Italia 27/07/2018

L'olio extra vergine d'oliva Igp Roma spacca la filiera

Il Lazio è la quinta regione in Italia per produzione con una superficie investita ad olivo di 80mila ettari e la presenza sul territorio di oltre 68mila aziende olivicole. "Strumento a vantaggio delle imprese che aggiunge valore e aumenta la loro competitività" secondo David Granieri, mentre secondo Fabrizio Pini "così come è stato pensato rischia di trasformarsi in un boomerang per i produttori”


Si è tenuta a Roma, presso il Tempio di Adriano, l’audizione pubblica di riconoscimento della denominazione Olio di Roma I.G.P., progetto che mira a valorizzare la produzione olivicola regionale con un brand di grande visibilità.

Obiettivo dell’evento, promosso da Op Latium alla presenza dei funzionari del Ministero delle Politiche Agricole, la verifica finale del disciplinare di produzione e il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta "Olio di Roma", prima del passaggio, entro un mese, alla Commissione UE per la valutazione e l’iscrizione nell’apposito Albo comunitario.

La superficie stimata per l’Olio di Roma I.G.P. è di circa 50mila ettari.

“Oltre 100 Comuni hanno già dato supporto a questa iniziativa che rappresenta una grande opportunità, soprattutto per quelle province e quei territori che non avevano nessuna possibilità di avere una denominazione protetta – spiega David Granieri, presidente di Unaprol – Sono passati quasi due anni dall'inizio di questo percorso, con la collaborazione dell’Arsial, oggi è una tappa fondamentale che arriva dopo un lungo processo di concertazione e condivisione con il supporto del Mipaaf. Il riconoscimento della denominazione è uno strumento a vantaggio delle imprese che aggiunge valore e aumenta la loro competitività”.

Il Lazio è la quinta regione in Italia per produzione con una superficie investita ad olivo di 80mila ettari e la presenza sul territorio di oltre 68mila aziende olivicole.

“Un olio Igp Roma potrebbe rappresentare una grande opportunità per lo sviluppo dell’olivicoltura laziale, ma così come è stato pensato rischia di trasformarsi in un boomerang per i produttori”.Così Fabrizio Pini, Presidente di Appo Viterbo e vicepresidente del Consorzio Nazionale degli Olivicoltori, ha commentato l’iniziativa che adesso attende il vaglio del Ministero prima degli approfondimenti e della decisione dell’Unione Europea.

“Ci sono caratteristiche chimico-fisiche che vanno assolutamente riviste nel disciplinare, a partire da acidità, numero di perossidi e polifenoli che devono avere parametri assolutamente stringenti per garantire la massima qualità - ha sottolineato Pini -. Le olive devono essere raccolte e molite in non più di 24 ore, a differenza delle 48 ore previste in questa prima bozza”.

“Altro dato fondamentale da modificare, se davvero si vuole produrre un olio Igp che rappresenti la qualità del territorio, è quello relativo alle cultivar: bisogna aumentare almeno all’80% la percentuale di olio da cultivar autoctone, ammettendo quote di altre varietà che devono essere italiane, cosa che attualmente non è specificata”, ha continuato Pini.

“Solo attraverso questi cambiamenti potremo aderire in maniera convinta a questo progetto, e invito i Sindaci del territorio a pretendere queste migliorie necessarie: in caso contrario si tratterebbe dell’ennesima trovata pubblicitaria di Unaprol-Coldiretti, buona per qualche titolo di giornale ma completamente inutile e dannosa per i produttori olivicoli laziali”, ha concluso Pini.

di C. S.