Articoli 06/03/2004

INCUBO CRIMINALITA'. VITA DIFFICILE NEI CAMPI

Sollecitato dai nostri lettori, ecco il coraggioso dossier "Campagne sicure" realizzato dalla Confederazione italiana agricoltori. Un documento che mette in luce una realtà drammatica di cui sono in molti a tacere


Dopo l'editoriale a firma di Franco Bonaviri, pubblicato lo scorso 14 febbraio su "Teatro Naturale", ritorniamo sul tema criminalità nei campi, riportando per intero l'accurato studio coraggiosamente voluto e reso possibile dalla Cia, la Confederazione italiana agricoltori. A chiedere la diffusione del testo sono stati diversi lettori del Sud, angariati da un fenomeno che non sembra per nulla placarsi. Ci auguriamo che si possa iniziare un processo di ribellione a uno stato di cose che certamente non viene favorito dalle Istituzioni, troppo distratte e così poco sensibili ai problemi reali della gente e del territorio. Ma neppure la gente e il territorio alle volte si impone collettivamente per arginare tale fenomeno. Si scegli di accettarlo senza batter ciglio, come al solito. "Non ho nulla visto, né udito", questo è l'atteggiamento più consueto.

Terrore e disagio nelle campagne del Sud
Furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, il cosiddetto “pizzo”, danneggiamento alle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, discariche abusive, truffe nei confronti dell’Unione europea, “caporalato”. L’agricoltura delle regioni del Sud è terrorizzata dalla criminalità organizzata. Migliaia di produttori agricoli sono nelle mani della mafia, della camorra, della ‘ndrangheta, della sacra corona unita. Sono soggetti a pressioni, minacce e a ogni forma di sopruso. Un’attività illecita che frutta alla malavita, ogni anno, un giro d’affari che supera abbondantemente i 5 miliardi di euro. L’allarme è stato lanciato dalla Cia, la Confederazione italiana agricoltori, con un articolato dossier, elaborato insieme con la Fondazione Cesar, che mette in risalto i gravi problemi che sono costretti ad affrontare gli imprenditori agricoli delle regioni meridionali.

Un documento Cia e Fondazione Cesar
Il “dossier”, dal titolo “Campagne sicure 2003. La criminalità in agricoltura nelle regioni del Sud”, è stato illustrato nel corso di una conferenza stampa dal presidente nazionale della Cia Massimo Pacetti ed è intervenuto il procuratore nazionale Direzione nazionale Antimafia Pier Luigi Vigna. La conferenza stampa è stata introdotta dal vicepresidente vicario nazionale della Cia Giuseppe Politi e dal segretario generale della Fondazione Cesar Giancarlo Brunello.

Nuovo Servizio Antimafia
La denuncia della Cia, già formulata nei mesi scorsi, è stata accolta dal procuratore nazionale Vigna che ha istituito, nell’ambito della Direzione nazionale Antimafia, uno specifico Servizio per combattere la criminalità nel settore agricolo. Decisione che la Confederazione ha valutato positivamente in quanto si è attivato uno strumento valido per reprimere quei reati e quei crimini che attualmente colpiscono l’agricoltura italiana.
Auspicio, per la Cia, è che il nuovo Servizio dell’Antimafia, insieme alle forze dell’ordine del nostro Paese da sempre impegnate nella lotta al crimine, possano conseguire al più presto risultati positivi contro quella malavita organizzata che sta praticamente affossando le energie e lo spirito imprenditoriale degli agricoltori meridionali.

Fra paura, insicurezza e solitudine
L’istituzione del servizio - si sottolinea nel “dossier” - è importante soprattutto perché, a differenza della criminalità nei centri urbani dove c’è un preciso punto di riferimento che sono le forze dell’ordine, nelle campagne l’agricoltore è spesso solo, disarmato, inerme, per cui, quando gli va bene, non gli rimane che scendere a patti.
La paura, l’insicurezza, le preoccupazioni, nel mondo agricolo, hanno un altro sapore. Il bersaglio - si evidenzia nell’indagine - è bene individuale, non può nascondersi, pararsi. Non si corre il pericolo di coinvolgere estranei nell’oppressione violenta. Solo la capacità imprenditoriale, la fatica, il lavoro sono a rischio. Oggetti di azioni criminali che, molte volte, la cronaca trascura o, peggio, ignora, con un atteggiamento colpevole che non tiene conto quanto esse incidono sulla produttività delle aziende agricole e sullo stesso sistema di vita dei produttori.

