L'arca olearia 02/06/2007

LO STATO DI SALUTE DEGLI OLI ITALIANI / 2. LA PAROLA AGLI ESPERTI ASSAGGIATORI. CON UN GIUDIZIO NEL COMPLESSO POSITIVO, MA NON SENZA QUALCHE DICHIARAZIONE FORTE CHE LANCIA UN SERIO ALLARME

Ecco, in questo secondo viaggio esplorativo, le opinioni di alcuni tra i più noti panelisti. Da Alfei a Cresti, da Fioravanti a Maggio, da Scoccia a Sorcinelli. Non ci si deve illudere troppo. In molti casi innovazione, cultura e professionalità si scontrano con la tradizione


La domanda è la medesima di sabato scorso, riportata nella prima puntata dell’inchiesta. Quella che ho rivolto ai buyer della Grande distribuzione e agli enotecari. Ecco il link per leggere le testimonianze espresse da Vittorino Brambilla per Esselunga e da Ermanno Gargiulo per la Coop, nonchè dagli enotecari Luca Bandirali e Giovanni Longo:
link esterno

La domanda, dunque, è la seguente: “Qual è l'effettivo grado di qualità degli oli extra vergini di oliva in Italia? Quelli degustati nelle varie commissioni di assaggio o per lavoro come si possono giudicare nel complesso? Sono appena sufficienti, discreti, buoni o eccellenti?

Nella prossima puntata si darà voce a ricercatori e studiosi. (2. continua)



Barbara ALFEI, Capo Panel ASSAM Marche:
“Nel mio piccolo sto riscontrando un miglioramento progressivo dello stato di salute degli oli extravergini di oliva italiani. In qualità di assaggiatore e Capo Panel Assam-Marche, ho avuto la fortuna di degustare numerosi oli, provenienti dalla nostra regione e da altre zone, nazionali e non, in occasione di Panel test ufficiali, studi di caratterizzazione di varietà autoctone, concorsi di qualità, conformità a Disciplinari, fino alla Rassegna Nazionale degli oli monovarietali, che sto seguendo direttamente da quattro anni.
A partecipare sono soprattutto aziende medio-piccole, che sempre più numerose si propongono sul mercato con una propria etichetta, con prodotti in molti casi fortemente caratterizzati dalla provenienza varietale e/o territoriale.
Direi che l’evoluzione è senz’altro positiva, sia nel livello qualitativo dei prodotti in degustazione, sia nella consapevolezza sempre maggiore da parte di produttori e consumatori del valore di un olio di qualità assoluta.
Sono ormai veramente pochi i campioni che arrivano a degustazioni ufficiali con difetti più o meno gravi; tantissimi oli presentano invece caratteristiche di pregio, che vanno molto al di là della classe merceologica dell’olio extravergine di oliva, tanto da poter essere inseriti in una fascia di prodotti d’eccellenza.

Questo non significa che gli oli italiani siano tutti sopra la sufficienza; sicuramente c’è ancora molto da lavorare, ma il percorso avviato mi sembra comunque positivo, e sta portando a dei risultati, piccoli o grandi che siano…comunque incoraggianti…!”

Giampiero CRESTI, assaggiatore professionista OTA, Olivicoltori Toscani associati:“
"La situazione è piuttosto eterogenea: si trovano oli ascrivibili a tutte le categorie indicate, la tendenza degli ultimi anni è comunque verso un progressivo miglioramento organolettico. Se gli eccellenti non sono ancora moltissimi, aumentano sensibilmente i buoni a scapito degli appena sufficienti. Non è facile generalizzare perché nel nostro Paese rimangono ancora notevoli differenze legate alle zone di produzione ed in taluni casi la forbice si è ulteriormente allargata: alcune hanno fatto passi da gigante verso la qualità organolettica, mentre altre sono rimaste piuttosto immobili”.

