L'arca olearia 29/06/2018

Se i caporalmaggiori fanno il prezzo dell'olio extra vergine d'oliva

Se i caporalmaggiori fanno il prezzo dell'olio extra vergine d'oliva

Idee e soluzioni dal basso, per ricreare un nuovo modello olivicolo che possa permettere anche alle giovani generazioni di coltivare l'olivo. La prima proposta giunge dalla Sardegna, con un marchio collettivo, la DopE


Per l’olio extra vergine di oliva (EVO) come per quasi tutti i generi alimentari, sono i caporal maggiori a fare il ”prezzo”, con questo appellativo accomuno la classe politica, la Grande Distribuzione, i grossisti e gli imbottigliatori, ben coadiuvati dai frantoiani e dagli stessi olivicoltori.

La soluzione deve essere comune e partire dal basso, dagli olivicoltori che devono fortificare le aggregazioni esistenti e crearne delle nuove, dotarle di capitali finanziari, perché in questo modo dimostrano di credere nell’ aggregazione e le rendono solide, per cui sono ben viste dal sistema bancario.

Gli agricoltori/olivicoltori devono smetterla di considerare il trattore, o per meglio dire la motrice, uno status simbol, ma per quello che è, un attrezzo che deve migliorare la redditività dell’ impresa agricola, effettuando una attenta analisi costi /benefici prima di comprarlo.

Bisogna puntare sul miglioramento continuo della qualità del prodotto, l’olio EVO è una speciality da sempre, lo dice la storia e lo dicono anche i numeri solo il 4% dei grassi alimentari che si consumano nel mondo sono spremitura di olive. La maggiore parte di questo 4% è consumato dai paesi produttori del bacino del Mediterraneo.

Si parla da troppo tempo di eccellenzama non si riesce a trovare un accordo su un marchio condiviso, prendiamo ad esempio i viticoltori, per salvaguardare le eccellenze dopo la D.O.C hanno creato la D.O.C.G per l’olio EVO di eccellenza possiamo creare la D.O.P.E Denominazione Origine Protetta ed Eccellente con parametri molto più stringenti rispetto alla D.O.P per esempio acidità entro lo 0,3 e voto panel non inferiore a 8,5.

Tutto questo non è sufficiente se non educhiamo le nuove generazioni ed i “continentali” ad apprezzare l’olio EVO, non convinciamo la politica ad investire nella filiera olivicola, facendo proprio l’assioma più olio EVO si consuma più si abbassano le possibilità di contrarre malattie, questo, nel tempo, porterà ad una minore spesa sanitaria. Bisogna convincere la Grande Distribuzione che considerare l’ olio EVO una commodity è un non sens si buttano a mare millenni di storia dove l’ olio era considerato cosa preziosa.

La Comunità Europea potrebbe fare la sua parte, acquistando sul mercato ingenti quantità di olio EVO da utilizzare per le mense dei poveri e per l’ educazione alimentare nelle scuole e per le forniture alle mense ospedaliere, specie nel “continente europeo”, un intervento di questo genere avrebbe molte ricadute positive, per l’ olivicoltura dell’ intero bacino del mediterraneo, facilmente ipotizzabili, da un rialzo dei prezzi generalizzato dell’ olio, che porta ad un miglioramento dei bilanci aziendali e di conseguenza alla bancabilità delle aziende che a questo punto sono in condizioni di investire, ad un miglioramento dei bilancio degli stati del nord africa che esportano in europa olio a dazi agevolati, ad una minore risentimento degli olivicoltori europei verso le importazioni a dazio agevolato.

di Mario Tirotto

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