Editoriali 11/03/2016

Il valore culturale delle denominazioni di origine da difendere contro imitazioni e contraffazioni

La strategia di promozione dell'autentico Made in Italy è una condizione indispensabile per garantire, attraverso una maggiore conoscenza del prodotto e consapevolezza dell'acquisto da parte del consumatore, un effetto sostituzione tra il prodotto imitativo e il prodotto autenticamente italiano. Così la pensa Cristina Chirico, responsabile relazioni internaizonali della Cia


La presenza nei mercati esteri è un obiettivo sempre più centrale per le produzioni agroalimentari italiane nei prossimi anni, anche per le piccole e medie imprese. Un settore in espansione alla ricerca di nuove posizioni di mercato, con necessità di diversificazione delle destinazioni (previsioni al ribasso della crescita nell’area euro, embargo russo, destabilizzazione politica in vaste aree mediterranee e mediorientali), la centralità dell'area ad alta domanda del Sud Est asiatico ed il consolidamento di destinazioni mature e a basso rischio, come gli Usa.

Come indicato dal rapporto Qualivita-Ismea, l'export delle Indicazioni geografiche vale 7,1 miliardi di euro, ovvero il 21% del valore complessivo delle esportazioni agroalimentari nazionali. La forza competitiva delle produzioni italiane risiede nella reputazione della qualità associata alla distintività territoriale, fondamento dell'immagine globale del Made in Italy agroalimentare.

Nella nuova geografia del commercio agroalimentare globale, la tutela dell’autenticità delle produzioni contro le varie forme di contraffazioni ed imitazioni, deve rappresentare uno dei principali pilastri della politica di penetrazione commerciale italiana nei Paesi Terzi. Il rapporto tra export e livello di fatturato è in sensibile aumento, ma presenta ancora ottime opportunità di espansione se insieme alla differenziazione geografica delle destinazioni si riuscirà ad unire la differenziazione merceologica della pluralità dell’offerta agroalimentare delle nostre imprese (gran parte del valore commercializzato all'estero dell'insieme delle produzioni certificate è nelle prime dieci denominazioni di origine italiane).

La strategia di promozione dell'autentico Made in Italy è una condizione indispensabile per garantire, attraverso una maggiore conoscenza del prodotto e consapevolezza dell'acquisto da parte del consumatore, un effetto sostituzione tra il prodotto imitativo e il prodotto autenticamente italiano. Sulla valorizzazione delle Dop e Igp nel mercato statunitense punta la campagna istituzionale di promozione straordinaria del Mipaaf in corso di attuazione da parte dell'Ice. Affinché tale sforzo istituzionale, unito ad un crescente interesse della diplomazia economica italiana e comunitaria ad attivare missioni di sistema nei mercati di interesse, si traduca in reale opportunità di accesso ai mercati per il tessuto produttivo italiano diffuso sul territorio, occorre garantire reali fondi di sviluppo per favorire la formazione, assistenza e capacità di aggregazione delle imprese orientate all'export. L'italian sounding è prevalentemente esercitato da marchi commerciali storici e dalle multinazionali del food che esercitano una posizione dominante. Un'azione persuasiva e sistematica deve mirare al coinvolgimento dei consumatori internazionali nella conoscenza del prodotto italiano autentico e nella consapevolezza di come la scelta di acquisto di un marchio ingannevole (improprio richiamo al Made in Italy) sia un danno esercitato al rapporto di fiducia rispetto al produttore e distributore.

La questione rilevante rimane ancora oggi, dopo anni di discussione negoziale multilaterale in seno alla Wto, quale riconoscimento internazionale poter garantire alle indicazioni geografiche, intese come diritti di proprietà intellettuale non direttamente connesse all'attribuzione di marchi commerciali privati. L'azione di contrasto all'italian sounding non può prescindere dall'identificazione di nuove strategie negoziali a favore di questo punto chiave: in rapporto alla presenza di marchi commerciali preesistenti evidentemente usurpatori di denominazioni italiane, quale tutela è possibile attribuire a queste ultime e quale forma di contrasto ai termini generici. La strategia deve contemplare il mantenimento di una pluralità di azioni su più livelli negoziali: tenere aperto il tavolo multilaterale Trip's in ambito Wto, logorato dal dissenso tra le parti negoziali, nonostante il quasi fallimento della Conferenza interministeriale di Nairobi e la messa in discussione del principio del single undertaking; negoziati bilaterali globali con i principali blocchi commerciali, con il duplice obiettivo della tutela delle indicazioni geografiche e dell’abbattimento delle barriere non tariffarie (è il caso degli accordi raggiunti con Corea del Sud, Canada, Vietnam, del Round Ttip in corso di negoziazione con gli Usa), e negoziati specifici per le Ig (Cina). L'elemento chiave resta sempre quale forza giuridica tale strumento abbia rispetto al marchio commerciale e quale valore legale a livello internazionale rispetto ad una violazione sulla base del principio di genericità.