Paola FIORAVANTI, presidente UMAO:
"Mi fai una domanda estremamente imbarazzante, perché ho il sospetto che a parte una minoranza che ha sempre prodotto in qualità, molti anche se a parole applicano processi e metodi per ottenerla, sono ben lontani dal raggiungerla.
La mia esperienza mi porta a dire che mentre i concorsi sono sempre più affollati e mediamente gli oli sono migliorati e molti campioni raggiungono l'eccellenza, tanto da mettere in seria difficoltà la giuria; quando si assaggiano campioni che non hanno per obiettivo un premio, allora è tutta un'altra musica. Si assiste ancora alla presenza di oli estremamente difettati in ragione anche del 15-20%, mentre difetti lievi o oli piatti sono quasi nella norma. I risultati del Biol di Andria sono sintomatici. Ha vinto un olio spagnolo che decisamente meritava di vincere. La sicurezza che gli oli italiani sono sempre i migliori, sta venendo meno, ma invece di correre ai ripari con azioni decise ed incisive, si cerca di addossare la colpa a fattori esterni, senza comprendere che il Mercato non tiene conto delle cause del deprezzamento, ma semplicemente dei risultati e dei prezzi.
Scusa se ti rispondo in maniera generica, ma effettivamente mi sembra che ci siano due realtà produttive, una per mettersi in mostra e cercare di emergere singolarmente, l'altra con la produzione che è sempre stata fatta senza accettare innovazioni e/o modifiche.
In mezzo esiste una percentuale di produttori (che potrei stimare intorno al 20%) che cerca di fare qualità, ma non ha le idee chiare, non ha la possibilità di rivolgersi a qualcuno che gli chiarisca i dubbi e soprattutto non vede remunerati gli sforzi economici che è costretto a sostenere e che lo sfiduciano sempre di più.
Spero che la mia posizione pessimistica sia superata da una inversione di tendenza che permetta agli olivicultori italiani di tornare ad essere protagonisti della produzione di olio di qualità ricercato a livello internazionale”.

Antonino MAGGIO, capo panel Trapani, nonché dirigente assessorato regionale agricoltura Sicilia:
"In riferimento alla sua domanda, relativa all'inchiesta sugli oli italiani, la mia esperienza di gestire le commissioni di assaggio di oli vergini di oliva, porta alla seguente risposta: lo stato di salute degli oli italiani risulta essere appena sufficiente, poiché ancora molti oli all'esame organolettico presentano difetti di avvinato e riscaldo.
Inoltre, molti oli presentano il difetto, seppur di intensità di mediana < a 1-1,2 (appena percettibile),di rancido, per cui necessità migliorare il sistema di conservazione del prodotto”.

Marcello SCOCCIA, capo panel ONAOO:
Ritengo sia positivo, in generale, lo stato di salute degli oli italiani, ma non dobbiamo illuderci che tutte le produzioni risultino di qualità buona. Non in tutte le aree del Paese si è assistito ad un’evoluzione. In molti casi, innovazione, cultura, professionalità si scontrano con le tradizioni e non vengono accettate positivamente. Ritengo ci sia ancora molto lavoro da fare, e il contributo di ognuno di noi è prezioso e fondamentale.
Quanto agli oli degustati, direi che la maggior parte di essi sia discreta e buona, ma non posso nascondere che a volte ci si trova ad esaminare oli che presentano difetti evidenti. Alcuni difetti come il riscaldo, l' avvinato e il rancido, sono spesso presenti negli oli esaminati. Di positivo, segnalerei che rispetto a dieci, quindici anni fa, il numero degli oli difettosi è sicuramente sceso”.

