L'arca olearia 29/08/2014

Olio d'oliva: per sapere se è buono per la tua salute basta una sniffata

Anche un consumatore non particolarmente esperto può, attraverso alcuni semplici ed immediati parametri sensoriali, individuare quale olio d’oliva ha una valenza nutraceutica, guadagnandoci in salute e in gusto


Valutare la qualità dell'olio d'oliva è  il quesito che molti consumatori pongono agli esperti del settore per orientare le loro scelte verso quei prodotti che soddisfano, oltre l’aspetto organolettico, anche quello nutrizionale in generale e salutistico in particolare.

olio d'olivaL’alimento quasi come una medicina
Sono sempre più i consumatori che scelgono quei prodotti alimentari che, oltre a gratificare il palato, svolgono nell’organismo anche una funzione salutistica. In sintesi il prodotto non solo deve piacere, ma anche fare bene e questo aspetto, che fino a qualche tempo fa era secondario, oggi, in molti casi, è addirittura diventato principale. Non è raro sentire qualche consumatore che si lascia andare a commenti del tipo “ si dice che fa bene per cui me lo faccio piacere”.
In particolare l’olio d'oliva extravergine è un prodotto straordinario la cui funzione nell’organismo va ben oltre l’aspetto nutrizionale legato all’apporto di sostanze grasse non solo di qualità, ma anche essenziali. Il dottor Stephen De Felice, medico statunitense di origine italiana, ha creato un neologismo definendo l’extravergine un prodotto nutraceutico, termine geniale che deriva dalla unione delle parole "nutrizione" e "farmaceutica", alludendo proprio al fatto che l’extravergine ha una funzione nell’organismo che va ben oltre quella nutrizionale, costituendo anche un potente fattore di prevenzione del rischio derivante da diverse patologie degenerative dell’apparato cardiovascolare. E non solo, altri studi hanno dimostrato la sua efficacia nel prevenire alcune patologie metaboliche e anche un valido fattore di prevenzione di alcune formazioni tumorali. E’ legittimo chiedersi, visto che molti consumatori si pongono il problema, se queste straordinarie doti attribuite all’extravergine siano reali o piuttosto il frutto di una abile campagna pubblicitaria creata ad hoc per incentivare le vendite. Le prove sperimentali condotte in questi ultimi 20 anni hanno dimostrato che la fama di alimento “funzionale”, attribuita all’extravergine è assolutamente meritata. Sono talmente reali le doti salutistiche attribuite all’extravergine che l’EFSA (Agenzia europea per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma) ha riconosciuto la possibilità di riportare in etichetta, in maniera facoltativa, 3 claim salutistici.

I composti presenti nell’extravergine capaci di esaltare gli efetti salutistici
Innanzi tutto la sua composizione acidica. E’ straordinario constatare quanto la componente grassa del latte materno sia simile a quella dell’olio d'oliva extravergine. I principali rapporti tra gli acidi grassi (insaturi / saturi e tra i monoinsaturi / polinsaturi ecc.) sono del tutto compatibili fra di loro. Ecco spiegato il motivo dell’altissima digeribilità dell’extravergine, prodotto riconoscito dall’organismo come elemento che fa parte integrante della composizione cellulare. In particolare l’elevata presenza di acido oleico, che negli oli di qualità supera il 70/72% della composizione acidica totale con punte vicine all’80%, è uno dei fattori salutistici più importanti.

All’acido oleico sono legate le seguenti funzioni regolatrici dell’organismo:
- effetto “enterogastronico”: inibitore della secrezione acida dello stomaco;
- fattore di elongazione del tempo medio della coagulazione del sangue senza però azione antiaggregante delle piastrine;
- composto “plastico”, specialmente per la maturazione delle fibre nervose neonate e nella crescita delle ossa lunghe;
- modesta azione preventiva sull’insorgenza della trombosi;
- capacità di ridurre l’immagazzinamento nelle LDL (lipoproteine a bassa densità comunemente conosciute come colesterolo cattivo) di acido linoleico, determinando pertanto una diminuzione dei mediatori lipidici pro infiammatori.
- buon livello di digeribilità ed assorbimento intestinale dell’acido oleico rispetto ad altri acidi grassi molto abbondanti in oli vegetali utilizzati per la preparazione di prodotti alimentari.

olio di oliva

Recentemente il prof. Massimo Cocchi dell’Università di Bologna ha inoltre messo in luce che un basso livello di acido oleico nelle piastrine circolanti, è marker della patologia cardiovascolare ischemica e di una patologia depressiva e che l'incremento dell'acido oleico nelle piastrine può ridurre la gravità della condizione.

