L'arca olearia 19/02/2005

MA COME MALTRATTIAMO IL NOSTRO OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA! PUR DI VENDERE SI È DAVVERO DISPOSTI A TUTTO? ANCHE A SVILIRE PRODOTTI DI QUALITÀ E CERTIFICATI?

Ecco un altro punto dolente del mondo della produzione. Ci si lamenta che i conti non tornano, che i prezzi di mercato non sono remunerativi, ma siamo davvero sicuri di operare per il meglio? Il caso dell’Igp Toscano torna sul banco degli imputati, ma la questione riguarda tutti. "Le denominazioni di origine - ci ha detto Vignolini, direttore Onaoo - non hanno portato a ottenere un premio di prezzo"


La storia la conoscete tutti. Su “Teatro Naturale” del 29 gennaio scorso abbiamo evidenziato una pesante anomalia nella gestione del mercato di esportazione di olio extra vergine di oliva a marchio Igp Toscano. Inevitabile che alcune delle realtà citate abbiano poi voluto testimoniare la propria posizione. La ospitiamo volentieri in questa seconda puntata dell’inchiesta. Da parte nostra il lavoro l’abbiamo svolto egregiamente, senza trascurare nulla. I diretti interessati li abbiamo contattati più volte e non sempre abbiamo avuto riscontri. Salvo il fatto che, a pubblicazione avvenuta, due di loro hanno sentito il dovere di dichiarare i propri convincimenti in materia.
Per chi non avesse letto l’inchiesta, ecco il link:
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Nel frattempo ci ha scritto sia Marcello Dragoni, della Direzione generale di Montalbano Agricola Alimentare Toscana; sia il presidente dell’Ol.ma. di Grosseto Massimo Neri.

Vi presentiamo dunque i loro punti di vista. In conclusione, invece, esponiamo le nostre riflessioni, che sostanzialmente si sintetizzano in un concetto molto elementare: se i produttori sviliscono, addirittura sui mercati internazionali, un prodotto a marchio Igp, cosa dobbiamo poi attenderci di buono da un extra vergine generico, senza certificazione di origine? Sembra insomma che si proceda senza una progettualità, o, addirittura, che si dia corso a una pianificazione errata e senza sbocchi per il futuro. Vale a dire, per intenderci meglio: se c’è la piena consapevolezza di sposare una scelta commerciale che poggi su una politica di competitività di costo piuttosto che su quella di una filiera del premio di prezzo, vuol dire allora che non si è affatto compresa la realtà olivicola italiana nella sua complessità. Al riguardo consigliamo peraltro la lettura, molto precisa e puntuale, che sull’argomento aveva ben argomentato Lamberto Baccioni, su “Teatro Naturale” del 3 luglio 2004: link esterno


