Editoriali 30/09/2016

Non confondiamo creatività con tecnologia e chimica

Ogni cuoco o futuro cuoco dovrebbe leggere "Il pranzo di Babette". Cucina è dedizione, prima ancora che tecnica, e il profumo delle ore spese a ricercare ingredienti semplici ma curati. Poi viene la cucina e la cottura, ovvero "l’arte di usare il calore per esaltare i sapori e non per mandarli in fumo". Il pensiero e la filosofia di Alessandro Circiello, talentuoso chef e volto noto Rai


La cucina, la salute la veicolazione mediatica di questi ultimi anni ,

Molto spesso si abusa della parola "amore", che troviamo ovunque e talvolta  a sproposito, ma altrettanto spesso questa parola viene completamente censurata. E' il caso della cucina, dove questa parola non si nomina mai e invece è fondamentale.

Molti credono che la cucina sia tecnica e  sia anche chimica, e tutto questo è vero, ma tutto questo viene dopo. Prima della tecnica viene la creatività e anche qui, contro un mito  del genio sregolato,  ricordiamo che non c'è creatività senza dedizione, senza passione, senza costante e appassionata applicazione, tutte cose prodotte soltanto dall'amore.

Una grande scrittrice, Karen Blixen, ha saputo  ben illustrare questo aspetto in un racconto da cui è stato tratto un celebre film, "Il pranzo di Babette". Alcuni ricorderanno la figura di questa cuoca esule dalla Comune di  Parigi che spende l'ingente somma vinta a una lotteria per offrire un pranzo dare  agli abitanti del piccolo villaggio della Scandinavia che l'aveva  accolta. Per lei la cucina non è un semplice lavoro, un'attività a  scopo pratico, ma realizzazione di se stessa perché può trasformare ingredienti, anche semplici, in un momento di felicità, in un'esperienza estetica memorabile che lei può regalare alle persone a cui vuole bene.

Ricordiamo sempre questa lezione, ricordiamo che la cucina è  l'attività dedicata sempre agli altri, a chi si siede alla nostra  tavola, per cui dobbiamo offrire loro le nostre creazioni, ispirate a quel momento e a quell'ambiente. Nulla di super tecnologico può sostituire questa grande dedizione, questa attenzione costante e minuziosa per i prodotti, per la loro scelta e il loro acquisto e per  la loro combinazione in un piatto. Spesso mi sono alzato in piena  notte e mi sono messo in macchina per andare prestissimo nei mercati e scegliere quanto c'era di più fresco e più pregiato. Erano prodotti curatissimi da chi li aveva fatti, che  avevano alle spalle una grande sapienza e tradizione e che nella mia macchina si  arricchivano del profumo delle ore di sonno perdute, un profumo che pochi si rendono conto di avvertire ma che, vi assicuro, quando giunge in tavola fa la differenza.

La cottura è un argomento delicato e centrale in cucina, nella cucina classica gli chef quasi distillavano gli umori dei cibi con cotture lunghissime, estenuanti e le salse non erano altro che un concentrato di sapori, concentrato che spesso si estraeva degli scarti.

Lo stesso accadeva per i brodi, che si facevano recuperando tutto ciò che sarebbe altrimenti andato a male.

Le cotture erano molto lunghe anche per ragioni igieniche, ma soprattutto perché la filosofia predominante era che l’arte culinaria consistesse in una ri-creazione degli ingredienti, che dovevano risultare irriconoscibili sia nell’aspetto sia nel sapore.

Non a caso il grande cuoco era soprattutto un grande “Saucier”, un mago ei condimenti, ovvero dei nascondimenti che trasformavano i prodotti naturali in prodotti culturali.

Nella mia cucina la cottura perde questo ruolo centrale e viene occupato da altri elementi, primo tra tutti la personalità degli ingredienti.

Senza buoni prodotti non c'è buona cucina, i prodotti devono essere fatti bene, coltivati o allevati nella maniera giusta, preparati secondo le tecniche più accurate e rispettose della salute dell’individuo e dell’ambiente.

Il prodotto è già di per sé espressione di cultura gastronomica, le varietà di frutta, verdura, legumi che compaiono sulle nostre tavole sono il risulatato di secolari incroci, lo stesso vale per gli ovini, i bovini, il pollame, il pesce; perciò la cottura non deve essere eccessiva, non deve trasformare ma rispettare, non deve distruggere il sapore primario ma metterlo in rilievo.

Il tartufo, anche quello nero, non va cotto ma solo scaldato in modo che possa esprimere tutti i sapori e aromi.

I vegetali, si possono mangiare crudi, perciò il cuoco si limiterà a scottarli, è aberrante far cuocere per ore una zuppa o un minestrone, un buon brodo bollente versato sulle verdure tagliate a cubetti regolari, basta ad offrire un’ottima zuppa.

Nella bollitura però non uso sempre acqua semplice che assorbirebbe il gusto degli ingredienti rendendoli più sciocchi, prediligo invece brodi leggeri, a volte con aggiunta di vitamina C per mantenere i colori che arricchiscono e rinforzano i sapori, ottenuti facendo sobbollire verdure o lische di pesce per mezz’ora al massimo.

Quanto alla cottura a vapore, a mio parare è giusto che da noi non abbia avuto successo, non ha sapore, non ha nerbo.

Mi piace invece il vapore affumicato che aromatizza delicatamente gli ingredienti, per esempio il fusto del rosmarino dà risultati sorprendenti con il branzino, i riccioli di legno di pero bagnati con aceto di mele regalano finezza al tonno fresco, il legno di abete pennellato con il miele di Corbezzolo è eccezionale con l’agnello.

Ho parlato prima di verdure tagliate a dadini e lo sottolineo, il taglio ha un ruolo fondamentale come fase precedente alla cottura di cui condiziona i tempi e i modi.

Un ingrediente ridotto a piccoli pezzi o a fettine sottili ha bisogno di minor tempo per cuocere e sopratutto la cottura che ne risulta è più uniforme e fresca.

In questo la cucina giapponese è una grande maestra.

Anche per quanto riguarda il pesce la cottura deve essere rapida,pena la disidratazione che asciuga la polpa e le toglie fragranza.

Lo stesso vale per la carne che deve essere scottata velocemente in modo da formare una crosticina all’esterno e conservare i liquidi all’interno.

Per ottenere questo risultato l’utensile migliore è la padella di ferro, ottima anche per le fritture, dato che il ferro è un ottimo conduttore di calore.

Insomma, se dovessi riassumere brevemente il mio punto di vista direi che la cottura è l’arte di usare il calore per esaltare i sapori e non per mandarli in fumo.

di Alessandro Circiello

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