Articoli 02/10/2004

UNO STATO DI DIRITTO COME NESSUN ALTRO AL MONDO, EVVIVA L'ITALIA!

Ed evviva pure le mafie, lungamente benedette da un demone perverso e dagli uomini accecati dal potere e dall'ignoranza. Non ci sia dunque pace per chi la combatte. Questa è la volontà tacita delle parti. Nulla cambia se non lo si vuole. Il caso di Teresa Cordopatri è di una gravità assoluta. A lei la nostra più profonda stima e solidarietà


Un Sud davvero coraggioso, sissignore. Ma quando mai? Quando anni fa vidi la foto della nobildonna calabrese Teresa Cordopatri intenta a raccogliere le olive mentre veniva protetta da una scorta armata, restai di sasso, incupito. Una foto così umiliante in un contesto che non poteva che accogliere la sola dimensione della libertà e della purezza, in un oliveto costituito da alberi centenari, mi ha lasciato muto e triste, profondamente disorientato. Pur sforzandomi – e conoscendo peraltro molto bene il Sud, per esserci nato e vissuto - non ho trovato altre parole che una, terribile: desolazione. E’ questa l’immagine più appropriata che io riconosco essere la più conforme alla realtà. La signora Cordopatri ha avuto il coraggio della denuncia, ma è stata lasciata sola. Come era prevedibile. Il Sud è davvero coraggioso, sissignore. Alcuni sì, il coraggio lo hanno. Sono gli altri, i pavidi, a far finta di niente. Per chi non conosce la vicenda, il fratello di Teresa, Antonio Carlo, era stato ammazzato per non essersi piegato ai voleri dell’arroganza mafiosa. La signora Teresa Cordopatri non ha esitato, ha avuto il coraggio di denunciare gli assassini del fratello. Per questo infatti la donna continua ancora a pagare per una colpa che sembra insanabile. E’ una condanna lenta, la sua. Da scontare in silenzio. E’ una condanna lunga e inesorabile, che si rinnova e si ricarica, riprendendo corpo e azione. Sono anni e anni di sofferenze, di dolore muto, di drammi che squartano dentro. Nessuno la vuole aiutare, non sta bene farlo. Perché poi? E’ lei a raccogliere le olive. La foto che la ritrae ancora me la ricordo. L’ho conservata per non dimenticare, ma resterà fissa nella memoria. Lei è indaffarata in campagna mentre è sotto scorta. Dalle olive raccolte ci ricava l’olio. E’ l’olio della sofferenza. E’ l’olio santo. E’ l’olio della salvezza. Piuttosto che per nutrire, serve a liberare il Sud dalle colpe che lo affliggono.

E’ accogliente e festoso il Sud, certo. Aperto com’è per vocazione alla condivisione e alla fratellanza, il Sud è gioia e sole, è luce e allegria, è spensieratezza. Accade forse qualcosa? No. Nessuno più intravede le nubi minacciose che oscurano i cieli dell’anima. Eppure è un temporale continuo, ininterrotto, quaggiù. Non ci sono più ombrelli perché fuori c’è il sole, ma in realtà piove, piove e grandina senza che nessuno si renda conto del maltempo. C’è tanto ottimismo e soddisfazione in giro. Lo si percepisce chiaramente. Perché il Sud è oro e luccica assai. Il mito della bellezza qui trionfa e ripaga. I tanti tesori, inviolati e condivisi, sono di tutti. Siamo – come dire? - nell’eden. Ed è terra felice, qui, perché tutto procede nel verso giusto. Sì, ma in quale direzione?

La baronne, la N'drangheta et les juges de Calabre, è l’emblematico titolo apparso su "Le Monde" il 15 settembre scorso . Il quotidiano francese ha riportato a chiare lettere la drammatica situazione che sta vivendo la baronessa Cordopatri. E in Italia? Il silenzio, a parte alcune rare eccezioni. Jean-Jacques Bozonnet ha scritto senza indugi la propria indignazione. Noi preferiamo veicolare la notizia: Teresa Cordopatri stava per essere uccisa il 10 luglio del 1991, ma la pistola del killer si inceppò; e disteso a terra, cadavere, rimase soltanto il fratello. Il messaggio era molto semplice: si erano rifiutati di pagare il pizzo. Le tenute dei Cordopatri risalgono a tempi lontani, quando Federico II affidò loro un feudo di mille e duecento ettari coltivati a ulivo. La N’drangheta, si sa, punisce duramente chi non si piega. E’ una legge che in tanti conoscono. La coraggiosa Teresa Cordopatri non rinunciò a invocare l’intervento della giustizia. Da sola mosse la grande e lentissima macchina che doveva ridarle fiducia e speranza. Non mancarono le minacce di morte. Nel corso degli anni ha dovuto pure subire decine di attentati. Non è stato facile. Nel 1995 ha scritto al Consiglio Superiore della Magistratura, denunciando le tante anomalie. La macchina della giustizia ha avuto poco carburante a disposizione, pare.
Così scrive Francesco La Licata su “Specchio”, il supplemento del quotidiano “La Stampa”, il 25 settembre: Invitata dai magistrati a ‘raccontare tutto, compreso quel sistema di condizionamento, politico, sociale e istituzionale, lo ha fatto, sicura che le sarebbe stata garantita quella riservatezza promessa. Ma la realtà – aggiungiamo noi - è sempre diversa da quella tanto desiderata.
Già, perché nel frattempo qualcuno si è sentito oggetto di critica e ha reagito. E cosa accade? La Cordopatri viene denunciata per calunnia e diffamazione. Bella storia. Evviva l’Italia, dunque. Siamo o non siamo in uno stato di diritto?

La baronessa è stata condannata. Ma non era lei la vittima?. E’ una signora di settantuno anni che non desiste. Nonostante tutto.
Così La Licata, su “Specchio”: Il risultato è terribile: la donna, rimasta con la sola compagnia della cugina Angelica Rago, si trova costretta al fallimento e alla svendita dei suoi beni per pagare le querele miliardarie.
Così Jean-Jacques Bozonnet, su "Le Monde": Victime de la mafia désormais sur le banc des accusés, la baronne est amère, mais pas abattue : "La massue de la justice pourra me tuer, mais elle ne réussira pas à m'intimider.
Così gli altri organi di stampa e le televisioni: " - - - - - "
Così le Istituzioni: " - - - - - "
Così la gente del Sud: " - - - - - "
Il sostegno, insomma, è stato totale e unanime. Evviva dunque l’Italia! Evviva il belpaese!

di Luigi Caricato