INTERVISTA A MARCELLO DRAGONI

- Bene, vogliamo precisare qualcosa intorno alla vicenda di cui abbiamo dato notizia a fine gennaio?
La catena di distribuzione Cosco è piuttosto importante ed effettua delle vendite all’ingrosso. Sarebbe più da assimilare a una nostra Metro, per intenderci. Io ci sono andato in visita e ho trovato in vendita il Tignanello, la Vernaccia, il Morellino di Scansano; e così anche gli oli toscani.
- Noi abbiamo messo in evidenza il basso prezzo rispetto a un prodotto certificato a marchio Igp, per giunta proveniente da un’area assai nota e qualificata, di grande prestigio. Ecco, si tratta di un’anomalia piuttosto evidente...
A noi non sembra di avere fatto un prezzo basso e neppure di essere entrati in diretta competizione con altri produttori. Anzi, con l’Ol.ma. abbiamo lavorato insieme per mantenere una quotazione dell’olio quest’anno la più alta possibile. Noi siamo qui per fare gli interessi degli olivicoltori. Abbiamo fatto 80 mila quintali di olive quest’anno, tutte nella provincia di Pistoia e di Firenze. E’ chiaro che il prodotto per essere valorizzato si debba in qualche modo venderlo. In America abbiamo anche altre catene di distribuzione. Noi riusciamo comunque a garantire, attraverso la nostra attività commerciale, una remunerazione interessante per i nostri soci.
- Però molti olivicoltori quest’anno hanno lamentato una minore remunerazione...
Questo è indubbiamente vero, però bisogna anche tener conto che in agricoltura non si può prescindere dalle annate. Noi ce la mettiamo tutta per valorizzare il prodotto. Chiaramente si può sempre commettere qualche errore, nessuno di noi può sentirsi immune dal commettere errori. Però abbiamo anche fatto tutto il possibile. Onestamente anch’io ho sentito parlare di basse quotazioni. Noi non abbiamo fatto una politica tesa al ribasso con i nostri soci. Ovviamente noi abbiamo una politica volta a vendere. Sono vent’anni che provo a valorizzare il prodotto, se ci sono riuscito non lo so. Però commercializziamo 8 mila quintali d’olio Toscano Igp. Insieme all’Ol.ma. siamo i più importanti in tutta la regione. Noi tendiamo a vendere e puntiamo ad avere il prezzo più alto del momento.
- Quest’anno tuttavia c’è stata una sorta di guerra commerciale, c’è stato uno squilibrio che si è creato in Toscana...
Sa, può essere, di voci se ne sentono tante; io non posso riferire quello che hanno fatto gli altri. Posso dire quello che abbiamo fatto noi, e quello che ha fatto la nostra concorrente ch’è l’Ol.ma., con la quale abbiamo oltretutto un buon dialogo. Purtroppo c’è un libero mercato e ciascuno può fare quello che crede più opportuno. Secondo me è meglio vendere la produzione, tutta, a un prezzo interessante, che sia il massimo che si possa avere in quel momento pur di vendere una quantità importante. Il prodotto credo sia valorizzato proprio quando è venduto tutto. L’alternativa è di attendere che qualcuno ci venga a chiedere l’olio. Certo, il mercato c’è e lo dobbiamo aggredire. Noi lo stiamo aggredendo. Comunque, non mi risulta che ci sia stato qualche guastatore.
- In ogni caso desta grande sorpresa assistere a prezzi di vendita al pubblico inferiori a 11 dollari per una bottiglia da litro, quando poi rispetto ad altre produzioni non a marchio si potrebbero spuntare prezzi ben più importanti, anche in ragione del prestigio di cui gode la zona produttiva nell’immaginario comune...
Mah, queste sono valutazioni. Noi comunque a questi prezzi riusciamo a remunerare bene i nostro soci, con il massimo raggiungibile. Poi, sa, è sempre difficile imporre il prezzo a una catena di distribuzione. D’altra parte quelli della Consco vendono prodotti prestigiosi a un prezzo di costo puro, per una questione di immagine.

INTERVISTA A MASSIMO NERI

- Quali rapporti esistono tra l’Ol.ma, di cui lei è Presidente, e la Cosco americana?
Da tempo abbiamo relazioni commerciali con aziende internazionali come la Cosco, che è una grande realtà commerciale statunitense, un cash&carry che serve operatori della ristorazione, pubblici esercizi e simili. Il contratto di fornitura con questa azienda è importante, e come tale va considerato, ed è stato quindi stipulato con condizioni esclusive.
So che il prezzo di vendita al consumatore americano del nostro prodotto certificato Igp toscano, bottiglia da un litro, per quest’anno, è di 10,90 dollari.
- Un prezzo tutt’altro che alto. A quanto riuscirete a remunerare l’olio ai vostri soci?
Bisogna premettere che l’annata è stata sicuramente storica, l’Ol.ma non registrava quantitativi così rilevanti da vent’anni. Nel 2003/04 ci sono stati conferiti, da parte dei soci, 2.500 quintali d’olio, questa campagna siamo invece a 6.300 quintali.
È evidente che per una normale dinamica di mercato, rispetto a quantità così importanti, i prezzi tendano a scendere. Le posso dire che, la scorsa campagna siamo riusciti a pagare 7 euro al kilogrammno.
- E quest’anno?
I frantoi chiudono la loro attività al 31 giugno, non al 31 dicembre. Quando il chiuderemo bilancio potrò fornirle un dato attendibile.
In via preliminare posso dire che sarei soddisfatto se dal prezzo dell’anno scorso scendessimo di un 10%.
- Torniamo al prezzo di vendita del vostro prodotto negli Usa. 10,90 dollari equivalgono a 8,30 euro. Tenendo conto dei costi di imbottigliamento, trasporto e dogana, oltre che del legittimo guadagno di Cosco, come spera di remunerare l’olio ai propri conferitori a 6,30 € al kilogrammo? I costi sopra citati sono stimabili in almeno tre euro al litro, o no?
Innanzitutto è necessario far rilevare che si tratta di una vendita diretta e quindi vengono saltati alcuni passaggi intermedi, con importatori e distributori, che inciderebbero notevolmente sul prezzo finale. Inoltre nelle trattative abbiamo dovuto necessariamente tenere di conto di quello che è, allo stato attuale, il prezzo di mercato all’ingrosso di extravergine Igp toscano, ovvero intorno ai 5 euro.
Rispetto a una vendita sostanziosa, come quella con Cosco, riuscire a stare sopra al prezzo medio di mercato è comunque un bel successo, non crede?
- A cosa imputa questa discesa vertiginosa del prezzo dell’extravergine toscano? Da 7 a 5 euro. Non le sembra un po’ troppo?
Come ho avuto già modo di ricordare quest’anno la produzione è stata record, un calo era fisiologico. Inoltre, per quanto riguarda la vendita negli Usa, alcuni concorrenti dalla stessa Toscana hanno offerto a Cosco olio certificato a prezzi inferiori ai nostri.
- Lei quindi mi conferma che, quest’anno, c’è stata una guerra commerciale che ha depresso il prezzo?
Ripeto, il prezzo si sarebbe comunque abbassato, ma certo il ribasso si sarebbe potuto tenere più contenuto se alcune aziende toscane non avessero battagliato sul prezzo di vendita.
- Non crede sia possibile, secondo illustri indicazioni quali quelle del Presidente Ciampi o di Montezemolo, fare sistema? Instaurare un maggiore dialogo tra le aziende di commercializzazione toscane per evitare di deprimere eccessivamente il prezzo dell’olio? Non è possibile coinvolgere maggiormente il Consorzio di tutela sulla partita?
La difesa della toscanità è una nostra bandiera e noi siamo aperti al confronto con qualsiasi realtà abbia lo stesso obiettivo. Dopo di che eviterei di coinvolgere il Consorzio di tutela in queste discussioni. È un organo con altri scopi ed è giusto che rimanga super partes rispetto a questioni commerciali. La sua attività è di promozione ed è utilissima per far conoscere ed apprezzare l’extravergine della nostra regione in Italia e nel mondo.


