L'arca olearia 12/04/2008

L’olivicoltura nel paese delle aquile, tanti boschi di ulivi e voglia di emergere

Un reportage a firma di Boris Pangerc. Per mezzo dei giovani l’Albania è aperta ai cambiamenti e alla crescita. A Valona e Tirana i più importanti distretti olivicoli, ma per ora la quota di extra vergine rappresenta solo il 10 per cento dell'olio prodotto nel Paese


L’Albania – Shqipëria, Paese delle aquile – è un Paese straordinario e altrettanto straordinaria è la sua gente, accogliente e cordiale. E’ coinvolgente la tenerezza con la quale ti avvolge, sia che essa scaturisca nel cuore della caotica città di Tirana sia che fluisca dagli immensi boschi di ulivi, dalle loro chiome sempreverdi o dal vento che riecheggia suoni antichissimi, scanditi dall’orgoglio e dall’umiltà, dall’amore per la fertile terra rossa o dalla fierezza del popolo che la coltiva.

L’ospitalità della gente che abbiamo avuto fortuna di incontrare è paragonabile solo alla silenziosa gentilezza con la quale un ulivo secolare ti accoglie sotto la sua poderosa chioma.
L’Albania è geograficamente un paese europeo e la mentalità della gente, specialmente dei giovani, è aperta ai cambiamenti e alla crescita.

Il primo impatto con l’olivicoltura in Albania dà l’impressione che il Paese possieda una forte volontà di progredire, di allinearsi al passo degli altri Paesi olivicoli del Mediterraneo, ma che nello stesso tempo sia ancora fortemente imbrigliato nella tradizione e nelle difficoltà di poter avanzare tecnologicamente.

Foto di Jasna Pangerc

I segni della storia nell'olivicoltura albanese
La coltivazione dell’ulivo è radicata nella cultura e nella tradizione agricola albanese dai tempi più antichi. L’olivicoltura è presente principalmente nelle zone collinari e nella riviera adriatica e jonica dal Nord al Sud, da Scutari fino a Saranda.
La storia dell’olivicoltura albanese è disseminata di alterne vicissitudini con periodi di crescita e periodi di cocente regressione.

I distretti olivicoli più significativi sono quelli di Valona, che è il distretto con il maggior numero di piante (550.000), e di Tirana (280.000 piante), distretto economicamente e organizzativamente più importante, dove hanno sede le istituzioni e i ministeri preposti allo sviluppo dell’agricoltura e in particolare dell’olivicoltura.

Nel 2004 sono state censite in Albania 4.100.000 piante delle quali 3.400.000 in produzione. Nello stesso anno il Paese ha prodotto 4.000 tonnellate di olio da olive, ne ha esportate 4 e importate 820 tonnellate.
L’olivicoltura albanese ha notevoli potenzialità di sviluppo, ma ha soprattutto un estremo bisogno di crescita qualitativa. Un dato per tutti: soltanto il 10 % dell’olio che si produce in Albania è di qualità extra vergine. La maggior parte dei consumatori rifiutano l’extra vergine per due ragioni: il gusto e il prezzo. Quindi è un problema di mentalità, di educazione al gusto, ma soprattutto di acculturazione. Tuttavia anche il problema del prezzo non è da sottovalutare, tutt’altro.

Foto di Jasna Pangerc

In Albania ci sono circa 130 linee di trasformazione delle olive (leggi frantoi), tutte di marca italiana. Ma pochi frantoiani sono capaci di produrre olio extra vergine. Il 65% della produzione è vergine (“vergine comune” dicono gli albanesi) e viene pressoché tutto assorbito dal mercato interno.
Nonostante sia questa la mentalità più diffusa e radicata, ci sono però persone consapevoli, che ragionano in termini inversi: se l’Albania vuole entrare nel mondo olivicolo mediterraneo deve cambiare marcia. Sintomi tangibili di questo risveglio sono già riscontrabili nel tessuto degli olivicoltori albanesi.

Alcune di queste persone ci hanno aiutato a tuffarci nella realtà olivicola albanese e ci hanno fatto toccare con mano un altro mondo; abbiamo in certo qual modo rivissuto l’olivicoltura che si praticava in Italia mezzo secolo fa.
Il principale organizzatore di questa escursione nell’olivicoltura albanese era il giovane assistente universitario dott. Klejdi Kellici, con il quale siamo andati alla scoperta di una tradizione immutata da secoli da un lato, e dall’altro canto siamo stati testimoni del grande entusiasmo, della sete di conoscenza e della volontà di progredire che animano tanto Klejdi quanto molti dei suoi più stretti collaboratori, impegnati nell’intento di far scattare nell’olivicoltura albanese il salto di qualità.

