Mondo 24/06/2015

L'enologo crea valore alla filiera del vino?

L’Unione degli enologi di Francia ha organizzato un dibattito sul contributo della figura dell’enologo alla creazione di valore. La definizione internazionale di enologo si sia evoluta a partire dal 1976 fino ad arrivare al 2013


In occasione del suo 55º Congresso nazionale tenutosi a Cap d’Agde lo scorso 5 giugno, l’Unione degli enologi di Francia ha organizzato un dibattito sul contributo della figura dell’enologo alla creazione di valore.

Attraverso alcuni illustri testimoni, il tema è stato affrontato sotto diversi aspetti. Christophe Riou, direttore scientifico e dello sviluppo dell’Istituto francese della vite e del vino, ha illustrato l’apporto degli enologi all’innovazione; Bernard Praz, direttore degli acquisti di vini del Gruppo Grand Chais de France, ha presentato il loro contributo allo sviluppo dei marchi; Hubert de Boüard, comproprietario del Château Angelus ed enologo consulente, si è dedicato alla valorizzazione dei terroir e dei vitigni, cui gli enologi prendono parte; infine, Gérard Bertrand, proprietario dei vini omonimi, ha parlato della serenità permessa dal savoir faire, i valori e l’arte di vivere custoditi dagli enologi.

 

In conclusione di questa mattinata, Yann Juban, assistente al direttore generale dell’OIV, ha spiegato come la definizione internazionale di enologo si sia evoluta a partire dal 1976 fino ad arrivare al 2013, con quella adottata dall’OIV, che ha trasformato l’enologo da collaboratore garante della correttezza delle pratiche, a esperto professionista a tutti gli effetti. Passando per le varie fasi del lavoro dell’enologo definite dall’OIV, Juban ha ripercorso i diversi aspetti del mestiere, mettendo in evidenza come essi rispecchino l’idea internazionale di enologo. L’innovazione, specialmente nell’ambito dei vigneti “al fine di adattare la materia prima alle esigenze della produzione […] e alle necessità dei consumatori” (fase 1); il marchio, nel “formulare raccomandazioni in materia di marketing per quanto riguarda la designazione e la presentazione del prodotto […] al fine di rispondere al meglio alle preferenze mostrate dai consumatori” (fase 2); la valorizzazione, nel considerare “gli aspetti etici, sanitari, sociali e ambientali per adattare la produzione a queste esigenze” (fase 5) e, infine, la serenità, attraverso i controlli, la tracciabilità, la gestione della qualità, la sicurezza alimentare e il rispetto dell’equilibrio ambientale (fase 3).

di C. S.