Salute 27/07/2018

Tassare i junk food per educare il consumatore è un autogol

Tassare i junk food per educare il consumatore è un autogol

Le linee guida mondiali stanno abbandonando il vecchio concetto basato sull’attenzione ai nutrienti e si stanno giustamente spostando verso gli alimenti e i modelli alimentari. Ipotesi di schemi di deterrenza al consumo di alcuni alimenti basati sulla tassazione, oltre che diseducativi, sono incoerenti con l’educazione alimentare e con le conoscenze attuali nel campo della nutrizione


Hanno suscitato clamore sui media e una vera e propria levata di scudi a livello nazionale le notizie circolate nei giorni scorsi, secondo le quali anche prodotti tipici italiani, simbolo della nostra tradizione, come l’olio d’oliva, il parmigiano e il prosciutto sarebbero finiti nel mirino della campagna contro grassi, sale e zuccheri, con tanto di etichette dissuasive e possibile tassazione. Il CREA, il più importante ente italiano di ricerca sull’agroalimentare, incaricato per l’Italia di elaborare le Linee Guida per una Sana Alimentazione italiana (le uniche indicazioni istituzionali in materia dirette alla popolazione sana) rende nota la sua posizione ufficiale in merito in un documento pubblicato in versione integrale sul sito istituzionale www.crea.gov.it e di cui, a seguire, si riportano in sintesi i punti salienti.

Una dieta salutare oltre a prevenire sovrappeso e obesità, previene soprattutto l’insorgenza delle malattie cronico-degenerative, ed è in tal senso che si focalizza, da sempre l’impegno delle istituzioni nazionali ed internazionali, con politiche per la riduzione delle principali fonti di calorie, grassi, sale, alcol e zuccheri. Attenzione, però: la ricerca in quest’ambito ha pressoché unanimemente stabilito che è il pattern dietetico nella sua globalità ad essere protettivo per la salute, più che un singolo alimento o addirittura un singolo ingrediente.

Di fatto, anticipando alcune raccomandazioni delle prossime Linee Guida italiane per una sana alimentazione, che sono basate sul modello alimentare mediterraneo, emergono chiaramente posizioni analoghe a tali indicazioni internazionali:

•Una dieta salutare è quella basata sulle componenti vegetali, per cui è importantissimo promuovere in tutte le fasce di età il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e legumi, in considerazione del loro ruolo per la protezione della salute.

•È opportuno riequilibrare il consumo di prodotti quali carne, formaggi e, in genere, di tutti gli alimenti ad elevata densità energetica. In una dieta, la cui base sia costituita da frutta, verdura, cereali integrali e legumi, possono entrare anche tutti gli altri alimenti, proprio perché non ci sarà così tanto spazio da consentire gli eccessi.

•È necessario limitare la assunzione di fonti di zuccheri, sale, alcol e grassi.

In questo quadro, quindi, c’è spazio per tutto, senza la demonizzazione o la preclusione di alimenti specifici, anche perché non esiste - né può esistere - l’alimento nutrizionalmente perfetto in sé. L’equilibrio complessivo della dieta - e il corretto stato di salute che ne deriva - richiede il concorso di una vasta serie di alimenti, alcuni dei quali possono essere molto ricchi di grasso, altri di sale ed altri ancora di zucchero, che però si diluiscono all’interno di una dieta globale, integrandosi e fondendosi per dare tutto il ventaglio possibile di nutrienti.

Ovunque nel mondo, le Linee Guida stanno abbandonando il vecchio concetto basato sull’attenzione ai nutrienti e si stanno giustamente spostando verso gli alimenti e i modelli alimentari.

Per quanto detto finora, ipotesi di schemi di deterrenza al consumo di alcuni alimenti basati sulla tassazione, oltre che diseducativi, sono incoerenti con l’educazione alimentare e con le conoscenze attuali nel campo della nutrizione. Occorre invece lavorare di più sul fronte dell’informazione e dell’educazione alimentare. Vi è una chiara dimostrazione del fatto che maggiore è la consapevolezza della gente sulle relazioni tra alimentazione e salute e migliore è lo stato di nutrizione delle popolazioni. Questo sia perché chi è più informato risulta meno influenzabile da proposte miracolistiche di diete alla moda, sia perché una maggiore attenzione dei consumatori nei confronti dell’alimentazione induce anche i produttori a prestare molta più cura nella qualità, salubrità e sostenibilità degli alimenti immessi sul mercato. Quindi scelte alimentari più consapevoli possono essere favorite anche da una corretta etichettatura - chiara ed adeguatamente informativa - basata sulle porzioni realmente consumate e che non induca in errore il consumatore con una troppo facile categorizzazione degli alimenti in buoni o cattivi.

Dobbiamo puntare al miglioramento complessivo della dieta, con azioni mirate alla promozione di quegli alimenti (frutta, verdura, cereali integrali e legumi) il cui consumo è in grado di togliere spazio ad altri prodotti, senza però dovervi rinunciare e senza quindi privarsi delle loro proprietà benefiche, come invece potrebbe accadere se si adottasse una politica di categorizzazione o tassazione. Ma c’è di più: se si considera che le classi di reddito più basse sono quelle più a rischio, una politica basata sul disincentivo fiscale di alcuni prodotti potrebbe risultare altamente regressiva, acuendo il problema anziché attenuarlo. Sarebbe invece interessante sperimentare campagne di educazione alimentare associate a forme di accesso agevolato a schemi di dieta corretti, che consentano soprattutto ai nuclei familiari meno abbienti di spostarsi su regimi dietetici ottimali, partendo dalle azioni già adottate a livello europeo con le iniziative di Frutta, Verdura e Latte nelle Scuole e integrandole con agevolazioni per favorire l’attività fisica e il consumo di cibi sostenibili e di qualità.

di C. S.