L’utilizzo regolare di olio extra vergine di oliva dà luogo nell’organismo:
- alla sostituzione di acidi grassi saturi alimentari con monoinsaturi,
- ad adeguati apporti di acidi grassi essenziali polinsaturi,
- alla riduzione della quota di lipidi che va incontro ai processi ossidativi,
- ad apporti ottimali di "composti minori", alla riduzione delle lipoproteine LDL nel plasma e nelle pareti arteriose.

L’acido oleico sempre come fattore nutraceutico e quindi elemento salutistico?
Non è proprio così. Una ricerca condotta su soggetti nella cui dieta l’extravergine è stato sostituito con l’olio di girasole ad alto contenuto di oleico, non ha dato le medesime risposte in termini salutistici. Bisogna quindi ammettere che qualche altro fattore interviene a potenziare e a sinergizzare l’effetto dell’acido oleico. Se si escludono gli altri acidi grassi che sono presenti nell’extravergine, il fattore sinergizzante va ricercato all’interno dei cosiddetti componenti minori. Spesso si considera i componenti minori e l’insaponificabile dei sinonimi. In realtà l’isaponificabile fa parte dei componenti minori che comprendono in più anche una parte grassa saponificabile (Digliceridi e Monogliceridi, acidi grassi liberi, fosfolipidi ecc.). Nella frazione insaponificabile troviamo i fenoli, il cui effetto antiossidante protegge l’olio dall’azione dell’ossigeno e ne aumenta la conservazione. Tra i diversi composti quelli più attivi sono dotati di due ossidrili in posizione orto, che rendono più stabile il radicale che si forma. In diversi studi, condotti per indagare le proprietà antiossidanti dei composti fenolici, è emerso che il tirosolo, le forme derivate dal ligstroside ed i lignani non esplicano una spiccata attività antiossidante. Al contrario un’elevata attività antiossidante è stata riconosciuta all’idrossitiriosolo. L’attività antiossidante dei fenoli non si esplica solo nei confronti dell’olio che li contiene. Lo stesso effetto viene esplicato anche nell’organismo una volta che tali sostanze vengono introdotte attraverso la dieta. Molti lavori hanno riportato gli effetti dei composti fenolici dell'olio d'oliva sull’organismo umano, in particolare è stato enfatizzato il rapporto tra il consumo di olio vergine di oliva e la riduzione della genesi di forme tumorali nell'uomo. I composti più studiati sono stati l'idrossitirosolo e l'oleuropeina glicoside (quest’ultimo è presente nel frutto come principio amaricante ed è trasformato nell’olio in oleuropeina aglicone e suoi derivati). All’idrossitirosolo è stato attribuito il potere di inibire l'ossidazione delle LDL in vitro (le lipoproteine che trasportano il colesterolo ossidato, appunto detto in gergo popolare “cattivo”), di ridurre il rischio di malattie coronariche, aterosclerotiche e più in generale i processi ossidativi. All’oleuropeina e ai suoi derivati è stata riconosciuta da alcuni scienziati una capacità anti-tumorale con azione in diverse fasi della patologia cancerogenetica.

Oltre all’azione preventiva citata, recentemente, è stata evidenziata un’attività farmacologica di un derivato dell’oleuropeina aglicone, l’oleocantale, responsabile della sensazione pungente al gusto, simile a quella determinata dall’assunzione di un farmaco antinfiammatorio non steroideo, l’ibuprofene. Alcuni ricercatori hanno messo in evidenza che, oltre a determinare la sensazione di pungente, l’oleocantale e l’ibuprofene svolgono la stessa azione inibente e dose dipendente, sulle ciclossigenasi 1 e 2 (COX-1, COX-2), ossia una potente azione analgesica e antiinfiammatoria. Entrambe le molecole sarebbero capaci di inibire la produzione di prostaglandine (in particolare PGE2), sostanze endogene dotate di una spiccata attività algica e infiammatoria.

