Cultura 14/09/2013

Nel 1986 nascevano i Barolo Boys. Un film per celebrarne le virtù

Anime ribelli che dopo lo scandalo del vino al metanolo si sono rimboccati le maniche portando le Langhe nel modo ma che vivono nei vigneti


Se n’è parlato molto in Italia e all’estero. Se n’è discusso su riviste specializzate e non.

Si può dire che sia anche merito loro se la nascente galassia dei blog di settore ha avuto e continua ad avere materiale e argomenti di dibattito pressoché infinito.

Sono i “Barolo Boys”, la generazione di contadini di Langa che, praticamente sconosciuta fino alla fine degli anni Ottanta, ha cambiato modo di interpretare e comunicare il più famoso vino rosso piemontese, diventando star incontrastata per tutti gli anni Novanta e consolidando il successo barolista sui mercati di tutto il mondo fino ai giorni nostri.

Tu chiamali, se vuoi, “modernisti”: nella lunghissima e a tratti estenuante contrapposizione con il Barolo della tradizione, i Barolo Boys hanno incarnato il cambiamento, la volontà di rottura col passato, il nuovo corso agronomico e tecnico della vitivinicoltura. Un po’ rivoluzionari, un po’ rottamatori.

Qualche nome? Elio Altare, Giorgio Rivetti, Roberto Voerzio, Chiara Boschis, Elio Grasso. E tanti altri.

Ma andiamo con ordine.

Langhe, Piemonte meridionale, estate 1986.

A due mesi dallo scandalo del metanolo che ha sconvolto il mondo del vino, il 5 giugno una devastante grandinata spazza via i migliori vigneti della zona del Barolo, mettendo in ginocchio un settore già provato.

Per un manipolo di giovani e visionari produttori è giunto il momento di reagire: bisogna rompere con l’immobilismo dei padri, aprirsi al confronto esterno e stabilire un nuovo patto con la terra.

Due i gesti simbolici ed eclatanti che segnano uno spartiacque nel piccolo mondo langarolo: i primi diradamenti in vigna (il taglio estivo dei grappoli per consentire una migliore maturazione dei frutti rimasti sulla pianta) e l’introduzione in cantina della piccole botti di rovere francese – le barrique – al posto delle esauste, grandi vasche di legno.

Nel 1990 il New York Times userà l’espressione Barolo Boys per descrivere questi piccoli vignaioli ambiziosi e ribelli.

È il segno inequivocabile della scommessa vinta, ma è soprattutto la fine di un’epoca, ed è tutt’altro che indolore: alcuni dei protagonisti di questa rivoluzione pagano con la scomunica da parte dei patriarchi, mentre il fronte dei produttori tradizionalisti si pone come alternativa ideologica e stilistica, mettendo al centro della contesa la questione della vera identità del Barolo.

Quelli che seguono sono, in ogni caso, anni di escalation inarrestabile: successo, fama e ricchezza arrivano sulle colline che furono della malora e dell’abbandono; poi, negli anni Duemila, questioni ambientali, tecniche ed etiche irrompono ancora una volta nel dibattito e mettono a dura prova lo spirito di squadra e l’entusiasmo travolgente dei primi tempi.

Che cosa resta di quell’esperienza? Chi sono e che cosa fanno, oggi, i Barolo Boys?

Come escono dai lunghi anni di sfide e visioni contrapposte che hanno profondamente segnato le Langhe del vino? Ha senso parlare di vincitori e sconfitti?

Questi e altri interrogativi sono al centro del film Barolo Boys. Storia di una rivoluzione, in uscita nella primavera del 2014, che racconterà per la prima volta in forma cinematografica genesi e sviluppo della più importante trasformazione economica, culturale e sociale avvenuta in Piemonte nello scorcio finale del secolo scorso.

Dando la parola ai protagonisti, il film narrerà la nascita del Barolo come fenomeno enologico planetario e l’affermazione delle Langhe come territorio di eccellenza. Ci saranno i vignaioli (i modernisti, ma non solo) e ci saranno i soggetti che a vario titolo hanno inciso nella vicenda: critici e opinion leader come Carlin Petrini, importatori (uno su tutti: il celebre italo-americano Marc de Grazia), ristoratori, enologi, bottai.

La pellicola mostrerà i personaggi in azione tra vigneti curati come giardini e cantine in alcuni casi avveniristiche, raccogliendo dalla loro viva voce attese, sogni e difficoltà di un’impresa che, a leggerla in filigrana, può diventare metafora di un territorio, un’epoca o un intero Paese.

Nato da un’idea dello scrittore Tiziano Gaia e del regista Paolo Casalis (entrambi originari dell’Albese) e prodotto dalla Stuffilm Creativeye di Bra, Barolo Boys. Storia di una rivoluzione ha già incassato importanti appoggi in sede di pre-produzione, primo tra tutti il supporto della Film Commission Torino Piemonte.

A Cheese il progetto sarà presentato nel salotto letterario di Slow Food Editore e nell’occasione saranno mostrati in esclusiva alcuni estratti delle riprese, che si concluderanno a novembre 2013.

Insieme agli autori, ne parleranno alcuni dei protagonisti, critici e giornalisti, tra cui Giancarlo Gariglio, curatore di Slow Wine, e Gigi Garanzini.

Al termine si brinderà con Barolo 2009 offerto dall’A.S.D. Barolo Boys di Monforte d’Alba, squadra di calcio dilettantistica che da anni abbina sport, cultura e promozione del territorio.

di C. S.