Salute 20/12/2008

Cuore giovane con pane e pecorino. Ceci, fagioli e olio di oliva per fronteggiare il cancro

Alcune ricerche dimostrerebbero il ruolo benefico degli alimenti "tipici", mentre una serie di test sembrerebbero aprire una nuova strada nella lotta ai tumori


Pane e pecorino farebbero molto bene al cuore. E' quanto si ricava a partire dalle attenzioni riservate in particolare al grano tenero e al latte di pecore allevate al pascolo in provincia di Pisa. Entrambi i prodotti contribuirebbero a conservare in efficienza il sistema cardiovascolare e a prevenire infarto e cardiopatie.

Lo dimostrano per l'esattezza due studi paralleli condotti all’Università di Firenze dal Centro Interdipartimentale di Ricerca e Valorizzazione degli Alimenti (CeRA), e presentati lo scorso mercoledì 10 dicembre nel corso di un convegno scientifico nell’Aula Magna del Rettorato sul tema "Qualità e Tipicità dell’Alimento: alla ricerca del Benessere".

“Il pane ci sorprende sia per i prezzi ormai altissimi, sia per le qualità salutari”, spiega il professor Vincenzo Vecchio, direttore del Centro, che firma la prima ricerca con un gruppo multidisciplinare della Facoltà di Agraria, “Ciò che abbiamo scoperto è che se lo prepariamo secondo l’antica tradizione e con le varietà di grano di un tempo, può davvero abbassare i rischi di arterosclerosi, di colesterolo alto e delle varie patologie della circolazione”.

Lo studio ha avuto per cavie una ventina di volontari e per oggetto il pane ottenuto dalla lievitazione a pasta acida di farina di grano tenero Verna macinato con mulino a pietra. Si tratta di una vecchia varietà di frumento, precisa Stefano Benedettelli (Facoltà di Agraria), molto diffusa in Toscana, soprattutto nelle zone di montagna, nota per i contenuti elevati di antiossidanti come polifenoli e flavonoidi. Se consumato semi integrale contiene anche vitamina E.

Per 10 settimane le cavie, donne e uomini di età fra i 21 e i 61 anni, ne hanno mangiato 150 grammi al giorno. Poi, per un periodo identico, hanno mangiato pane comune. Lo studio è stato coordinato dall’internista Rosanna Abbate (Facoltà di Medicina) e non ha offerto alcun dubbio circa il confronto. Con il Verna il colesterolo cattivo (LDL) è sceso del 15%, i marcatori d’infiammazione (proteina C-reattiva o interleuchina 6) del 20%, la viscosità del sangue del 25%.

Analoghi i risultati dello studio sul formaggio, coordinato dal nutrizionista Mauro Antongiovanni (Dipartimento di Scienze Zootecniche) in collaborazione con il gruppo della professoressa Abbate, con l’agronomo Andrea Pardini e la specialista di chimica degli alimenti Nadia Mulinacci.

Anche in questo caso è stata arruolata una squadra di volontari sottoposti per dieci settimane a un doppio regime alimentare: prima con un comune Emmenthal, poi con 200 grammi settimanali di un particolare pecorino toscano. Il quale ha queste caratteristiche: è prodotto con latte di pecora di razza Massese, un gregge allevato in pascoli naturali, ovvero alimentato con normale erba fresca, invece del foraggio conservato ormai di norma nella maggior parte degli allevamenti.

Questo semplice ritorno alla natura è bastato a eliminare dal latte delle pecore il 40% degli acidi nocivi (miristico e palmitico) e ad aumentare di cinque volte (500%) gli acidi cosiddetti benefici (l’acido butirrico e, soprattutto, l’acido linolenico coniugato o acido rumenico).

Tutte virtù che, una volta trasformato il latte in pecorino, hanno consentito di accertate nei volontari una stabilizzazione di colesterolo e trigliceridi. Al contrario, la dieta a base formaggio industriale ha comportato per tutti un sensibile aumento dei parametri di rischio cardiovascolare: +18% di colesterolo, + 25% di trigliceridi.


