L'arca olearia 23/06/2007

LO STATO DI SALUTE DEGLI OLI ITALIANI / 3. LA PAROLA A CHI OPERA A VARI LIVELLI NEL MONDO DELLA RICERCA: SI E’ SULLA BUONA STRADA, MA IL TRAGUARDO DELLA QUALITA’ E’ ANCORA LONTANO

Secondo Luciano Di Giovacchino, esiste una netta differenza tra gli oli commercializzati allo stato sfuso per l’autoconsumo e quelli presentati in bottiglia. Probabilmente il pubblico non è ancora maturo o non è abbastanza “scolarizzato” – incalza l’analista sensoriale Donato Creti - se non sa ancora orientarsi davanti allo scaffale. Intanto, per la curiosità, si lancia il cosiddetto crio-olio


Ritorna l’inchiesta sullo stato di salute degli oli italiani. La domanda è la medesima delle due puntate precedenti. Ovverosia: “Qual è l'effettivo grado di qualità degli oli extra vergini di oliva in Italia? Quelli degustati nelle varie commissioni di assaggio o per lavoro come si possono giudicare nel complesso? Sono appena sufficienti, discreti, buoni o eccellenti?


Intanto, per conoscere il parere dei buyer della grande distribuzione e degli enotecari, ecco il link della prima puntata:
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Per il parere espresso dagli analisti sensoriali, ecco invece il link relativo alla seconda puntata:
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Nessun commento da parte nostra, per ora. Lo faremo al termine dell’inchiesta. (3. continua)





Luciano DI GIOVACCHINO, ha lavorato nelle vesti di ricercatore presso l’Istituto sperimentale per l’Elaiotecnica di Città Sant’Angelo e ora, tra le varie occupazioni in qualità di esperto, presiede tra l’altro la giuria del concorso “Sirena d’Oro”:

“Ecco le mie valutazioni, facendo riferimento alle degustazioni di olio da me effettuate nell'ambito della ridotta attività che esercito a seguito del collocamento in quiescenza.

Olio vergine di oliva in confezioni. Quando ho assaggiato oli confezionati da privati o cooperative, in bottiglie etichettate e di sicura origine italiana, ho sempre trovato dei prodotti di buona, alta e, diverse volte, di eccellente qualità perché provenienti da produttori che curano tutte le fasi del processo, dalla coltivazione dell'oliveto alla raccolta ed alla trasformazione delle olive e, infine, al confezionamento del prodotto finito. Non so quale sia la percentuale di tale produzione su tutto l'olio prodotto in Italia; la mia speranza é che essa possa raggiungere la percentuale del 20-30% per confermare una presenza qualificata di aziende italiane che si dedicano con passione, capacità e con buoni risultati economici a questa attività agricola che presenta evidenti ed oggettive difficoltà in un'ottica di competizione internazionale.

Olio di oliva vergine allo stato sfuso. Quando mi é capitato di assaggiare dell'olio allo stato sfuso, in genere prodotto e consumato dagli olivicoltori nell'ambito famigliare o delle amicizie, ho spesso rilevato, da una parte, oli poco caratterizzati dal punto di vista organolettico, in genere poco fruttati e tendenzialmente non amari e piccanti, e, dall'altra, oli con leggeri difetti, talvolta più evidenti, originati da alterazione fermentativa delle olive, stoccate per tempi lunghi prima della loro lavorazione in oleificio. Questa situazione é tipica della produzione olearia che alimenta l'autoconsumo che rappresenta, in Italia, circa il 30-35% della produzione totale (almeno credo)

Olio vergine di oliva commercializzato allo stato sfuso. L'olio vergine di oliva prodotto in Italia e commercializzato allo stato sfuso in grandi quantitativi risulta di qualità appena sufficiente, al limite tra le categorie extra vergine e vergine, soprattutto per i caratteri organolettici che evidenziano leggeri difetti dovuti soprattutto alla materia prima non sempre di buona qualità e, qualche volta, anche alla conservazione effettuata in condizioni non razionali, specie per quanto riguarda la protezione dell'olio dal contatto con l'aria sempre presente e dannosa nei recipienti non completamente riempiti di olio.

Questa mia risposta rappresenta un quadro, spero reale della situazione del nostro paese, e comunque un obiettivo che, mi auguro, le aziende olivicole italiane possano raggiungere e mantenere per conservare, nel panorama mondiale, la migliore immagine per la qualità della produzione olearia che ancora tutti i paesi importatori ci attribuiscono.

Donato CRETI, aromatiere e analista sensoriale:

Bella domanda per uno che come me mangia “pane ed analisi sensoriale” dalla mattina alla sera.
Come ben sai, con il lavoro che faccio, il numero delle degustazioni giornaliere a cui partecipo è elevato ed ampio nei generi. Mi capita, infatti, di degustare ogni sorta d’alimento, ma l'olio, da diversi anni, è diventato un mio pallino e pur non essendo un “assaggiatore ufficiale”, occasionalmente anch’io partecipo a qualche panel sull'olio.
Ciò che posso dirti è che in quelle occasioni raramente riscontro oli difettati. Sono tutti, secondo i criteri di giudizio ufficiali, eccellenti, molto buoni o almeno sufficienti. Dato di fatto che mi sembra abbastanza normale: quando si va alla fiera si espone il meglio della propria produzione.
Credo quindi che i miei “assaggi ufficiali” rientrino in quella fascia che, per somma matematica dei primi due classificati, fa il 30% degli oli italiani menzionati dal presidente de “I Viandanti dei Sapori”, Giorgio Sorcinelli, il quale ha dato il suo autorevole parere alla stessa domanda nella seconda puntata della tua accattivante inchiesta.