Foto di Jasna Pangerc

La nostra visita a Tirana, Kruja e dintorni risale alla seconda metà di novembre del 2006. Era un autunno primaverile e abbiamo scelto novembre perché è il mese del raccolto.
Dajti è la montagna di Tirana. E’ alta 1680 m ed è parco naturale. Gli abitanti della capitale vi trovano conforto al riparo dall’afa della città. Dajti è bella sempre, in ogni stagione. Nel suo sottosuolo c’è un enorme bacino idrografico. Tutto il sottosuolo dell’Albania è pieno d’acqua. Tirana stessa si rifornisce dell’acquedotto del monte Dajti. Nelle colline che sono la continuazione della montagna di Dajti c’è la località Lana Bregas. Giace nella Komuna di Dajt (Comune di Dajti). Nel comune 218 famiglie coltivano ulivi. In tutta la zona del Comune di Dajti ci sono 40.000 piante di ulivo bianco, frantoio e leccino e di un’altra varietà locale denominata boc. Qui vive Bedri Hajdari, olivicoltore e frantoiano. Possiede 2000 piante, delle quali 60 sono vecchie di 200 e 300 anni. Vicino alla sua bella fattoria ha messo a dimora nel 2003 altre 180 piante. Le piante sono di varietà autoctona locale ulli i bardhè, che significa ulivo bianco (una specie di bianchera-belica della provincia di Trieste, ma di tutt’altro aspetto). Siccome non c’è vento, le piante non hanno bisogno di sostegno dei pali. Bedri Hajdari è convinto sostenitore della qualità dell’olio, ma dice che ci vorrà ancora del tempo per arrivare a livelli più alti.

La tradizione la fa ancora da padrona fra gli olivicoltori albanesi. Nel suo frantoio possiede un impianto di rinomata marca italiana. I locali del frantoio sono bene mantenuti e puliti. Hajdari è l’unico frantoiano della zona e quindi tutti vengono a molire da lui. Il suo olio lo vende direttamente in frantoio; produce solo qualità vergine con la quale nel 2006 ha vinto il premio USAID alla Fiera dell’olio a Tirana. Ma il proprio futuro oltre all’olio lo vede nell’acqua; sotto la sua campagna passa una vena d’acqua pura. Vuole sfruttare questa opportunità particolare e costruire sul suo terreno una fabbrica di imbottigliamento di acqua minerale.

Dalle montagne del Dajti, dove il microclima è tutto a vantaggio dell’olivicoltura, ci portiamo dall’altra parte di Tirana nella Komuna di Vora. La località si chiama Marikaj; qui siamo stati ospiti di Hajdar Kuçi, responsabile dell’agricoltura del distretto di Tirana e ispettore agricolo. La sua casa si erge in mezzo a una distesa di circa 5 o 6 ettari di terreno. Vicino alla casa, nel fianco di una collina, c’è un bunker-tunnel costruito negli anni 1960/70 come deposito per carri armati e dormitorio per soldati. Ora è adibito a cantina e deposito di vino. Il bunker serve anche come frantoio; la pressa è ancora a fiscoli. Sul sentiero, ai bordi dell’orto, giace abbandonato un vecchissimo trattore cinese che risale ai tempi dell’alleanza dell’Albania con la Cina di Mao Tse Tung (Mao Cedong). Accanto alla piantagione di ulivi, messi a dimora del 2002 (di sole varietà italiane, leccino, pendolino e frantoio), sorge un bacino d’acqua che era un deposito civile; ora è trasformato in laghetto. L’invaso con la diga è stato costruito durante il passato regime e l’acqua veniva utilizzata in agricoltura in tempo di siccità. Nel boschetto sotto l’invaso c’è un tavolo con i bicchieri e dietro a un albero una bottiglia di vino sempre a disposizione; se il padrone non è in casa, ci si può servire da soli. Facciamo un brindisi con il merlot-cabernet e vranac, una qualità di uva importata dal Montenegro. Segue poi (per “digerire”) una grappa albanese distillata dal vino. La grappa di vinacce non si usa, le vinacce non sono apprezzate.

Hajdar vuole avviare un agriturismo. Sul bel terreno intorno al laghetto artificiale vuole costruire delle casette in legno. Nella sua tenuta lavorano dieci persone e produce vino, olio, miele, frutta (pesche) e verdura; possiede un ettaro di serre.

