L'arca olearia 04/12/2010

La qualità degli extra vergini? Ci condanna a soccombere

Il giornalista e olivicoltore Felice Modica racconta il suo personale approccio con il succo d’oliva. In un’epoca in cui la parola “vergine” sembra svuotata d’interesse e valore, si produce e propone addirittura un “extra vergine”. Una cosa orgogliosamente demodé, ma si tratta di una vittoria silenziosa (8. continua)




Quando ho compiuto cinquant’anni non ho festeggiato. Ci mancavano pure i festeggiamenti… Sono andato a caccia tutto il giorno coi miei cani – i miei migliori amici – e ho trovato solo una beccaccia d’entrata, beandomi, alternativamente, della ferma del breton e del drahthaar. Solo una fucilata a un colombaccio (per “onor di firma”) e un pasto frugale consumato all’ombra di una quercia: pane casereccio, olio di Bufalefi, ciliegino essiccato e origano. Eukanuba per chi aveva faticato di più.

Pensandoci bene, ho festeggiato a modo mio, forzando la personale resistenza in quel solitario confronto con la natura e con se stessi che costituisce l’essenza della caccia.
Oggi, che di anni ne ho 51, un vecchio amico, Luigi Caricato, m’invita a celebrare il mezzo secolo di un illustre quasi-coetaneo: l’olio extra vergine d’oliva, nato il 13 novembre del 1960, con la legge n. 1.407.

Stavolta c’è molto da festeggiare, ha ragione il principe oleologo (cui s’addirebbe pure l’appellativo di oleodotto, se questo non evocasse il mondo sporco degli idrocarburi…).
Inadeguato, come un cane in chiesa, mi sento a petto della scienza di Luigi. Perché io – olivicoltore da sette generazioni: l’ottava quella di mio figlio Alessandro – sono tra l’altro un estimatore dell’olio dell’ultima ora.

Lo confesso: non apprezzavo, fino ai quarant’anni. Associando il succo d’oliva all’untuosità, alle “pastine con l’olio” delle malattie infantili, se non al sentore di rancido di tanto cattivo “olio per la casa”, “generosamente elargitoci”, negli ultimi vent’anni, dall’unico acquirente delle nostre olive.
Poi, un po’ per disperazione e un po’ per il gusto della sfida, ancora essenziale per la nostra avventura di agricoltori, cominciai ad estrarre l’olio “da me medesimo”. Fu un’affascinante scoperta.

Con l’entusiasmo del neofita mi commossi (ma ancora mi commuovo…) di fronte a un piatto di pasta asciutta condita col succo d’oliva appena franto e spolverata d’abbondantissimo grana o parmigiano…
Tuttavia, a parlar d’olio in casa dell’oleologo, mi sento come l’ambasciatrice americana Clara Luce che, convertitasi al cattolicesimo, ne dava lezioni al Pontefice. E Pio XII, cui non mancava certo l’ironia, le diceva di rimando: “Signora, sono cattolico anch’io…”

Senza perciò addentrarmi in tecnicismi, posso solo parlare della personale, modesta esperienza di agricoltore. Dei grandi, folli sforzi di razionalizzazione: 600 alberi quasi secolari spostati con successo e disposti a sesto regolare. Cinque anni senza raccolto e poi, infine… un uliveto!

Della faticosa formazione del personale: potature funzionali alla raccolta meccanica, cantiere di lavoro impostato come una macchina perfetta ed efficiente. Del bellissimo rapporto col frantoiano Giorgio Ruta – un amico regalatomi dal mondo dell’olio. Della pulizia, della cura maniacale nella personale rimozione dei rametti secchi e delle poche foglie portati in frantoio. Del clima di schietto cameratismo che si finisce col respirare frequentandosi negli stessi luoghi di lavoro, almeno per quaranta giorni all’anno.