Un dubbio amletico
Molti consumatori si pongono il problema se sia corretto attribuire tante straordinarie funzioni salutistiche ad una categoria merceologica (in pratica ad un generico extravergine) o è piuttosto necessario riservare tutte queste prerogative positive ai solo oli “speciali”, quelli che per le loro caratteristiche chimico organolettiche vengono definite le eccellenze? A questa domanda è facile dare una risposta. Un extravergine commerciale non può vantare tutti questi pregi. Solo di fronte a particolari condizioni un extravergine diventa un prodotto nutraceutico.

L’analisi sensoriale: Uno strumento anche per il consumatore evoluto
Di fronte a questa considerazione molti consumatori che hanno acquisito una certa capacità critica autonoma, si pongono il quesito se sia possibile attraverso l’analisi sensoriale individuare alcuni parametri che possono guidare la scelta verso un prodotto capace di svolgere anche una funzione salutistica.
In linea di principio sia i parametri olfattivi che gustativi possono giudare il consumatore nel suo giudizio e quindi nella sua scelta. All’ofatto va ricercato il parametro del fruttato verde, segno evidente di freschezza dell’olio e indirettamente di maggior probabilità di ricchezza in vitamine e altri composti originati da frutti freschi e sani. L’intensità del fruttato (leggera, media e intensa) non è un parametro che ci possa indicare le propensioni salutistiche di un extravergine. Ci può però dare utili indicazioni per un utilizzo corretto in cucina. Al gusto gli oli amari e piccanti denotano una ricchezza in composti fenolici per cui, seguendo la propensione nutraceutica, tanto più gli oli sono caratterizzati da questi due attributi, tanto maggiore è la loro propensione salutistica. Il parametro equilibrio, secondo la definizioe contenuta nel reg. ce 640/2008 va semplicemente considerato ai fini dell’abbinamento olio/cibo . Da studi condotti pare che la sensazione tattile relativa al piccante sia attribuibile alla presenza di Oleuropeina e suoi derivati tipo idrossitirosolo che possiedono una spiccata propensione antiossidante. L’amaro è attribuibile alla presenza di ligustroside e suoi derivati tipo tirosolo il cui effetto antiossidante risulta meno marcato. Una indicazione circa la composizione acididica si può ottenere dalla valutazione cinestetica della fluidità. Tanto più un olio al palato risulta fluido, tanto più elevata risulta la probabilità che la sua composizione acidica sia costituita da acidi grassi insaturi, in particolare dal monoinsatutura acido oleico i cui effetti salutistici sono stati sopra evidenziati.

di Stefano Cerni

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Commenti 8

angelo minguzzi
angelo minguzzi
28 settembre 2014 ore 14:52

... infatti, avevo pigiato il tasto Enter prima di avere completato la frase. Che non era poi un granché, come non lo è la chiusa sull'alternativa tra vermicello e dimetoto

