconnessione tra noi umani sia inscindibile. Basta guardare dentro al nostro corpo, alla nostra fisicita' , dove non esistono cellule piu' importanti di altre, tutte sono essenziali e collaborano e cooperano secondo per secondo per tenerci in vita, e lo fanno da migliaia di anni e senza  dominanze e primati da conquistare. Percio' la  azione piu' importante rimane quella da fare su noi stessi, sul rispondere alla domanda cosa devo fare nel mio campo  di azione su questo  pianeta e in questo pezzo  di terra per  soddisfare questa prospettiva: arrrivare tutti insieme alla meta. Da questo le attenzioni necessarie e le scelte vengono di conseguenza, naturalmente direi ,per usare un termine caro a chi lavora con le piante, l'olio e il  benessere proprio che e' sempre anche quello degli altri. Si faceva l'esempio del vino, ottimo. Facciamo come fanno i vignaioli il Francia ai quali se chiedi del loro vino ti parlano delle grandi qualita' del vino del loro vicino. In questo modo si diffonde qualita' , senso di essere circondati dalla qualita' . In un gioco di questo tipo i furbi  che non accettano la regola della cooperazione reciproca avranno vita breve, non serviranno  alla evoluzione del settore e della vita unta e si autoelimineranno. Sono idealista , utopico, troppo ottimista, pazzo, ma se tutti fossimo pazzi la pazzia non esisterebbe.  Il primo passo va fatto verso il nostro interno e nel capire come e perche' siamo fatti in un certo, fantastico e precisissimo modo, il resto accadra'...inevitabilmente. Giorno bello a tutti.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
20 febbraio 2012 ore 10:10

Gentile Maria Anna, innanzi tutto bisogna decidere di volere disputare il campionato, e costruire "una" squadra. La più nobile sarebbe quella dei DOP veri, quella che appare dall'esempio dei pochi giocatori coscienti di giocare un campionato d'elite. Sono abituato all'apprezzamento delle qualità, se conservate e valide, quelle delle DOP potrebbero essere sostenute da un coro di tifosi che riesca a farsi sentire dopo tanti anni d'incertezze. Se non roviniamo e non diluiamo la sua energia latente con i soliti burocrati approfittatori e restiamo fedeli al "Made in Italy dei contadini", cioè della verità naturale di prodotto, potrebbe diventare una squadra "bella", "buona", "sincera" e mantenersi all'apice di "buona e sana alimentazione", piacevole, con spiccata libertà di personalità e amore della tavola.
Un sogno? Eppure Balsamico naturale di Modena e Reggio Emilia tra gli aceti, non convivono con aceti "decreto legge" di cui tanta parte del mondo si diletta, con differenze di prezzo d'accesso con per un buon olio? L'alleanza per una nicchia d'elezione? Un mercato ristretto? Cominciamo a conservare queste nicchie, con la dignità della cucina che non dobbiamo inventare perchè forse, sta trovando finalmente la strada della squadra: al di la dei carrozzoni, un buon numero di maestri di cucina hanno imparato a parlare, a confrontarsi, a presentarsi. E lo potremmo fare anche a casa degli spagnoli, ancora lontani dal'avere scoperto il gioco seducente del'olivo. Mi auguro che le generazioni giovani possano godere per il piacere di mettere anche una strategia naturale di seduzione in campo e giocare la propria fantasia e bellezza.
Non solo con annunci in Spagna, ma in ogni parte del mondo a questo punto! Mi piacerebbe una filiera dignitosa, ma soprattutto "bella" e "invidiabile", anche con la civetteria delle più belle farfalle!

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
20 febbraio 2012 ore 08:54

Gentilissimo dott Lo Scalzo
ottimo commento e affermazione,si puo' andare anche a giocare nel territorio altrui,
allora se dobbiamo aspettare le calende greche per costruire una filiera dignitosa
che unisce il meglio delle esperienze e produce un condimento altrettanto onorevole
senza perdersi in discorsi evasivi ,cosa dobbiamo fare mettere un annuncio sui giornali spagnoli?

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
18 febbraio 2012 ore 17:40

Caro Luigi, ho appena commentato il dibattito lanciato da Grimelli riguardo all'olio di nicchia e alla volontà di fare squadra per mantenerlo negli scaffali della DO e nelle nicchie di buon olio dei piccoli produttori. Accontentare tutte le richieste per definire quale sia la "vera squadra" è lavoro senza fine e senza gratificazione di risultati. Ciascuno potrebbe fare squadra nel proprio territorio, anche andando a giocare nel territorio altrui, in trasferta. E' evidente che l'obiettivo non può esser lo stesso, per la produzione e la soddisfazione del consumatore, ma debba essere adattato al tipo di "consumatore". Un conto è la promozione come "condimento" altro è la promozione come "il più gustoso, prezioso e salutare condimento", caso per caso, ricetta per ricetta, stile di cucina per stile di cucina. Il programma deve essere programma di squadra, i compiti possono essere svolti "campanile per campanile", dalla serie D alla A, dai tornei a 6 alla coppa del mondo. Tutto in un quadro che oggi ci conviene, quello del Made in Italy: del design della moda, della musica, della cucina e della salute, quindi delle diete e dell'olio, crudo fin da piccoli, ricetta per ricetta per i grandi. E' stato fatto ricuperando due secoli nel vino. La strada è simile. Il vino per i grandi, l'olio soprattutto per i ragazzini come un bel gioco e per gli anziani come elisir di salute e gusto.
TN ha infilato il sentiero corretto, più di uno. Ha bisogno solo di poter fare riferimento costante ad una strategia. Non è semplice, ma si riesce a porre in pratica, a IMPLEMETARLA con convinzione: ha anche la scienza e la religiosità dalla sua parte, oltre a storia, paesaggio, ambiente, varietà, divertimento, sensazioni, gioco e divertimento non solo goloso. Per uomini e donne, giovani e maturi, marinari e montanari, laici e credenti: cominciamo da pane e olio e affrontiamo la sfida del Cotto e Crudo, il mito riscoperto come materia ricca di scienza da Claude Levi Strauss, vissuto per un secolo più un anno... da poco non più tra i vivi.

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
18 febbraio 2012 ore 08:17

Buongiorno
dottor Caricato,sono contenta che torniate a parlare nella vostra rubrica di fare squadra
nel settore olivicolo,sono gia' tre anni che invito i produttori della mia zona a fare
squadra,coinvolgendo ,commercialisti,amministratori,associazioni di categoria,che si interessano alla cosa,iniziano a parlare ma i produttori nicchiano,e mi creda ci sono cose concrete nel piatto da offrire a fronte della loro produzione o buona volonta' di aderire,ma il pregiudizio che contraddistingue per natura il mondo agricolo,li porta a pensare che io voglia ricavare un beneficio senza portarne ad altri,le sarei grata se mi aiutasse ad approfondire questo argomento ,