TIRIAMO LE CONCLUSIONI
Le dichiarazioni di questi altri due protagonisti del mondo oliandolo toscano non mutano quindi lo scenario che avevamo delineato solo qualche settimana fa.
Nel 2003/04 il prezzo era infatti alto (7 euro/kg) ma la produzione è stata talmente bassa, a causa di gelate tardive ed altri fattori, che l’olivicoltore, molto spesso, non ha ricavato dal suo lavoro nessun utile.
Quest’anno, invece, con produzioni significative il prezzo di olio certificato è veramente basso (5 euro/kg), a livelli tali da non coprire i costi di produzione.
Quando le aziende oliandole possono sperare di ricavare un guadagno?

Per trarre le conclusioni abbiamo interpellato il direttore dell’Onaoo Fabrizio Vignolini, che ha lunga e provata esperienza nel settore olivicolo.
- Cosa ne pensa della vicenda denunciata da Teatro Naturale? Della vendita di extravergine certificato a prezzi irrisori?
Non mi ha sorpreso in realtà. Su alcuni mercati esteri, come il Nord America, la qualità e la certificazione non è poi così premianti. Le vendite di quantità rilevanti si fanno solo a prezzi bassi, indipendentemente dalle caratteristiche del prodotto. È noto, esistono diversi studi, che negli Usa la sensibilità all’acquisto a prezzi superiore rispetto a quelli medi di mercato, tra i 9 e i 12 dollari, è molto bassa. La stessa cosa, non è un mistero, accade anche in Italia.
Infatti a qualche anno dall’introduzione delle denominazioni d’origine nel settore olivicolo, i risultati non sono così confortanti. Questo vale tanto per l’Igp toscano quanto per le altre Dop italiane. Gli ideatori e i promotori delle denominazioni d’origine si auguravano che la certezza della provenienza, attraverso un sistema di controlli e verifiche, portasse a un premio di prezzo sensibile per gli olivicoltori. Sta, purtroppo, accadendo il contrario, ovvero il delta di prezzo tra un extravergine certificato e uno standard non è poi così alto e si sta, negli anni, riducendo sempre più.
Occorre un modello diverso di promozione, meno istituzionale, meno distante dal consumatore. Occorre fare corsi, degustazioni guidate, ovvero tutte quelle iniziative dirette di divulgazione e comunicazione durante le quali le persone si sentono coinvolte e fatte partecipi.”

di Luigi Caricato, Alberto Grimelli