angelo minguzzi
angelo minguzzi
27 settembre 2014 ore 22:36

Ah, ma allora facciamo apposta a non capirci!!?? Anch'io non seguo più con la frequenza di alcuni lustri fa i cartelli esposti sulle bancherelle francesi della frutta, ma so che si stavano orientando verso informazioni più approfondite rispetto alla semplice indicazione della varietà - e lo stesso facevano gli spagnoli -.
Che poi, in caso di una mela rossa, se al consumatore dico che la varietà è Stark Delicious, della provincta di ...., allego la scheda dei trattamenti, - magari con il nome del principio attivo per non fare pubblicità alla Bayer -, che le ha raccolte il contadino con le mani, che ha rispettato il disciplinare Global Gap, che prevede anche che l'azienda sia dotata di cesso mobile in campo, e aggiungo il certificato di analisi attestanti l'assenza di residui di pesticidi cancerogeni e di OGM etc etc e le mele fanno schifo lo stesso, il consumaqtore è contento?
Allora, io dò per scontato che ci deve essere - e controllabile/controllata dal pubblico - l'informazione sull'origine -non generica -, sull'assenza di sostanze nocive di qualsiasi genere legate al processo produttivo, etc MA questo non basta per orientare il consumatore verso il SUO frutto. Se c'è anche l'indicazione di alcuni parametri descrittori della qualità gustativa, che si possono misurare con sistemi oggettivi, esposti con un linguaggio chiaro e swemplice, comprensibile da tutti, PROBABILMENTE ilo consumatore si riavvicinerà di più all'acquisto e al consumo di frutta.
In quanto all'olio, lo so che potrei provarne diversi tipi, per trovare quello che NON è rancido, NON ha la morchia, NON sa di muffa, NON è troppo acido o piccante - con i conseguenti litigi con mia moglie per stabilire se quello che raspa in gola si chiama acido o piccante o tutti e due - ma perché dovrei spendere tutti questi soldi in bottiglie quando sarebbe più semplice che trovassi quelle indicazioni sulle etichette ancora sullo scaffale?
Naturalmente ho esagerato un po', ma se trovo il vermicello

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
27 settembre 2014 ore 09:31

Colgo l'occasione della frutta per tornare alla carica della mia "crociata" contro le definizioni attuali degli oli, panel test, ecc.

Ho vissuto per anni in Francia, quando andavo a comprare le patate, vedevo i nomi delle varietà ben esposti e a seconda dei gusti e delle ricette sceglievo.
Lo stesso dicasi per la frutta.

All'epoca venivo in Italia e trovavo le patate bianche o le patate rosse.
Le mele rosse o quelle gialle.

Ora da anni, visto che mi produco quanto mangio, non mi sono più affacciato ad un bancone di frutta o verdura quindi su come sono indicate le varietà oggi non mi esprimo.

Mi esprimo invece su come vorrei io si presentassero gli oli di oliva.
Tralascio i prodotti di massa sui quali non ho niente da dire, se non che non ho alcun minimo rimedio per fare diversamente e meglio.

Per quelli invece di qualità le idee ce l'ho chiare:

Marginalizzazione a livello di stregoneria dei panel test.

Indicazione chiara della varietà di olive, luogo di produzione, epoca e tecnica di raccolta, trattamenti effettuati sull'oliva e sull'olio, tipo di molitura, pene certe per chi froda e analisi a campione casuale per rilevare eventuali residui di trattamenti chimici.

Ogni altro parametro, del tipo, rancido, morchia, verme, carciofo o altre amenità del genere, sono ad esclusivo parere assoluto, e insindacabile, del cliente che sceglie cosa reputa per lui meglio.

Lo stato o chi per esso, non ha doveri di indottrinamento, ma solo l'obbligo di tutela della salute, per capirci, sa di verme, non ti fa danni.
Profuma di rosa, però ha dosi di dimetoato, BANDITO.

Saluti a tutti, qui le mosche svolazzano, mi sa che raccoglierò presto e molirò ancora prima, filtrerò e berrò olio "Vermicello" Light, Medium, Strong, e Hard, ma non profumerà di dimetoato.

angelo minguzzi
angelo minguzzi
07 settembre 2014 ore 14:33

Egregio Grimelli,
la mia risposta alla sua domanda è:Sì, anzi, e non solo corretto od opportuno; è indispensabile/indilazionabile -nel senso che non se ne può più fare a meno - di utilizzare la corretta informazione sulle caratteristiche GUSTATIVE dei prodotti alimentari per orientare il consumatore nelle sue scelte.
Che sia un tema aperto da lungo tempo è vero ed è meritorio, ma le stesse pagine sarebbero più utili se sul tema si arrivasse ad una conclusione operativa. Non mi occupo direttamente di olio e poco di più di vino e non capisco la lungagghine del dibattito su questi prodotti per i quali la stessa etichetta può valere per migliaia o milioni di bottiglie. Mi occupo piuttosto di frutta, dove sarebbe più difficile dare l'informazione su ogni singolo frutto; eppure dovremo riuscirci anche lì, se vogliamo conyinuare ad avere dei consumatori