E posso raccontare delle lotte estenuanti con la burocrazia, dell’incertezza del diritto che frustra le più lodevoli intenzioni, di uno Stato che fa di tutto per apparirci nemico, coi suoi Uffici addetti alla complicazione degli affari semplici.
E ancora dei prezzi, troppo spesso umilianti. Insufficienti a coprire le stesse spese di raccolta. Di quell’oligopolio che fa guardare, a volte, a un’annata di carica, non come a una benedizione dell’Altissimo, ma quasi come a una sciagura.

Ma questa è una giornata di festa. Per le lamentazioni c’è Teatro Naturale, la rivista on line, libera, coraggiosa e indipendente di Luigi Caricato. In tale sede è più giusto citare il rapporto personalissimo e speciale instaurato coi clienti: grazie a Dio sempre più numerosi e affezionati.
Dall’ingegnere di Padova, che non sa di essere stato il Primo, nel lontano 2001 e che, forse in occasione del suo ventesimo ordine, mi partecipa la nascita della nipotina… Alla signora di Bologna, che telefona con apprensione, perché le sue scorte di extra vergine stanno per esaurirsi. All’amico di Sondrio che mi chiede di spedirgli, assieme all’olio, anche il pane siciliano…

E’ anche questo, il mondo dell’olio: qualcosa che va oltre il legittimo interesse mercantile. In un’epoca in cui la parola “vergine” sembra svuotata d’interesse e di valore, noi produciamo e proponiamo, addirittura un “extra vergine”. Una cosa orgogliosamente demodé. Che per ciò non avrà fine.

In questa cara e porca Italia, e in questo splendido e sventurato mondo, sembrano aver riservato, a noi produttori fissati con la qualità, uno spazio piccolo piccolo, che ci condanna a soccombere o, al più, a prosperare sottotraccia. Siamo come la minoranza teorizzata dal Trattato del ribelle di Ernst Jϋngher: serviamo a legittimare un sistema con la nostra innocua opposizione…
Ricordo il mio primo importatore svedese e le sue vibrate proteste, perché l’olio, alle latitudini scandinàve, si era congelato. Ce ne volle per rassicurarlo e spiegargli che il congelamento era sintomo di genuinità!

Oggi questo non accade. Si comincia a riconoscere il vero extra vergine.
Chi lo prova difficilmente ne farà a meno in futuro. Se solo si spendesse di più per far conoscere le proprietà organolettiche e salutistiche di questa meravigliosa spremuta di olive!

Negli ultimi anni, si è sviluppata una maggiore attenzione verso la qualità. Nella mia provincia, Siracusa, ero uno fra i pochissimi a iniziare la raccolta in settembre, al momento dell’invaiatura, qui anticipata da ragioni geografiche e climatiche. Oggi, sempre più, i frantoi sono affollati anche in questo mese: si allungano i tempi della vendemmia, si anticipano quelli della molitura.

Il consumatore si fa inoltre più avvertito: il profumo e il sapore del buon olio non si dimenticano. Pian piano, sembrerebbe innescarsi un circolo virtuoso in cui c’è posto per gli agricoltori onesti, la maggior parte. L’extra vergine si fa strada da sé. Nonostante la crisi, la burocrazia, le tasse, le enormi difficoltà quotidiane. E’ una grande vittoria silenziosa.
Credo che, in definitiva, stiamo celebrando proprio questo. Anche se in pochi sembrano essersene accorti.



LEGGI LO SPECIALE SUI CINQUANT'ANNI

Luigi Caricato > 1960-2010. Buon compleanno extra vergine. Tributo al re dei grassi link esterno

Gennaro Forcella > L’introduzione dell’extra vergine. Una svolta verso la trasparenza del mercato link esterno

Francesco Visioli > Olio extra vergine di oliva o pura lana vergine? link esterno

Claudio Ranzani > Cosa ci può essere di meglio dell’olio extra vergine di oliva?
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Mario Pacelli > 50 anni di extra vergine. Quel pasticciaccio (brutto?) della legge 1407
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Fausto Luchetti > Olio delle vergini o per le vergini? Un nuovo vestito per l'olio da olive
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Francesco Bruzzo > L’extra vergine? Macchè 1960, risale al 1991 la sua vera nascita
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di Felice Modica