Quel 30% credo che si riferisca però al numero d’etichette o qualità d’olio extra vergine d’oliva che passano attraverso il giudizio degli assaggiatori di enti certificatori e non alla qualità della gran quantità d’olio che troviamo in commercio. Ho l’impressione, dimmi se sbaglio, che in realtà la quantità d’olio buono, e per buono intendo quello che conserva tutti i caratteri di tipicità dichiarati ed abbia tutti i requisiti per potersi meritare l’appellativo legale di “extra vergine”, ebbene sia nettamente inferiore.

Andiamo tutti al supermercato, ma quanti sanno leggere un’etichetta e nello specifico quelle dell’olio? Quanti fanno il conto dei 18 mesi e non si accorgono che se un olio è “spacciato” per “nuovo” a novembre del 2006, non può avere un termine di scadenza a maggio del 2007 … ma forse sbaglio io, quei signori, per ragioni di economia aziendale, hanno semplicemente riciclato vecchie etichette!

Cosa dire di quell’altro olio extra vergine d’oliva, dichiarato 100% italiano, il quale durante queste settimane, a cavallo tra maggio e giugno, in una catena di supermercati toscani viene generosamente offerto solo ai soci alla metà del prezzo (10 euro la dama da 3 litri anziché 20 euro). Questa è una catena di supermercati nei quali si stima che la maggior parte dei clienti siano soci! (Non so se posso menzionare i nomi, perciò ti allego il particolare che da’ evidenza del fatto: olio Lifranto nel giornalino pubblicitario della Unicoop Firenze.).



Ma qualcuno, più esperto del sottoscritto, ha mai fatto il conto di quanto costa realmente l’olio extra vergine d’oliva 100% italiano?
Anche se la mia non vuole essere una rigorosa indagine scientifica (di quelle ne faccio fin troppe in altri campi alimentari) mi trovo spesso ad acquistare, per curiosità, oli provenienti da varie regioni italiane. Una bottiglia ogni tanto, giusto per una verifica. La maggior parte delle volte mi pento di aver gettato quei 13-16 euro al litro per oli che non sono assolutamente all’altezza, oppure, per meglio dire, il cui rapporto qualità-prezzo è veramente sproporzionato, verso il basso. Sono oli che finiscono nello stipo della mia cucina tra quelli adibiti alle fritture oppure alle preparazioni a caldo.

Probabilmente il pubblico non è ancora maturo o non è abbastanza “scolarizzato” e non sa ancora orientarsi tra le tante qualità d’olio extra vergine d’oliva. Anzi, a mio parere, è parecchio confuso se continua a comprarlo palesando preferenze per una qualità tendenzialmente bassa. A maggior ragione mi stupisco per quanto accade nella regione nella quale vivo, la Toscana, dove, si presuppone, il legame con il territorio è ancora molto saldo e dove è più facile imparare a riconoscere un prodotto di elevata qualità.

Probabilmente la gente, anche qui, è distratta e non vuole o non può più soffermarsi su inezie del genere! Ciò che vedo sono le nuove generazioni alimentarsi sempre di più con abitudini d’oltreoceano: hamburger inondati da ketchup, accompagnati da una bella bibita gassata o energizzante. Abitudini fast, divertenti, ma soprattutto dissennata dal punto di vista alimentare!

In ogni modo, il dramma maggior sull’olio, lo vivo al ristorante, a mano a mano che ci si inoltra nella stagione calda. Per ragioni di lavoro mi trovo spesso a mangiare fuori casa e per ragioni di dieta cerco sempre di orientarmi verso piatti poco elaborati preferendo, per esempio, carni e pesce grigliato accompagnati da insalate miste o verdure bollite. Tutti alimenti che si prestano ad essere conditi con un buon olio a crudo.

Ahimè, in più occasioni sono costretto a mangiare scondito in quanto l’olio che trovo sul tavolo, la maggior parte delle volte in una bottiglia trasparente, è decisamene inaccettabile. Mi conforta il fatto che qualche ristoratore più intraprendente incomincia, timidamente, a presentare col menù anche la carta degli oli e quello più accorto conserva addirittura le bottiglie in un posto fresco ed al riparo dalla luce fino a quando non glielo chiedi. Ma queste meteore sono molto rare!

Perché sono così critico? Forse perché da anni sono abituato troppo bene. Come molti altri “pazzi per l’extra vergine di qualità”, io l’olio lo seleziono direttamente dal produttore al momento della frangitura e poi lo congelo, così posso disporre di olio extra vergine d’oliva “appena franto” anche nel mese d’agosto!
E’ una pratica, quella del crio-olio, che sto cercando di diffondere come naturale innovazione nei confronti di una tradizione millenaria. Una pratica che consente di valorizzare le qualità sensoriali, nutrizionali-farmacologiche dell’extra vergine.

Presto comunicherò i risultati dello studio sul crio-olio che sto conducendo grazie ad un’autorevole Università. Assieme stiamo preparando un disciplinare (non tutti gli oli si prestano a questo trattamento) ed i metodi di analisi e controllo della filiera i quali comprovino quanto già naso e palato evidenziano al momento della degustazione del crio-olio in confronto a quello conservato in modo tradizionale, dopo alcuni mesi dalla frangitura.

Auspico che quella che considero una “nicchia di estimatori” del vero, autentico olio extra vergine d’oliva possa avere la possibilità, in un prossimo futuro, di scegliere, da appositi armadi-congelatori (come quelli dei gelati), sia in un enoteca, che in un negozio come al ristorante, l’olio che desidera, certi di riscontrare in esso tutte le proprietà che madre natura ha saputo regalare a questo meraviglioso condimento.

Chissà, forse a breve, non storcerò più il naso quando, nel mio girovagare per mercati e ristoranti, chiederò ancora di degustare l’olio buono.

di Luigi Caricato