Il mercato globale è ulteriormente ampliato dalla crescente dimensione economica del commercio elettronico, costituendo un'ottima possibilità di superamento delle barriere di accesso ai mercati internazionali per i produttori italiani, in termini di opportunità promozionale e di transazione commerciale. Le grandi piattaforme on line internazionali si stanno aprendo al settore del food, anche fresco (è il caso di AmazonFresh), con il perfezionamento dei sistemi di pagamento elettronico, trasporto e consegna a domicilio. Particolarmente efficace la crescita delle operazioni di acquisto tramite mobilephone: uno studio europeo prevede per il 2017 che il commercio via mobile rappresenterà in Europa quasi il 7 per cento delle vendite on line complessive europee, con ampi margini di crescita annuale.
Di pari passo, il commercio elettronico, ponendosi in modo capillare e non regolamentato a diretto contatto con il consumatore, è un nuovo veicolo di eccellenza di prodotti contraffatti. Come già attuato dalle autorità italiane con gli efficaci accordi in atto con le piattaforme Ebay, Alibaba e motori Google, il piano di contrasto ai circuiti virtuali di contraffazione non può prescindere dal coinvolgimento diretto di questi soggetti, cosi come dei sistemi di pagamento elettronico. Questa rapida evoluzione chiama in causa il problema dell'assegnazione e gestione dei nomi a dominio Internet, finora gestita da parte della società statunitense Icann che, permettendo l'utilizzo di registrazioni con nomi generici, e nonostante parziali soluzioni settoriali, dà adito ad usi impropri ed a nuovi circuiti virtuali di imitazione e contraffazione. Occorrerà verificare con attenzione l’impatto che potrebbe avere decisione dell’Assemblea Icann, riunitasi in questi giorni in Marocco, di cedere l'attribuzione dei domini da Icann alla "comunità Internet globale" (rappresentata da governi, società civile, imprese, organizzazioni), sancendo la fine del controllo e supervisione del governo statunitense.

A seguito della recente conclusione del Tpp (Transpacific Partnership), si teme che una maggiore integrazione del mercato asiatico, una delle aree maggiormente attrattive per l'export italiano di qualità, possa determinare un effetto particolarmente negativo, con l'innalzamento del rischio di flussi commerciali irregolari e/o dei prodotti imitativi provenienti da Usa, Australia, Nuova Zelanda. In particolare, l’apertura del mercato nipponico, con il quale l’Unione Europea sta intraprendendo difficili negoziati commerciali, costituisce per gli USA l’obiettivo di punta per carni e lattiero caseari. La sola Corea del Sud, con la quale l'Ue ha già siglato un accordo di libero scambio, è il secondo mercato internazionale dell'industria casearia Usa, che trae dalle vendite nel paese asiatico un valore annuo di oltre 130 milioni di dollari. Si tratta di prodotti in prevalenza imitativi dei prodotti europei di qualità (parmesan, romano, provolone, brie, camembert, emmenthal). 

In questo quadro geoeconomico in continua evoluzione, dove il commercio globale di beni e servizi è collegato a numerosi passaggi e responsabilità frammentate, è necessario dar vita ad un sistema di connessione tra sistemi doganali, autorità pubbliche e imprese che, oltre il controllo e repressione, posizioni su un livello di prevenzione condivisa la strategia di lotta alla contraffazione, usurpazione e fenomeni connessi. Non è possibile assicurare un’efficace azione di controllo e repressione su un fenomeno di portata globale controllato da autorità nazionali diverse ed eterogenee. Occorre incidere con azioni di sistema per la garanzia di tracciabilità alla base degli scambi, la banca dati comune di riconoscibilità dei prodotti autentici, l'analisi dei flussi merceologici e finanziari dei soggetti economici e contro i fenomeni delle importazioni temporanee illecite e delle triangolazioni doganali.

L'introduzione esplicita nella regolamentazione comunitaria della protezione ex officio, così come l’efficacia delle operazioni repressive esercitate anche in campo agroalimentare da Interpol ed Europol in sinergia con le autorità internazionali offrono un ottimo modello di riferimento.

