Mondo Enoico 20/04/2016

Il genome editing è la strada per una viticoltura sostenibile del futuro

Partito il progetto per salvare 500 varietà di vitigni provenienti dalla Georgia, la più grande riserva genetica al mondo. Salvano il ricco germoplasma autoctono è possibile guardare con maggiore speranza al futuro, studiando le caratteristiche genetiche


Poiché è vero che l’innovazione è fondamentale per essere competitivi in un mercato sempre più globale, e che l’Innovazione deriva dalla conoscenza che a sua volta scaturisce dalla Ricerca, allora Università e Imprese hanno necessità di dialogare e collaborare sempre di più. In particolare se parliamo di viticoltura, costretta a fare i conti con emergenze sanitarie, gli effetti di stress idrico e salinità dei suoli dovuti al cambiamento climatico, ma anche con la necessità di ridurre gli input energetici in un’ottica di sostenibilità.
Claudio Quarta, che ha dedicato molti anni alla ricerca nel campo della genetica umana e biofarmaceutica prima di divenire “Vignaiolo”, questo dialogo costruttivo lo ha avviato da tempo, insieme al team universitario dei professori Attilio Scienza e Osvaldo Failla della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano, con la prospettiva di andare oltre il concetto di “sostenibilità”, ritenendo che questa non sia sufficiente per non compromettere i bisogni delle generazioni future, alle quali devono essere consegnate nuove opportunità e condizioni migliori delle attuali. E per far questo occorre produrre conoscenza, attraverso la ricerca. Si deve parlare quindi, secondo un termine coniato dallo stesso Quarta, di “incrementabilità” e pertanto, non solo di “Sviluppo Sostenibile” (SS) ma di “Sviluppo Incrementabile” (SI). Dove SI = SS + Nuova Conoscenza, da cui deriverà Innovazione nelle tre aree della sostenibilità: Ambientale, Sociale, Economica.

Sono due i progetti al centro di questa collaborazione. Il primo riguarda il vigneto di Tenute Eméra, la seconda cantina pugliese di Claudio Quarta, a Marina di Lizzano, in provincia di Taranto, dove è stato realizzato un bacino straordinario di biodiversità (probabilmente il più esteso al mondo), portando in salvo 500 varietà di vitigni provenienti dalla Georgia, la più grande riserva genetica al mondo, dove attualmente sono presenti 900 varietà sopravvissute all’erosione di un patrimonio che contava in origine ben 8000 vitigni.
È stato il professor Scienza ad illustrare il progetto, in occasione dell’ultimo Vinitaly, nello stand di Quarta, spiegando anche le peripezie percorse per far giungere in Italia le viti e salvarle dall’estinzione a cui sembravano ormai destinate, anche come conseguenze dei cambiamenti geopolitici in Georgia ed Unione Sovietica.

“Il vigneto di Eméra – ha detto Scienza – è una collezione che stiamo studiando per capire l’adattabilità agli ambienti meridionali. Queste varietà hanno un grande pregio, poiché sono state moltiplicate per generazioni con il seme e non per talea, e questo ha determinato una enorme espressione delle caratteristiche varietali. Nell’interazione con l’ambiente il viticoltore, selezionando le piante ha ottenuto un miglioramento qualitativo. Nel corso delle generazioni e dei cambi climatici sono state selezionate piante molto più tolleranti delle nostre, poiché costrette a temperature e condizioni difficili del terreno, e si sono sviluppate piante resistenti alle malattie. Alcune varietà di vitis vinifera tollerano lo Oidio e la Peronospora e per noi rappresentano una grande ricchezza, poiché stiamo sequenziando i geni contenuti nei cromosomi che non appartengono alle specie americane, utilizzate di norma per verificare le resistenze, ma sono dei geni espressi dalla vitis vinifera, che attraverso la tecnica del “genome editing” possiamo prendere e ricollocare all’interno delle nostre varietà e, dunque, non immettere più “sangue” (patrimonio genetico, ndr) americano ma solo sangue di vitis vinifera. E questo è un grande progresso. Eméra è un grande laboratorio, in cui abbiamo attrezzato anche una cantina di microvinificazione, operativa dallo scorso anno e che consentirà di essere più precisi nelle microvinificazioni: una grande palestra di esperienze, che vorremmo utilizzare per reagire al cambio climatico e alle conseguenze di questo sulle nostre varietà”.

Cambiamenti climatici ed effetti sulla viticoltura anche nel secondo progetto di Ricerca “Wine Graft – I nuovi Portinnesti” che vede Claudio Quarta affiancato alle più importanti realtà produttive italiane, tra le quali Ferrari, Banfi, Zonin, Albino Armani, con il team di Scienza.

Le diverse esigenze espresse da nuovi modelli viticoli, le conseguenze determinate dal cambiamento climatico sulla fisiologia della pianta e l’estendersi di fenomeni di salinità dei suoli, hanno evidenziato la sostanziale inadeguatezza dei portinnesti tradizionali e la conseguente necessità di creare nuovi genotipi aventi altre caratteristiche di resistenza. Dagli inizi degli anni ’80 un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano coordinati dal prof. Attilio Scienza, avvia una ricerca orientata ad ottenere portainnesti migliorativi rispetto a quelli utilizzati, capaci di tollerare la siccità e resistere ad elevati tenori di calcare attivo nel terreno, raggiungendo nel giugno del 2014 l’ambizioso obbiettivo di iscrivere ben 4 nuovi portainnesti nel Registro Nazionale delle varietà della Serie “M” come “Milano”: M1, M2 M3 e M4.
“L’obiettivo – ha spiegato Scienza - è ora sviluppare una nuova generazione di portainnesti molto più adatta alle condizioni di stress. Il sogno è quello di realizzare un solo portainnesto, ideale per tutti gli ambienti. Un sogno che potrebbe vedere la luce nel giro di 20-25 anni e che possiamo coltivare grazie al ruolo svolto dai viticoltori nell’accettazione dell’innovazione genetica. Il nostro problema di fondo è costituito dalla difficoltà antropologica dell’opinione pubblica di accettare l’innovazione genetica, che genera ancora molta paura. Le cose stanno finalmente cambiando, l’innovazione è stata possibile grazie a queste aziende che si sono messe insieme, che hanno voluto rischiare finanziando le nostre ricerche”.

“Quest’anno – ha concluso il prof Scienza - sono pronte le nostre prime 40mila barbatelle che piazzeremo in 40 aziende dalla Sicilia al Trentino, per avere confronti molto più ampi rispetto al passato, con la speranza che questi portainnesti possano dare un contributo alla viticoltura che più sta soffrendo per il cambio climatico, e fornire un vantaggio economico ai viticoltori. Questi portainnesti sono stati richiesti da moltissimi operatori francesi e spagnoli, interessati perché questa ricerca rappresenta la autentica novità dopo 100 anni dai primi portainnesti in Europa”.

di C. S.