Economia 30/09/2016

Il vino italiano sempre più forte fuori dall'Unione europea

Secondo l'Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies e Nomisma Wine Monitor, che si è basato sui dati dell'Agenzia delle Dogane, i Paesi Terzi rappresentano ormai il 56% del valore del nostro export vitivinicolo


L’export verso i Paesi terzi rappresenta in valore il 56% del nostro vino (e non il 48%); in Russia si registra il 154% di vendite in più rispetto alle tabelle indicate dal nostro istituto nazionale di statistica, mentre gli Stati Uniti sommano importazioni di vino made in Italy per 1,53mld di euro, e non per 1,26mld. È, in sintesi, il quadro che emerge dall’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies e Nomisma Wine Monitor, che ha analizzato i dati import delle dogane di tutto il mondo e li ha confrontati con le statistiche di Istat (e di Eurostat). E se il risultato complessivo non cambia – con il record di vendite di vino italiano nel mondo che rimane fissato nel 2015 a 5,35mld di euro in valore – si invertono però notevolmente i fattori, con l’extra-Ue che per la prima volta supera e stacca la domanda di vino comunitaria, a quota 56% sul totale delle vendite e un valore di 3mld di euro. Molto più di quanto si evince analizzando i dati di Eurostat secondo cui i Paesi terzi valgono il 48% delle vendite, per un valore di 2,57mld di euro. Non solo. Se si prendono in considerazione i primi 7 Paesi buyer (Usa, Svizzera, Canada, Russia, Giappone, Norvegia, Cina), a fronte di trend più o meno invariati, i dati delle dogane – che tengono conto del Paese di origine e non di provenienza – segnalano valori acquistati maggiori del 20% (la differenza è di 461mln di euro). La Russia in particolare – al settimo posto nelle tabelle Istat – balza al quarto posto e modifica il proprio impatto sul mercato del 154%, passando da 71 a 181mln di euro di prodotto italiano importato. Anche gli Stati Uniti e la Norvegia riservano un ‘sovrappiù’ di mercato non indifferente, con il nostro top market che vale 265mln di euro in più (21%) rispetto ai calcoli nazionali, mentre la domanda norvegese passa da 95mln a 126mln di euro (32,2% in più). La riprova per l’Osservatorio arriva analizzando i dati di alcuni Stati non proprio produttori ma soggetti a triangolazioni, come i Paesi Bassi. Qui è quasi tripla la differenza tra l’export segnalato da Eurostat (219,9mln di euro) e le importazioni registrate dalle dogane di vini provenienti dalle terre olandesi (74,6mln di euro), con risultati pressoché identici per l’imbottigliato.

“Questa rilevazione conferma tutta la vivacità della domanda del nostro vino nel mondo, in particolare nei Paesi terzi – ha detto Silvana Ballotta, Ceo della società esperta in internazionalizzazione del vino, Business Strategies –. Grazie all’attività di promozione, realizzata da 9 anni anche attraverso gli strumenti comunitari dell’Ocm, le nostre esportazioni extra-Ue sono passate dal 2007 a fine 2015 dal 49% al 56% e rappresentano la maggior parte delle vendite di vino italiano all’estero”.

“La differenza più rilevante tra i due sistemi di rilevazione – spiega il responsabile Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini – è metodologica e deriva dal fatto che nel caso di Eurostat (e di Istat) le merci che riguardano il commercio vengono registrati secondo una metodologia chiamata Intrastat, la cui differenza principale sta nel rilevare come Paese di importazione quello di provenienza e non di origine, come invece fanno le dogane”. Così se il nostro vino per andare a Mosca passa da Rotterdam ma non viene immesso nel mercato olandese (non viene sdoganato), per il sistema Intrastat è comunque quest’ultimo il Paese buyer e non la Russia, la cui dogana tiene invece conto dell’origine e non della ultima provenienza della merce.

di C. S.