Legislazione 20/09/2008

L’origine dell’olio d’oliva in etichetta. Fatta la legge, trovato l’inganno

Tra numeri di riconoscimento per il Made in Italy che tardano ad arrivare e registri da vidimare, le incombenze burocratiche e amministrative sono molte. Il decreto 10 ottobre 2007 si può però aggirare


Olivicoltori e frantoiani sono in fibrillazione.
C’è da predisporre le etichette per la nuova campagna olearia, ma la materia è ancora confusa.

Il regolamento CE 1019/02 è in via di ridefinizione ma l’entrata in vigore delle modifiche è prevista per l’anno prossimo.
E’ invece tuttora in vigore il decreto ministeriale 10 ottobre 2007, quello che abitualmente definiamo decreto De Castro, sull’etichettatura d’origine obbligatoria dell’olio d’oliva.

Il decreto De Castro prevede che quanti confezioni l’olio debbano sottostate alla disciplina del Made in Italy, dotandosi del numero di riconoscimento regionale, dei registri vidimati dall’Ispettorato centrale per la qualità dei prodotti agroalimentari, poi procedendo alla tenuta degli stessi e all’invio semestrale dei rapporti.
Si tratta di notevoli e pressanti complicazioni burocratiche per i piccoli e piccolissimi produttori d’olio, che magari confezionano poche centinaia di bottiglie, che hanno poche centinaia di piante.
Incombenze burocratiche amministrative che rubano tempo, per chi vuole o può gestire in proprio le pratiche, e soldi per quanti si dovranno far aiutare.

E’ tuttavia possibile evitare tutto questo avvalendosi semplicemente di una facoltà prevista dal Reg. CE 1019/02 in vigore.

L’articolo 4 comma 2 del Reg. CE 1019/02 prevede che:
“La designazione dell’origine è possibile a livello regionale per i prodotti che beneficiano di una denominazione di origine protetta o di un’indicazione geografica protetta a norma del regolamento (CE) n. 2081/92. Tale designazione è disciplinata dalle norme ivi previste.
Negli altri casi, la designazione dell’origine è costituita dall’indicazione di uno Stato membro o della Comunità o di un paese terzo.”

Al comma 5 del medesimo regolamento si legge:
“La designazione dell’origine che indica uno Stato membro o la Comunità corrisponde alla zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l’olio.”

La scelta del produttore
Il regolamento comunitario dà quindi facoltà al produttore di scegliere se indicare lo Stato membro (Made in Italy) oppure la Comunità (Made in Ue).
Non è quindi possibile in etichetta trovare le due designazioni d’origine contemporaneamente.
Ricordando che le normativa comunitaria ha sempre la prevalenza su quella nazionale, è facoltà del produttore scegliere di indicare in etichetta la designazione dell’origine riferita alla Comunità (Made in Ue) che esclude automaticamente la possibilità di indicare lo Stato membro e quindi anche la dizione, prevista dal decreto ministeriale 10 ottobre 2007, che fa espresso riferimento all’origine italiana del prodotto.

L’Unione europea, nella revisione del regolamento 1019/02, seppur introducendo l’obbligatorietà dell’indicazione dell’origine, ha previsto ugualmente la possibilità di scelta, da parte del produttore, tra il Made in Italy e il Made in Ue. Anche per il futuro, quindi, è plausibile affermare che il Made in Ue possa rappresentare l’indicazione d’origine utile per quei produttori che non intendano aderire alla normativa sul Made in Italy.

In caso di controlli
Suggeriamo a tutti i produttori che intendano avvalersi della dizione “Made in Ue”, ovvero garantendo che il prodotto è stato coltivato e estratto all’interno della Comunità, di disporre, a portata di mano, della documentazione sulla rintracciabilità obbligatoria (Reg 178/02) e di ogni altro documento, anche di natura fiscale, atto a dimostrare agli ispettori l’origine comunitaria del prodotto posto in commercio.
Suggeriamo altresì di avere una copia del regolamento CE 1019/02 da poter consultare rapidamente, onde poter meglio giustificare la propria scelta.
Nel malaugurato caso l’ispettore intenda, nonostante le vostre pacate obiezioni, procedere alla contestazione consigliamo di far verbalizzare quanto segue:
“Mi sono avvalso della facoltà di indicazione dell’origine del prodotto con riferimento alla Comunità, così come previsto dall’articolo 4 comma 2 del Regolamento CE 1019/2002. Stante la prevalenza della normativa comunitaria su quella nazionale, sono nell’impossibilità di adempiere a quanto previsto dal decreto ministeriale del 10 ottobre 2007.” Ora vi sarà sufficiente fare ricorso.

di R. T.