Intervisto Hajdar Kuçi. Gli chiedo qual’è la situazione dell’agricoltura a Tirana.
“Tirana è il maggior centro economico albanese; l’agricoltura in questo contesto non ha molto peso perché non è molto redditizia; è un po’ abbandonata a se stessa. La prefettura di Tirana comprende 168 villaggi; ci sono 35.000 agricoltori, l’estensione media di un’azienda consta in 1,2 ettari. Nella maggior parte dei casi l’agricoltura è fonte di autosostentamento, non è fonte di guadagno.”

Come si considera il ruolo dell’olivicoltura?
“Nella politica del governo sta diventando una priorità, similmente alla viticoltura e alla frutticoltura. Stiamo tentando di avviare l’attività agrituristica per promuovere le zone interne del Paese. La tradizione olivicola in Albania è grande e molto radicata. La preoccupazione maggiore negli indirizzi del governo è dedicata però alla sicurezza alimentare; questa è una priorità che viene ancor prima della qualità. Il Ministero dell’agricoltura porta queste premesse già nella propria denominazione: Ministero dell’agricoltura, alimentazione, sicurezza e tutela del consumatore.”

I controlli avvengono solo in laboratorio o anche sul territorio?
“L’olio, per essere ammesso sul mercato, deve ottenere il certificato di origine; può essere anche di importazione. Ma l’olio che si produce in Albania passa tutto sotto il vaglio del Ministero. Per esibire l’etichetta sulla bottiglia l’olivicoltore deve avere l’autorizzazione direttamente dal Ministero per l’agricoltura, alimentazione, sicurezza e tutela del consumatore.”

Come pensate di elavare la qualità in futuro?
“Innanzitutto salvaguardando i prodotti alimentari. E’ già in fase di allestimento l’Ispettorato nazionale per la sicurezza alimentare che comincerà a operare in breve. L’innalzamento della qualità dell’olio è una priorità. Devo premettere comunque che tutto ciò di cui stiamo parlando sta nascendo praticamente dal nulla e sono quindi comprensibili gli sforzi enormi che stiamo compiendo. Noi ci rendiamo conto che questi processi sono lunghi e faticosi perché ci sono tanti nuovi concetti da assimilare, specialmente dalla parte dei produttori. E non è facile.”

Com’è il rapporto tra gli olivicoltori e le organizzazioni?
“L’ufficio agricoltura del distretto di Tirana ha una funzione di consulenza. In ogni piccolo comune c’è un agronomo che cerca di aiutare gli olivicoltori. Finora abbiamo avuto difficoltà di natura interna. In alternativa alle consulenze degli enti pubblici esistono quelle degli esperti privati; l’impatto del pubblico è meno influente del privato. Esiste anche una certa ritrosia a far entrare un funzionario pubblico nella sfera privata delle aziende. La difficoltà a controllare il settore sta anche nel fatto che gli agricoltori non sono obbligati a possedere una licenza per esercitare la propria attività e quindi l’attività non è soggetta a controlli. Gli ispettorati possono controllare solo le aziende che fanno la trasformazione dei prodotti agricoli. Il piccolo produttore che vende direttamente al pubblico non è quindi soggetto ai controlli.”

Foto di Jasna Pangerc

L'ALBANIA
La Repubblica di Albania è un paese di 3.400.000 abitanti affacciato per due terzi sul Mare Adriatico e per un terzo sul Mar Jonio. La popolazione albanese è composta principalmente da due gruppi, a seconda del dialetto che è in uso: il gruppo Gegi al Nord e il gruppo Tosk al Sud; la lingua ufficiale è l’albanese, parlata dal 99% della popolazione.
La maggior parte della popolazione è di religione musulmana (30%), il resto appartiene alla chiesa ortodossa (16%), chiesa cattolica (16%) ed altre religioni.
L’Albania si estende su una superficie totale di 28.748 kmq (è leggermente più grande della Sicilia). E’ uno dei Paesi europei con lo standard più basso, ma dal crollo del comunismo nel 1991 sta lottando strenuamente per compiere la difficile transizione verso un’economia di mercato. E’ in atto una intensa ristrutturazione macroeconomica sotto la sorveglianza del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale con la Banca d’Albania. Il Paese necessita di riforme in tutti i settori dell’economia, che continua a essere sostenuta per una larga parte dalle rimesse di immigrati che operano all’estero, soprattutto in Grecia e in Italia.
Nel 1992 gran parte delle terre agricole sono state privatizzate in mini fattorie di un ettaro che hanno redditi in costante aumento.
La valuta nazionale è il lek (1000 lek = 7.60 €).
Albania in albanese si dice Shqipëria che significa – Paese delle aquile.
L’Albania è divisa in 36 distretti amministrativi, dei quali il più importante è il distretto n. 34, quello della capitale Tirana.




(Fine prima parte. Continua)

di Boris Pangerc