Editoriali 16/09/2016

Tutti a scendere dal carro dell'olio di palma

Dopo averlo difeso per mesi, ora non c'è industria alimentare che non pubblicizzi i suoi nuovi prodotti rigorosamente senza olio di palma. Purtroppo la posizione dell’industria alimentare italiana nella vicenda dell’olio di palma ha seguito gli schemi classici della battaglia di retroguardia, tipica delle aziende della penisola. Le riflessioni di Roberto La Pira de IlFattoAlimentare.it


Barilla in pochi mesi ha fatto un vertiginoso salto di barricata. Dopo avere partecipato insieme a molti altri marchi alla più costosa campagna pubblicitaria alimentare del dopoguerra per promuovere l’olio di palma (costo complessivo 8 -10 milioni di euro) ha cambiato idea. A distanza di 6 mesi dall’ultimo spot, l’azienda ha avviato una nuova campagna sul piccolo schermo e sui giornali per annunciare ai consumatori che Mulino Bianco abbandona l’olio di palma, voltando così le spalle ai compagni di cordata. Fino ad ora i prodotti Mulino Bianco rinnovati sono 50, ma entro l’anno la riconversione dovrebbe essere quasi totale.

Purtroppo la posizione dell’industria alimentare italiana nella vicenda dell’olio di palma ha seguito gli schemi classici della battaglia di retroguardia, tipica delle aziende della penisola.

Anziché cogliere gli stimoli del mercato per rinnovare prodotti, packaging e quant’altro si è preferito difendere ad oltranza le posizioni acquisite. L’amara conclusione è che ora moltissime aziende alimentari per non essere divorate dalla concorrenza hanno dovuto abbandonare il mediocre grasso tropicale e cambiare ricette. Pochi mesi fa avevamo scritto in modo ironico che sarebbe stato bello vedere Antonio Banderas e la gallina Rosita dibattere sull’olio tropicale. A dispetto dell’immaginazione il desiderio si è avverato, e adesso basta accendere la tv per vedere l’attore che pubblicizza le nuove ricette!

Quando Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno lanciato la petizione alla fine del 2014, pochi hanno risposto. Nell’elenco delle adesioni figuravano quasi esclusivamente catene di supermercati come: Esselunga, Carrefour e altre minori che hanno preso impegni precisi. L’industria italiana dei prodotti da forno pur essendo direttamente chiamata in causa non ha detto nulla. La reazione è arrivata 6 mesi dopo quando la nostra campagna stava decollando e Aidepi a nome di tutti i produttori ha avviato un piano di iniziative per opporsi alla petizione con una strategia di marketing quantomeno miope. Eppure i segnali per cambiare rotta erano sin troppo evidenti.

Mentre in Italia la petizione raccoglieva moltissime adesioni in Francia il giovane Johan Reboul cominciava a raccogliere firme per una petizione indirizzata alla Mondelēz (multinazionale proprietaria del marchio LU) per chiedere di eliminare il palma dai biscotti. Poi c’erano gli aspetti ambientali sollevati dalla deforestazione selvaggia e dagli incendi in Indonesia e Malesia.

Poi è arrivato il documento di condanna dell’Istituto superiore di sanità e infine il parere dell’Efsa che ha affossato qualsiasi buona motivazione per giustificare l’uso del grasso tropicale.

Adesso in Italia ci sono circa 600 prodotti da forno palma free e 14 aziende che hanno deciso di togliere questo ingrediente dal ciclo produttivo. Poi ci sono centinaia di operatori grandi e piccoli che hanno avviato da qualche mese le procedure per il cambiamento delle ricette.

A distanza di quasi due anni dall’avvio della petizione viene spontaneo chiedersi perché il mondo alimentare italiano abbia perso un’occasione per valutare serenamente la situazione e adottare le opportune modifiche. In questo periodo Il Fatto Alimentare e Great Italiani Food Trade sono stati accusati di fare terrorismo alimentare, di utilizzare parole d’ordine allarmistiche e prive di riscontri scientifici. In questi due anni l’industria non ha voluto prendere in considerazione i pareri dei nutrizionisti schierati contro l’invasione dell’olio tropicale. Aidepi ha preferito puntare su medici e professori universitari favorevoli all’olio di palma, pronti ad alternarsi nelle interviste su giornali e tv senza dichiarare il conflitto di interesse collegato al rapporto di consulenza con le aziende.

L’ultima considerazione riguarda l’atteggiamento di alcuni uffici stampa che in seguito alla nostra iniziativa da tempo non rispondono alle mail. Forse anche questo atteggiamento non può fare certo bene all’industria alimentar

di Roberto La Pira

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Commenti 1

giampaolo sodano
giampaolo sodano
17 settembre 2016 ore 21:45

caro la pira ora bisogna indicare all'opinione pubblica le aziende che offrono ai cittadini servizi e olio di palma. penso a TRENITALIA (una volta si chiamava ferrovie dello Stato). il servizio è l'alta velocità e l'olio di palma sta nei bocconcini di sfoglia ripieni di crema al cioccolato dell'azienda MATILDE VINCENZI offerti gratuitamente ai viaggiatori.