Furti e racket. Non c'è pace
I maggiori reati. Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono le regioni in cui le organizzazioni malavitose hanno concentrato la loro azione ai danni dell’agricoltura. Al primo posto, per numero, fra i reati - si sottolinea nel dossier - troviamo i furti di attrezzature e di mezzi agricoli. Si può tranquillamente affermare che non vi è azienda agricola che sfugga a questo crimine. Il racket è il secondo reato - sempre per numeri di crimini commessi - che si registra. Segue a debita distanza l’’abigeato. Reato che si concentra, soprattutto, in alcune zone della Campania (in particolare gli allevamenti di bufale). Invece, è molto limitato in Sicilia e, comunque, a carattere prevalentemente familiare, poiché vi sono faide interne alle famiglie. E’ più presente in Sardegna e in Calabria. In quest’ultima regione la percentuale è più risicata in quanto nessuno osa toccare bestiame conosciuto come di proprietà di capi ‘ndrangheta. Non a caso, questo bestiame viene definito “vacche sacre”.
Nel dossier emerge anche che i furti di prodotti agricoli sono, di poco, meno frequenti dell’abigeato. Ma non si tratta, tuttavia, di occasionali furtarelli. Siamo in presenza di massicce sottrazioni del prodotto (spesso direttamente dalla pianta), che prevede una scientifica, organizzata operazione di raccolta.

Danneggiamenti e altri abusi
Tra i reati si segnalano, inoltre, il danneggiamento alle colture e le aggressioni a danno di persone. Reati tipici dell’avvertimento mafioso a chi si dimostra restio a cedere ai ricatti. Più distinti, fenomeni di usura (segnalati in Sicilia e in una zona della Calabria) e il pascolo abusivo (tipico di alcune aree della Sicilia e della Sardegna).
Meno frequenti, ma presenti, sono i furti di centraline per l’irrigazione. In Sardegna si segnalano furti di gruppi elettrogeni. Il problema cronico della carenza d’acqua in provincia di Cagliari fa sì che vi siano, talvolta, allacciamenti abusivi alle condotte idriche. Anche in Sicilia (nelle province di Enna e Catania), per le stesse ragioni, si verificano allacciamenti abusivi ed estrazione dell’acqua da pozzi non regolari.

Criminali senza scrupoli
Fiorente è anche il commercio illegale di tabacco, legato alle quote assegnate ai produttori dall’Unione europea. In questo settore impera il racket che si snoda attraverso diversi momenti: dalla raccolta all’essiccazione. Non vi sono scrupoli che tengano e il coltivatore si trova costretto a scegliere o di accettare l’infame avvertimento o di correre il rischio di vedere compromesso l’intero raccolto e con esso il lavoro di tanti anni, poiché tale è la sorte di chi si vede distruggere il campo.

Macellazioni clandestine con rischi per la collettività
Nel dossier vengono riscontrati anche fenomeni come la macellazione clandestina e le discariche abusive, ambedue presenti in tutte le regioni meridionali. Reati che travalicano gli stessi interessi diretti dell’agricoltura, colpendo l’intera collettività e, più precisamente, la qualità dei prodotti e, conseguentemente, la salute pubblica.


Prezzi agricoli “imposti”
La criminalità, secondo il dossier, impone anche i prezzi per i prodotti agricoli, pesature dei prodotti inferiori a quelle reali, fa estorsioni attuate mediante previo furto di mezzi destinati alla coltivazione, esercita il controllo del mercato fondiario, compie furti di grano, con devastazione dei campi coltivati, commerci illegali e intromissioni nell’acquisto dei prodotti.

