Mondo 29/03/2017

Il mondo vitivinicolo europeo preoccupato per la Brexit

Londra è tradizionalmente la porta di accesso verso l'Asia per i vini europei ed è il sesto mercato mondiale. Preoccupa per l'uscita dall'Unione europea ma al momento i segnali sono incoraggianti: cresce il numero di buyer inglesi a Vinitaly


Incertezza sull'accesso al mercato del Regno Unito, svalutazione della sterlina, tutela delle denominazioni protette, come Dop e Igp e maggiore concorrenza da produttori del "nuovo mondo" del vino.

Sono queste le implicazioni della Brexit che destano preoccupazione tra i produttori europei di vini a denominazione d'origine, riuniti a livello dell'Unione europea sotto la sigla Efow (European Federation of Origin Wines). Il Regno Unito, ricorda una nota Efow, produce poco (3 6mila ettolitri nel 2016) ma consuma molto vino (12,9 milioni di ettolitri), essenzialmente grazie alle importazioni, e nel 2015 era il sesto mercato dell mondo. Svolge inoltre un ruolo di intermediario per le spedizioni di vini europei nei paesi terzi, specialmente verso l'Asia. In questo quadro, "la Brexit apre un periodo di instabilità per i vini provenienti da altri Stati membri dell'Ue", si legge nella nota, in particolare sul futuro assetto delle relazioni commerciali tra Londra e il resto dell'Ue e la tutela delle denominazioni, che senza la protezione del quadro normativo europeo potrebbero essere soggette a contraffazione.

Preoccupazioni di medio-lungo periodo, poichè al momento i segnali sono in altra direzione.

"Seguiamo con attenzione le vicende della Brexit e il suo impatto sul commercio, in particolare del nostro vino. A oggi però sembra stia sortendo l’effetto contrario: a Vinitaly infatti si sono già stati registrati 400 nuovi buyer del Regno Unito mai venuti a Vinitaly, che si aggiungono agli oltre 500 presenti ogni anno". Lo ha detto, oggi in occasione dell’avvio ufficiale del processo di uscita di Londra dall’Unione Europea, il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. "Ovviamente – ha proseguito - è presto per prevedere cosa sarà del nostro vino nel secondo Paese importatore al mondo, ma ritengo che i freni commerciali non convengano a nessuno. Il Regno Unito esporta verso l’Ue l’equivalente annuo di 2,1mld di euro in liquori e distillati e importa dal Continente 1mld di bottiglie di vino per 2,6mld di euro. Un business, quello del vino Ue, che per la Wine and Spirit Trade Association (Wsta) britannica vale nel Regno Unito il 55% di un settore da quasi 20mld complessivi di euro. Confidiamo – ha concluso Mantovani – nella negoziazione da parte della filiera europea del vino, un prodotto che ha visto incrementare notevolmente i suoi consumi a scapito della birra".

I possibili effetti negativi, però ci sono come afferma il direttore della potente Berkmann Wine Cellars, Alex Canneti: "La Brexit – ha detto - è una sfida per le vendite dei vini europei poiché Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda saranno i primi Paesi al mondo a istituire trattati bilaterali con il Governo inglese. L'unica soluzione a questa minaccia è consentire al Regno Unito un periodo di 10 anni per condividere le stesse condizioni commerciali e gli stessi oneri doganali dell’Unione Europea, oltre a negoziare un trattato di libero scambio. Ma certamente – ha concluso Canneti - i formaggi e il vino sono più esposti ai rischi rispetto ad altre forniture come le auto, le medicine e i prodotti finanziari, e quindi più oggetto di provocazioni politiche, come quella del segretario di Stato per gli Affari Esteri, Boris Johnson, che ha minacciato di alzare i dazi sul Prosecco".

Nel 2016, secondo l’Istat, le esportazioni di vino italiano hanno superato la cifra record di 763,8mln di euro (+2,3% sul 2015) grazie proprio alla performance del Prosecco. Scesi a 311,5mln di euro invece i volumi (-6,8%) ma in crescita il prezzo medio, a 2,45 euro/litro (+9,9%).

di T N