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
06 settembre 2014 ore 16:09

Gentile Dott. Minguzzi,
prima mi tutto mi perdoni per il refuso sul suo cognome.
Venendo al merito. Non ho mai detto che i giudizi delle commissioni d'assaggio non vadano divulgati ma solo che le commissioni d'assaggi, ai fini del panel test, non sono state istituite a scopo di divulgazione ma di analisi e classificazione merceologica.
E' corretto, o se preferisce opportuno, che il panel test sia utilizzato anche a scopo divulgativo, di promozione e di valorizzazione?
Questo è un tema aperto, non da oggi, su queste pagine.
Accolgo con piacere il suggerimento, per la prossima volta, su un commento illustrativo della redazione sull'accostamento tra due articoli. Generalmente preferisco però che siano le "notizie", in questo caso l'informazione e l'opinione, a parlare. Le riflessioni conseguenti ai lettori che, come nel suo caso, possono commentare il singolo articolo o il combinato disposto di più articoli, sia che siano posti nello stesso numero sia nelle diverse settimane di pubblicazione.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

angelo minguzzi
angelo minguzzi
06 settembre 2014 ore 14:47

Anche se non mi chiamo Mingozzi mi permetto una piccola replica al commento di Grimelli.
Sarà come dice lei, ma faccio fatica a seguirla nelle sue distinzioni tra aspetti tecnici e aspettii legali o giuridici.
Se le conclusioni a cui si arriva con una valutazione fatta da una commissione di degustatori qualificati non sono utilizzabili per essere comunicate allorché un'altra commissione deve prendere delle decisioni che devono avere una valenza a fini di classificazione/valorizzazione/controllo etc commerciale, allora vuol dire che una delle due commissioni è inutile. O forse tutte e due.
Per me i due articoli rimangono confliggenti.
Oppure, dopo averli messi volutamente uno accanto all'altro, ci sarebbe voluto un commento da parte della redazione proprio per evidenziarne la loro complementarietà e la lori "utilità" al fine di risolvere i problemi.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
01 settembre 2014 ore 17:09

Gent. Dott. Mingozzi,
le rispondo qui e, a beneficio di tutti i lettori, indico il link dell'articolo a cui si riferisce: http://www.teatronaturale.it/pensieri-e-parole/editoriali/19737-panel-test-non-e-l-attrezzo-giusto-per-valorizzare-l-olio-extra-vergine-d-oliva.htm
I due articoli, che appositamente sono stati posizionati vicini nell'ordine della newsletter, sono sono apparentemente confliggenti.
Il Dott. Cerni parla di valorizzazione dell'extra vergine di qualità attraverso un semplice esame sensoriale che chiunque, con qualche base e nozione di riferimento, può effettuare.
Il Prof Giomo, nell'editoriale, parla di attribuzione della categoria commerciale quale competenza del panel test, asserendo che non è compito di questro strumento analitico valorizzare l'extra vergine.
Vi è quindi una profonda differenza tra lo strumento d'analisi panel test, codificato fin nei minimi dettagli dal Coi, e un assaggio fatto da un appassionato, o un gruppo di appassionati, in condizioni assolutamente libere e senza vincoli di sorta.
E' la stessa differenza esistente tra le commissioni d'assaggi vini presso le Camere di Commercio, per vini Doc/Docg, e il giudizio espresso da un sommelier.
E' chiaro che il giudizio del sommelier non ha alcun valore legale o giuridico ma può influenzare la propensione all'acquisto di molte persone, se autorevole. Il suo giudizio è, di per sè, una promozione e valorizzazione di un prodotto.
La situazione che ci ritroviamo nel mondo dell'olio è che stiamo, utilizzando lo stesso esempio, facendo fare la valorizzazione al comitato di assaggio della Camera di Commercio (ovvero il panel test) anzichè al singolo, o a un gruppo, di sommelier.
L'aver proposto i due articoli appaiati voleva essere una provocazione e un invito alla riflessione sulle basi appena indicatole.
Buona lettura
Alberto Grimelli

angelo minguzzi
angelo minguzzi
30 agosto 2014 ore 22:21

e questo articolo non è in contrasto con quello precedente?