Editoriali 24/03/2017

Dop e Igp: serve una nuova strategia per le denominazioni d'origine dell'olio d'oliva

Le Dop dell'extra vergine hanno spesso deluso le aspettative dei produttori. Un peccato di presunzione pensare che nomi impronunciabili potessero suscitare nell’immaginario del consumatore elementi utili per l’acquisto. Oggi la sfida è far coesistere Dop e Igo secondo il Presidente della Dop Penisola Sorrentina, Tullio Esposito


Sono diventato presidente del Consorzio Tutela DOP Penisola Sorrentina Olio Extravergine Penisola Sorrentina nel 2002 e l’anno dopo ho fondato, insieme ad altri, la Federdop, di cui sono rimasto consigliere nazionale fino al 2014, anno in cui ho messo in limitazione anche il consorzio che rappresentavo.

Ho avuto modo, quindi, di interfacciarmi con le realtà DOP italiane, potendo verificare, ad eccezione di poche realtà, una sistematica incapacità di interagire in maniera reale con il territorio di appartenenza, rimanendo molto spesso deluse le aspettative dei produttori.

Questo è legato alla elevatissima polverizzazione che caratterizza l’agricoltura italiana in generale, ed il mondo olivicolo di qualità in particolare.

Spesso questa incapacità di coniugare commercialmente la qualità nel mondo dell’olio si unisce alla presunzione di ritenere che nomenclature a dir poco impronunciabili, possano suscitare nell’immaginario del consumatore elementi utili per l’acquisto.

Ho maturato già da molti anni il convincimento che creare un cuscinetto di ammortamento tra le DOP ed il mondo produttivo territoriale è di fondamentale importanza. Da questo punto di vista dobbiamo guardare con attenzione il fenomeno del IGP Toscano, che è l’unica realtà nel contesto delle produzione a marchio riconosciuto che, effettivamente, ha un’incidenza reale nel mondo commerciale.

Questo fenomeno è certamente legato alla capacità di fare sistema su una scala di valore maggiore, quale appunto un’intera regione, la Toscana nello specifico, unitamente alla credibilità che la Toscana ha acquisito di aver capito prima degli altri l’importanza di tutelare il territorio e la qualità. Da questo punto di vista ritengo che la nascita delle IGP regionali siano un passato fondamentale al fine di rilanciare l’identità territoriale senza, ovviamente, svilire o annullare quelle che sono piccole realtà produttive, che, comunque, dovranno coesistere con le IGP ed identificarsi con le DOP.

E’ evidente che le problematiche ormai abbastanza note e legate al momento amministrativo e di gestione delle DOP deve positivamente essere trasferito alle IGP.

Da questo punto di vista avrebbe auspicabile giungere a quelle che sono problematiche sulle quali discutiamo da anni quali “disciplinare unico”, “agenti vigilatori” formati su tutto il territorio nazionale ed a garanzia dei diversi marchi sia DOP che IGP, “ente certificatore unico” con costi di certificazione reali evitando speculazioni sul territorio nazionale.

Da questo punto di vista è evidente che più della certificazione di qualità, l’appoggio e la coesione dovrebbe essere ricercata nelle Camere di commercio che purtroppo, ahimè, in alcune realtà, soprattutto nel Centro e Sud Italia sono inesistenti.

Rimanendo al disciplinare unico, certamente un esempio da sottoscrivere è quello dell’IGP Toscano che nell’individuare una certificazione a carattere regionale non disgiunge momenti di verifica e controllo sia della qualità e della tracciabilità paragonabile ad una DOP, anche perché le IGP devono essere un momento di opportunità di produzioni nazionali e non certo un sistema di elusione dei controlli e veicolare prodotti di dubbia provenienza ed ancor più incerta qualità.

di Tullio Esposito

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Commenti 4

pasquale di lena
pasquale di lena
29 marzo 2017 ore 16:36

per anni mi sono impegnato a informare, in Italia e nel mondo, i consumatori, con incontri e con pubblicazioni tradotte in più lingue.
Sono pienamente d'accordo sulla necessità di informare il consumatore del valore e del significato Dop e Igp.

stefano petrucci
stefano petrucci
26 marzo 2017 ore 20:02

Caro Tullio è vero quello che dici ma la soluzione non è semplice e non passa per igp o il cambio dei nomi. La verità è che le dop hanno la certificazione del prodotto come igp e gli altri no. Ma è stata mai fatta una campagna nazionale per comunicare questa enorme differenza? Continuiamo ad organizzare premi ed eventi senza marcare mai questa differenza. Noi vendiamo un prodotto dop/igp con la garanzia dello stato e gli altri no, pensi che qualcuno lo abbia capito?
Dobbiamo unire i produttori e puntare tutti su questo tipo di comunicazione e non dividerli su iniziative, premi etc.
Un saluto
Stefano Petrucci
Sabina Dop

pasquale di lena
pasquale di lena
25 marzo 2017 ore 09:48

Sono d'accordo su Igp a carattere regionale e a oli Dop rappresentativi di cultivar e testimoni di territori più uniformi, soprattutto per storia, cultura, tradizioni. Se penso al mio Molise non sarebbe male una IGP "Molise" al posto dell'attuale Dop e due nuove Dop "Aurina Venafro", per ricordare la storia dell'olio italiano e "Gentile di Larino" per esaltare le peculiarità di una cultivar da sempre presente nel territorio del Basso Molise, rappresentativa di un 1/3 degli olivi molisani.

Giuseppe Del Console
Giuseppe Del Console
25 marzo 2017 ore 07:08

Molto spesso ci si comporta come la favola della volpe e l'uva.
Si può cambiare il nome e i disciplinari, ma è veramente questo ciò che serve?
A mio modesto avviso il vero problema è che il consumatore non e informato sul concetto della D.O.P.
Mi spiego meglio, forse si conosce che D.O.P. significa Denominazione di Origine Protetta,
- ma si sa che questi oli prima di ottenere il marchio sono analizzati e che solo dopo la verifica analitica si possono fregiare della D.O.P.,
- si conosce che sono degli olio di certa provenienza italiana ?
Mi sono preso la briga di effettuare delle interviste fra le mie conoscenze e nessuno conosceva cosa c'è dietro il marchio D.O.P. Per questa ragione quello che manca è informare il consumature del vero significato e delle procedure che si effettuano per ottenere il marchio = promozione o/e pubblicità
dato che per chi le fa ha dei costi che in realtà non servono a nulla se non si hanno dei benefici.
Giuseppe Del Console