Giorgio SORCINELLI, capo panel OLEA e presidente de I viandanti dei sapori:
“Apprezzo molto questa domanda a bruciapelo che mi rivolgi e che ti rigiro un attimo chiedendo a Te che considero una " Persona Seria" e un vero uomo del " Mondo dell'Olio" che sa distinguere meglio di altri la differenza tra "Reale" e " Virtuale" tra " Positivo" e "Negativo", tra " Cronaca" e " Poesia", quant'è l'olio di qualità buona o eccellente (e che piace a pochi ), contro l'olio di qualità mediocre o scadente (che piace a tanti ).
Sappiamo benissimo che alla qualità contribuiscono per la loro parte " produttori", coadiuvati da "esperti "e " divulgatori" , "operatori della ristorazione", ma soprattutto "noi consumatori" che purtroppo ancora spesso non siamo in grado di giudicare o spesso non abbiamo il coraggio di apprezzare quando il prodotto merita, stimolare o bacchettare, a ragiona veduta ove serve, chi ci propina o fornisce un prodotto scadente.
Una fotografia seria della realtà degli extra vergini italiani, senza fare torto a quei produttori seri e volonterosi che noi esperti e associazioni di degustatori rispettiamo e difendiamo, per l'impegno che profondono, a mio avviso, nonostante tutti gli impegni di tutti noi, si presenta ancora un pò ingiallita e sfuocata ed avrebbe bisogno di ulteriori restauri e rifacimenti.
Le aziende che fanno oli di alta qualità, con tanti sacrifici, sono in genere molto piccole e si dedicano soprattutto alla valorizzazione, importante ma anche alla moda, dei Monovarietali, per contro le grandi aziende dedicano alla alta qualità solo una piccola percentuale ( 10-20%) per l'immagine e il resto è (per noi) il più delle volte da ..rettifica o da fare sapone o da buttare.
Per risponderti in maniera netta e onesta dalla mia modesta esperienza è questa:
1) alle numerose rassegne e concorsi che come OLEA ho la fortuna di coordinare e dirigere in molte regioni e province italiane, da alcuni anni, partecipano in genere aziende ormai consapevoli della qualità che fanno, quindi almeno il 10 % degli oli risultano eccellenti, il 40% di qualità, il 30% di qualità discreta e il restante 20% ancora " malato" con evidenti difetti tecnologici o igienici;
2) Alle commissioni di Assaggio, da miei giudizi, come per quanto sopra, vengono inviati in genere oli da aziende abbastanza informate alla qualità quindi : 60-70% extra vergini; 20-30% Vergini e il restante 10% Lampante.
3) il problema esiste nella massa di quelli che non si confrontano e che non vogliono sapere, vuoi perché sanno tutto e vuoi perché comunque la tradizione e l'abitudine al gusto locale gli chiede quel prodotto, la cultura dei consumatori è legata al quei prodotti dagli " Antichi Sapori", che a me solo a sentirlo dire fa alzare il pelo, in quanto oggi non hanno più motivo di esistere perché i Sapori sono Nuovi e non più Antichi.
Per questi allora la percentuale della qualità è molto bassa ed inversamente proporzionale alla quantità prodotta e commercializzata. E' qui il vero problema " appena sufficiente".
Un altro fattore sconvolgente emerge, sempre a mio avviso, dalla qualità degli oli Dop , i quali spesso e volentieri, pur rispettando alcune delle caratteristiche delle cultivar del territorio, presentano leggeri o evidenti difetti. Ma quali sono questi Panels o Enti Certificatori che fanno passare questi prodotti? Mediocri ? Com'è possibile riempirsi la bocca con paroloni Dop quando poi ..."è solo poesia ? inoltre chi certifica non è in grado di certificare..perché tutto è ammesso.....ma chi se ne frega ..basta che si chiama Dop.
Quindi in definitiva per sbilanciarmi alla luce delle mie conoscenze sull'olio italiano, nell'ordine indico :
1) 10% Olio E.V. Eccellente
2) 20% Olio E.V. Buono (compreso alcune DOP)
3) 30% Olio E.V.o Vergine - Mediocre (compreso alcune DOP)
4) 40% Olio Vergine e/o Lampante (l'olio "tradizionale" del territorio per i consumatori "più attenti " o " più sprovveduti" ?

di Luigi Caricato