Alt al cancro con olio extra vergine di oliva, ceci e fagioli

L'altra questione. Il buon olio d’oliva può arginare il cancro? E possono fagioli e ceci avere lo stesso potere? Un esperimento condotto dall’equipe dell’endocrinologa Maria Luisa Brandi nei laboratori del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Firenze lascia ipotizzare una insospettata e promettente frontiera nella lotta contro i tumori. Trattate con questi alimenti le cellule malate hanno in effetti rallentato sensibilmente lo sviluppo.

Ne ha dato notizia la stessa professoressa Brandi intervenendo oggi a un convegno scientifico sui prodotti tipici organizzato dal Centro di Ricerca e Valorizzazione degli Alimenti (CeRA), una struttura interdipartimentale che fa capo all’ateneo fiorentino. “Solo con la biologia molecolare”, ha ricordato, “sapremo davvero perché certi cibi fanno bene o male alla salute”.

L’esperimento in questione è stato condotto in vitro e ha utilizzato due identiche culture di cellule umane di cancro del colon, ovvero due nuclei con un numero di cellule equivalenti, 10 mila circa. Per 12 giorni consecutivi uno dei nuclei è stato lasciato a se stesso, mentre l’altro ha ricevuto un trattamento a base di olio extravergine di oliva, ceci e fagioli.

Due i tipi per ciascun alimento: in particolare un olio toscano della zona di Montalcino e uno ligure della zona di Imperia; per i ceci, uno di Prato, l’altro di Sorano (Grosseto); per i fagioli, uno di nuovo della campagna di Sorano, l’altro di Pratomagno (Firenze).

Ne hanno fatto un estratto e ne hanno ricavato una polvere che è stata poi dissolta nella coltura delle cellule cancerose. La proliferazione di entrambe le masse tumorali è stata controllata ogni 48 ore e dopo poco meno di due settimane il risultato è apparso evidente. Le cellule non trattate si sono sviluppate in misura esponenziale, da 10 mila a 980 mila. Il gruppo trattato è invece rimasto abbondantemente sotto le centomila cellule, arrivando per l’esattezza a quota 86 mila, ovvero circa 12 volte in meno.

“Se questo eccezionale processo possa ripetersi sull’uomo è presto per dirlo”, commenta la professoressa Brandi, “Di sicuro lo possiamo ipotizzare. Gli effetti sono talmente marcati da lasciar pensare che un opportuno consumo quotidiano di olio extravergine di oliva e di legumi un paio di volte la settimana rappresenti un’azione preventiva nei confronti del tumore del colon”.

Dati più significativi potranno venire solo da una diretta sperimentazione sull’uomo. Nell’attesa, ulteriori test condotti dall’equipe Brandi (ne fanno parte i dottori Elisa Bartolini, Francesca Ieri, Carmelo Mavilia, Barbara Pampaloni, Annalisa Romani, Annalisa Tanini, Pamela Vignolini) hanno rilevato nei tre prodotti in questione alcune sostanze con attività simili a quelle degli estrogeni, gli ormoni femminili.

Olio extra vergine d’oliva, ceci e fagioli contengono sostanze, cioè, che si comportano come estrogeni di origine vegetale (fitoestrogeni), noti per l’efficacia nel contrastare molti disturbi della menopausa (vampate di calore, disturbi dell’umore, ecc.). Il vantaggio è che non presentano gli effetti collaterali indesiderati legati alla terapia ormonale sostitutiva.

Secondo la professoressa Brandi, una dieta con apporto regolare di legumi può perciò giovare soprattutto alle donne in menopausa per riequilibrare in parte, in modo del tutto naturale, il calo ormonale tipico del periodo. I test su olio e legumi hanno peraltro consentito di individuare alcuni geni coinvolti nei processi che controllano i meccanismi di formazione dei tumori estrogeno-dipendenti (cancro del colon, della mammella, dell’ovaio, ecc).




Fonte: Catola & Partners

di C. S.