La realtà criminale nelle regioni
La situazione più grave appare essere quella della provincia di Caserta, definita una sorta di “piazza affari” del crimine organizzato ai danni dell’agricoltura. Qui gli agricoltori -si sostiene nel “dossier”- sono vittime di incendi, furti, vandalismi e minacce. Sono costretti a pagare riscatti per riavere i propri beni. Nel Casertano viene, inoltre, segnalata la presenza di criminalità straniera (nigeriani, marocchini e albanesi) che controlla la manodopera in nero in agricoltura, specie per la raccolta del pomodoro. Ma si tratta di semplice manovalanza al servizio di organizzazioni malavitose.
Anche nel Napoletano e nel Salernitano i produttori sono soggetti a furti e intimidazioni e la criminalità finisce per avere il controllo dell’intero mercato fondiario. Mentre i coltivatori di Avellino e Benevento resistono meglio alle intimidazioni criminali, forse perché non colpiti dalle grandi organizzazioni malavitose, ma da singoli boss locali.
In Puglia - si sottolinea ancora nel dossier della Cia - è interessato tutto il territorio regionale, con zone dove la criminalità (in particolare la sacra corona unita) si manifesta in modo particolarmente odioso, colpendo non solo i beni degli agricoltori, ma la loro stessa incolumità. Infatti, sono numerose le aggressioni in campagna subite dagli imprenditori e dai lavoratori agricoli.

Le percentuali della vergogna
I furti di mezzi agricoli (16 per cento), l'abigeato (12 per cento), i furti di prodotti agricoli (11 per cento), il racket (9 per cento), sono i principali reati che colpiscono l'attività agricola in Puglia.
Stesso il discorso per la Calabria e la Sicilia, dove la ’ndrangheta” e la mafia controllano in larghissima misura il commercio agricolo e il mercato fondiario. Ma anche in queste regioni gli agricoltori finiscono per subire ogni tipo di angheria che in molti casi -come rileva la stessa Direzione nazionale antimafia- generano omertà.
In Basilicata si hanno reati specialmente in zone economicamente più avvantaggiate (Metaponto - Motescaglioso, Altobradano, Vulture - melfese, Potentino, Val d’Agri), mentre in Sardegna vi è una criminalità evoluta, pericolosa e profondamente radicata nel territorio. Tuttavia, nell’isola non esiste ancora l’associazione a delinquere che impone un vincolo duraturo, aggregante e omertoso tra criminali. La malavita si unisce occasionalmente per consumare un delitto, poi si scioglie spesso per non riformarsi.

Criminalità autoctona e manovalanza extracomunitaria clandestina
Nel dossier, infine, si rileva che la stragrande criminalità in campagna è autoctona, che può servirsi anche di extracomunitari (per lo più clandestini), ma che adopera per lavori di semplice manovalanza (carico e scarico di merce). Non si è in presenza di semplici banditi rurali, ma loro spietata arroganza, la spregiudicatezza delle azioni confermano che siamo di fronte ad una vera e propria criminalità organizzata o comunque persone strettamente collegate a forti organizzazioni malavitose che provvedono a trasformare in pingui affari il risultato delle azioni criminose.
Infatti, una parte consistente del ricavato mette in moto una serie di mercati illeciti che hanno bisogno, per essere sostenuti, di un’organizzazione efficiente, disposta a tutto e spesso legata, a sua volta, ad altre organizzazioni per assicurarsi la copertura dell’intero territorio nazionale e anche quello, per alcuni prodotti, internazionale.
In Puglia, ad esempio, si è convinti -soprattutto nella provincia di Brindisi - che il furto della strumentazione agricola, non avendo come contropartita il racket, è legato ad un’attività di esportazione del ricavato verso i paesi balcani a fronte, verosimilmente, di partite di droga.

Pezzi di ricambio
In altre zone, i mezzi agricoli vengono trasformati in pezzi di ricambio che hanno necessariamente bisogno di altri mercati. Per non parlare del bestiame che, sia se dirottato alla macellazione clandestina che verso viaggi che lo portano al di là dell’Adriatico, deve essere “affidato” ad organizzazioni pronte allo smercio.


Fonte: Cia, Confederazione italiana agricoltori

di T N