Italia 15/07/2020

Gli italiani puntano sull'agricoltura per la ripresa dell'economia nazionale

Gli italiani puntano sull'agricoltura per la ripresa dell'economia nazionale

Quasi nove italiani su dieci pensano che l'agricoltura sia un settore produttivo che, grazie all’attività di imprese e agriturismi, offre ampi margini di crescita e ripresa economica ma si approvvigionano ai discount


Gli italiani nel post Covid-19 pensano che l’agricoltura sarà motore per la creazione di nuovi posti di lavoro, anche per i giovani.

Infatti, secondo l’89,2% degli italiani si tratta di un settore produttivo che, grazie all’attività di imprese e agriturismi, offre ampi margini di crescita e ripresa economica. Basti pensare al ruolo attivo ed essenziale avuto nel periodo di lockdown nel garantire i rifornimenti alimentari agli italiani costretti a rimanere chiusi in casa. Buone prospettive, poi, anche sul fronte. come detto- della creazione di nuova occupazione: per l’87,9% degli italiani nel post Covid-19 l’agricoltura sarà motore per la creazione di nuovi posti di lavoro e di opportunità di fare impresa, anche per i giovani. La pensano così l’87,5% dei residenti nel Nord-Ovest, l’88,2% nel Nord-Est, l’85,6% nel Centro e l’89,5% nel Sud-Isole.

A rilevarlo è il Rapporto dell’Osservatorio Enpaia-Censis, avviato prima dell’emergenza sanitaria e dal quale emerge la convinzione da parte degli italiani che l’agricoltura non è più il mondo residuale che l’ha caratterizzata in passato e all’arrivo della pandemia si dimostra in buona salute, dinamica e vitale, strategica per l’economia italiana, il turismo e lo sviluppo occupazionale tra i giovani. Un mondo di 732 mila imprese attive, quasi 900 mila addetti, 44 miliardi di euro di export con +26,2% reale nel 2014-2019 (+15,9% del totale economia). In particolare, il 96,1% degli italiani reputa l’agricoltura importante per l’economia italiana, l’86,5% la considera fonte essenziale di posti di lavoro e il 90,9% la ritiene utile per la promozione e l'attrattività turistica dei territori.

Ma gli italiani hanno pesanti difficoltà economiche. Ad oggi, il 45% di loro dispone di cash per restare a galla solo per tre mesi, acquistando prodotti essenziali e pagando debiti ineludibili. Sono 7,5 milioni le persone che nell’emergenza sanitaria hanno chiesto e ottenuto aiuto economico da familiari o amici. Inoltre, 1 milione di italiani ha subito un calo del 50% dei propri redditi e pensa di ritrovarsi con zero risorse entro un anno. Il blocco delle attività di somministrazione durante il periodo di permanenza forzata a casa, rileva l’Osservatorio, ha prodotto il crollo della spesa per alberghi, ristorazione, esercizi pubblici, con un -34 miliardi di spesa stimati a fine anno (-40% reale su base annua), parzialmente ammortizzati dall’incremento atteso di circa 10 miliardi di euro (-6 % reale) della spesa per consumi domestici. Il saldo negativo finale è comunque un colossale -24 miliardi a fine anno (-10% reale).

Si evidenzia che Il post Covid-19 ha così creato nuove abitudini nel rapporto con il cibo e i consumi alimentari. Gli italiani hanno cominciato a risparmiare di più, ricorrendo ai discount (+18%) e agli ipermercati (+3%) ed è cresciuta l’attenzione sociale al cibo, con il 25% degli italiani (41,8% tra i 25-34enni) che ha dedicato più tempo a colazione, pranzo e cena, ed il 32% che vi ha dedicato più tempo del solito, con quote analoghe tra maschi e femmine. Di particolare interesse, l’incremento di attenzione sociale per cibo e cucina dei millennial, inclusi i maschi. In questa situazione di emergenza, secondo l’Osservatorio, nel post Covid emerge un nuovo importante ruolo dei prodotti ‘made in Italy’: il 91% è pronto ad acquistare più alimenti di produzione italiana, dal vino ai formaggi, per la qualità, per la sicurezza e per solidarietà ai nostri agricoltori. Rivalutata, inoltre, anche la necessità di una maggiore trasparenza: l’89% degli italiani punterà su alimenti la cui etichetta rende evidente origine, ingredienti, lavorazione, cioè prodotti con una tracciabilità trasparente. Lo faranno di più millennial (86,7%), laureati (86,3%) e bassi redditi (94,6%), e in ogni caso la tracciabilità si imporrà sempre più come criterio regolatore generale dei nuovi consumi alimentari.

di C. S.