Italia 25/05/2016

I frantoiani si sbilanciano: "siamo artigiani, produttori dell’olio artigianale”

L'obiettivo è offrire ai consumatori un olio buono, sano e nutriente. E' da queste basi che parte il progetto di olio artigianale. Ora non resta che compiere l'ultimo passo, ovvero sancire l'alleanza con i distributori per offrire il prodotto a scaffale


Il Congresso straordinario di frantoiani di Aifo, tenutosi a Montefiascone il 20 e 21 maggio scorsi, ha tenuto a battesimo l'olio artigianale.

L'Assemblea dei delegati ha approvato ha approvato le tesi congressuali.

Pubblichiamo una sintesi:

La lunga recessione nei mercati occidentali e la crisi del commercio mondiale stanno determinando una caduta delle esportazioni dei paesi produttori mentre emerge, in molte aree del mondo, la tendenza a patti bilaterali e nuove politiche autarchiche. All’ultimo WTO, il rappresentante degli Stati Uniti ha affermato che il multilateralismo commerciale è finito.

In Italia le aziende agroalimentari esportatrici tendono ad accaparrarsi più larghe fette nel mercato interno per compensare la diminuzione delle esportazioni. Ma a questo non sembra corrispondere un aumento dei consumi. Inoltre il problema centrale, posto con forza dall’emersione di un diffuso fenomeno di contraffazione, è la qualità dei prodotti alimentari made in Italy. A ciò si aggiunge, in particolare nel settore oleario, la nuova e massiccia presenza cinese.

E’ realistico prevedere che, nei limiti in cui avverrà, avremo una lenta e selezionata crescita dei consumi alimentari polarizzati intorno ai due poli qualità e qualità/prezzo.

Mutuando le analisi di Walter Benjamin - che alla fine degli anni Trenta rilevava come (l’opera) il manufatto, entrando nella fase della sua riproducibilità, perdeva l’esclusività mentre si moltiplicava il rapporto con i distributori innescando un processo che metteva in discussione il primato del mediatore - potremmo dire che il consumatore di oggi insidia il potere del distributore.

E’ il ciclone che sta cambiando il mercato. Il motore è stata la Rete, ma non è stata la tecnologia a cambiare i consumatori perché sono i consumatori stessi il gorgo da cui ha preso forza il ciclone.

Un consumatore responsabile: consapevole del valore del proprio denaro come mezzo per l’acquisto del cibo che non consente sprechi.

Un consumatore informato: che legge l’etichetta dei prodotti per garantirsi il diritto di difendere la propria salute.

Un consumatore che sullo scaffale cerca un cibo buono, sano al giusto prezzo, garantito dalla tracciabilità della filiera produttiva, dalla corrispondenza tra indicazioni dell’etichetta e contenuto della confezione, dalla garanzia della pubblica autorità sulla non tossicità dei prodotti.

Durante la crisi si sono affermate nuove realtà: piccole e medie imprese innovative e aggressive, agricole, artigiane, capaci di intercettare nuovi bisogni e di “produrre all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo”, come ha scritto Carlo M. Cipolla.

L’impresa artigiana del cibo, che è parte significativa del tessuto produttivo del mondo agroalimentare italiano, si è sempre trovata di fronte l’ostacolo di una distribuzione che ha impedito il successo pieno del suo prodotto. Ma nell’ultimo decennio l’attenzione dei consumatori si è spostata verso il prodotto e quindi le sue caratteristiche di qualità, salubrità e localismo.

La valorizzazione di tali attributi segnala una nuova consapevolezza del consumatore verso ciò che è benessere. È nata una nuova domanda a cui alcune importanti insegne della GDO hanno saputo dare una risposta.

Ma sappiamo - come dice la legge di Gresham (banchiere del Cinquecento) - che "la moneta cattiva scaccia quella buona". Se questo è vero nel mondo finanziario lo è ancor di più in quello del consumo alimentare, dove il successo dei prodotti di qualità è legato alla possibilità di stare su uno scaffale diverso: il problema è “conquistare spazi artigiani” nel mercato, perché non è sufficiente fare “cose belle e buone” ma è necessario dargli una vetrina. E la vetrina necessaria è lo scaffale della Grande Distribuzione Organizzata. Ed insieme promuovere una nuova governance commerciale che dia valore aggiunto alla capacità artigianale di creare un prodotto unico.

Si continua a parlare di crisi e di ripresa e si torna a parlare di sviluppo. In realtà siamo a un tornante della storia, la globalizzazione che sembrava irreversibile è in stand-by e il commercio mondiale rallenta. Siamo entrati nell’epoca della slow economy.

Sulla base di questa analisi il congresso ha sviluppato un confronto sul futuro delle imprese artigiane olearie.

La novità, messa in luce anche dalle rilevazioni SIAN, è che nel sistema delle imprese olearie di trasformazione operano circa 1500 frantoi che, oltre a dare un servizio agli agricoltori, producono, confezionano e commercializzano il proprio prodotto. E di questi circa un terzo vanno oltre il mercato locale, collocano il loro prodotto nella GDO, nella ristorazione e nei mercati esteri.

Sono i frantoi artigiani, una nuova realtà imprenditoriale riconosciuta dalla legge della Regione Puglia 24 marzo 2014 n.9.

Aziende il cui prodotto di qualità è il risultato di un mix di tecnologie avanzate, moderni sistemi di stoccaggio e professionalità del Mastro Oleario. A queste imprese il piano olivicolo nazionale dovrà rivolgere una particolare attenzione perché rappresentano l’unica possibile risposta di successo dell’olivicoltura nazionale.

L’AIFO nei suoi vent’anni di storia ha costruito l’alleanza con gli agricoltori e i consumatori. Oggi vuole costruire rapporti nuovi tra produttori e distributori per creare un mercato trasparente, per una premium price della filiera di qualità.

Una solida “alleanza” tra produttori e distributori per dare un futuro all’olivicoltura, all’olio d’oliva italiano e ai consumatori la concreta possibilità di scegliere sullo scaffale ciò che è buono, sano e nutriente.

L’olio extravergine d’oliva artigianale 

di C. S.