Libri 22/11/2008

La chimica in agricoltura? La questione Ogm? Meglio un approccio laico

Antonio Pascale letto da Alfonso Pascale. In "Scienza e sentimento", un pamphlet dalle argomentazioni convincenti, il pensiero scorre senza retorica né derive semplicistiche. Si tratta di avere consapevolezza che ad ogni beneficio corrisponde sempre un rischio


Alfonso Pascale

E' in libreria un gustoso pamphlet di Antonio Pascale dal titolo Scienza e sentimento che si legge tutto d’un fiato e soprattutto ti mette di buon umore, sebbene tocchi argomenti, come gli Ogm, che la pubblicistica corrente affronta di norma con toni allarmistici e apocalittici, producendoti quasi sempre un'ansia infinita.

Nonostante l’omonimia, non ho vincoli di parentela con l’autore. Abbiamo in comune l’amore per le lettere e per l’agricoltura. Antonio Pascale scrive romanzi e testi per il cinema e per il teatro e ha uno stile semplice e accattivante. Possiede anche quelle conoscenze scientifiche che gli permettono di trattare temi complessi, come quelli affrontati in questo libro, senza retorica e preservandoli da derive semplicistiche.

Condivido molte cose che egli argomenta in modo convincente. Innanzitutto l’invito a non criminalizzare l’uso della chimica in agricoltura ma, nello stesso tempo, ad esercitare un controllo severo per ridurne quanto più possibile l’utilizzo.

“In questi anni di rivoluzione verde – scrive – i fertilizzanti e gli antiparassitari ci hanno aiutato a mangiare di più e meglio, ma alcune falde acquifere sono piene di nitrati, qualche ecosistema è danneggiato e stenta a riprendersi”.

Per combattere gli abusi e i guasti del sistema non ha senso mettere al bando la chimica, ma “bisogna porre domande sempre più mirate e precise al mondo della ricerca”. E dobbiamo essere sempre pronti a metterci in discussione “per capire se un errore in un dato sistema è fisiologico e tutto sommato riparabile o, al contrario, sistemico e pericoloso”. Si tratta di avere consapevolezza che ad ogni beneficio corrisponde un rischio. E la scienza deve porci nella condizione di misurare con sempre maggiore precisione i benefici e i rischi di una determinata tecnologia.

Anche sugli Ogm l’autore ha un approccio laico perché considera giustamente sbagliato ridurre il tutto alla contrapposizione naturale/artificiale e alle equazioni naturale/sano e artificiale/dannoso, naturale/bene e artificiale/male, naturale/piccoli agricoltori buoni e artificiale/multinazionali ciniche. E aggiunge: “L’unica cosa davvero naturale è andare avanti, muoversi verso l’infinito, con una maggior coscienza delle buche. Considero saggio ricordarmi del mito di Icaro, o delle Colonne d’Ercole, ma non posso ignorare che oggi conosco meglio sia le dinamiche del volo sia le regole di una buona navigazione per mari e coste”.

Antonio Pascale

Antonio Pascale insiste nel dire che non dobbiamo avere paura se si accrescono i saperi scientifici e se il mondo si globalizza sempre di più. Gli è infatti chiaro da dove veniamo: “La grande civiltà contadina è stata il primo vero fenomeno globale. Di sicuro se mio nonno, contadino di mestiere, fosse andato cinquant’anni fa tra i contadini messicani, pur non conoscendo la lingua, non avrebbe avuto nessuna difficoltà ad adattarsi”.

La lettura è piacevole perché oltre alle puntuali annotazioni scientifiche su alcuni prodotti tipici in via di estinzione e che potrebbero, invece, salvarsi proprio grazie alle biotecnologie, come il Pomodoro San Marzano, il Melo della Valle d’Aosta e il Riso Carnaroli, e su prodotti nuovi come il “Golden Rice”, il libro è cosparso di citazioni di Dante, Leopardi, Pasternak e di note biografiche e aneddoti di scienziati, come Darwin e Newton. E’ un tentativo riuscito di narrare le scoperte scientifiche, in un ambito che coinvolge l’uomo nella sua interezza, come quello delle biotecnologie, senza fermarsi sulla soglia della mera sfera mitologica e della trama simbolica.

Avrei preferito che l’autore non aprisse una polemica aperta con Citati, Fo, Grillo, Rifkin, Capanna, Petrini e Vandana Shiva, accusandoli di aver contribuito a cospargere a piene mani semplificazioni antiscientifiche sui temi dell’alimentazione. L’approccio laico del suo discorso sarebbe stato forse più coerente se non avesse puntato a demolire la credibilità di chi la pensa diversamente e non vuole avvalersi di metodi scientifici nel trattare questi argomenti. Temo che i più, senza neppure leggere il libro, prendano a pretesto lo scontro polemico per discettare sulla stroncatura di Citati, che abbiamo dovuto leggere su "Repubblica", o se Capanna debba occuparsi o meno di Ogm e pochi entrino, invece, nel merito del tema di fondo posto da Antonio Pascale: quale apporto integrato di conoscenza deve venire da discipline diverse, come la genetica, l’agronomia, la chimica, la matematica, la statistica, la biologia, la medicina, la sociologia, la psicologia, la filosofia e le scienze umanistiche per fare in modo che non si ragioni di cibo solo coi simboli e che il sogno dei simboli non generi mostri?



Antonio Pascale, Scienza e sentimento, Einaudi, pp. 151, euro 9

di Alfonso Pascale