La stessa logica del sistema transnazionale che mette in connessione il flusso di prodotto e di transazioni finanziarie ben al di là dei confini nazionali ed agisce attraverso reti criminali in continuo mutamento, può efficacemente sottostare all’impianto preventivo e repressivo delle frodi alimentari, in trend crescente a causa della disponibilità di tecnologie avanzate della produzione di alimenti fraudolenti, la velocizzazione dei flussi di transazione finanziaria elettronica, la pressione commerciale a mantenere i prezzi bassi attraverso il taglio dei costi delle materie prime.
Al contrario dei danni agli aspetti commerciali (imitazione, contraffazione) su cui è più difficile esercitare meccanismi di connessione virtuosa in presenza di concorrenza sleale, sulla prevenzione e contrasto alle frodi (nelle sue numerose articolazioni), a fronte del rischio sistemico di gravi danni alla salute umana, è possibile impostare un sistema tra autorità di diverse nazionalità, anche con il coinvolgimento diretto della distribuzione organizzata e della associazioni di categoria, inclusi i consumatori. L’aggravamento della pericolosità e della frequenza dell'immissione di prodotti fraudolenti sul mercato, con la presenza di scandali di vasta portata, ha determinato una sensibilità diffusa anche il mercato asiatico (latte per l’infanzia) e negli USA (sistema di commercializzazione del pesce). La Fda (Food and Drug Administration) statunitense ha definito la frode legata a motivazioni economiche come "la sostituzione o aggiunta fraudolenta e intenzionale di una sostanza in un prodotto con l'obiettivo di accrescere il valore apparente del prodotto o ridurre i costi di produzione". È di per sé un atto criminale, perché è perpetrato da individui che frodano il pubblico con obiettivi di guadagno economico. La Fda sottolinea chiaramente come l'adulterazione è una minaccia alla salute pubblica. Come abbiamo visto nel corso dello scandalo sulle carni di cavallo, a differenza degli Usa, quello che ancora deve essere raggiunto in Unione europea è la chiara ed univoca definizione di frode alimentare a livello comunitario, in grado di superare le notevoli differenze interpretative a livello nazionale.  

Lo scandalo delle carni di cavallo utilizzate al posto delle cani bovine ha mostrato quanto ampia ed articolata fosse la rete di trasformazione ed immissione dei prodotti fraudolenti, e come anche imprese per le quali la tutela della reputazione e della fiducia nel marchio commerciale ricoprono un considerevole valore economico, possano cadere nei rischi di frode alimentare. Cosi come il caso del latte alla melamina, prodotto aggiunto per mascherare la frode di annacquamento aggirando i test di controllo con l’aumento apparente del contenuto proteico del latte, ha dimostrato la portata scientifica innovativa delle frodi alimentari, l’urgenza di nuove tecnologie e sistemi armonizzati di repressione.
Richiamiamo a riguardo le raccomandazioni per il contrasto della Conferenza internazionale sulle frodi alimentari organizzata dal Ministero della Salute in collaborazione con la Commissione europea (ottobre 2014). Tra queste: assicurare un'adeguata formazione del personale delle autorità coinvolte nei controlli ufficiali delle pratiche fraudolente; promuovere e sostenere la creazione di reti per lo scambio rapido di informazioni con i Paesi terzi riguardo ai beni ed agli animali in ingresso o in uscita dall'unione europea, concernenti sospette pratiche fraudolenti e condividerla in modo tempestivo con le forze di polizia e con le autorità giudiziarie europee e nazionali.

In questo caso, occorre partire necessariamente dall’armonizzazione a livello comunitario, in primo luogo stabilendo la necessità di pervenire ad una chiara definizione del concetto di frode alimentare, non ancora presente nella legislazione europea.

di Cristina Chirico

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

Commenti 2

ernesto carli
ernesto carli
12 marzo 2016 ore 13:08

Bellissimo articolo. Comunque il DOP dell'olio italiano ha una penetrazione sul mercato appena del 3%.Un piccolo olivicoltore, che viene educato a fare qualità, iniziando dal rispetto del suo territorio, utilizzando tutte le attenzioni nei vari passaggi fino allimbottigliamento, grazie a questa cecità, il suo olio di qualità non lo venderà mai!!
Il DOP se veramente valorizzato e pubblicizzato dovrebbe essere l'unica vera garanzia di Made in Italy, invece di usarlo come lo specchietto delle allodole per i mercati esteri e italiani. Una multinazionale può comprare un marchio, ma non può comprare la dicitura DOP ( al massimo può mantenere il Made in Italy, perché se ne guarda bene di chiudere uno stabilimento di produzione di olio Evo dal suolo italiano. Incominciate a valorizzare i piccoli, incentivando e gratificando i tentativi che fanno per poter garantire un vero prodotto Italiano e locale, il motivo: sono gli unici che possono garantire la rinascita della vera qualità italiana. Invece La cosa che si intuisce a qualsiasi livello è che ci sia un burattinaio che non vuole veramente tutto questo! Consorzi DOP bloccati e apparentemente arrugginiti nelle decisioni e nella divulgazione pubblicitaria del prodotto, è solo incapacità? Io penso l'opposto. Non lo dovrei dire io, ma se si produce 10 litri DOP e 10000 litri non DOP ......
Per finire olio Tunisino? ben venga ( tanto c'è sempre stato, in particolare in Italia), l'importante sarebbe quello di portare il DOP dal 3% a valori diciamo più corretti. Il consumatore vuole spendere per trovare un vero prodotto di qualità e di genuinità.
Le varie confederazioni, sindacati, amanti del cibo lento, dei crostacei etc riescono a percepire questo? O per caso, anche loro sono entrati in questo sistema? O è solo un mio brutto sogno?
Un saluto, di questo passo, continuerò a godermi solo sulla mia tavola il mio pregiato olio DOP, mio figlio? Non so!

Roberto La Pira
Roberto La Pira
12 marzo 2016 ore 12:06

Una bella analisi che inquadra molto bene la situazione ed evidenzia i gravi ritardi dell'Italia