Italia 23/07/2015

Il turista straniero ama il vero olio extra vergine d'oliva italiano

Il turista straniero ama il vero olio extra vergine d'oliva italiano

La nostra carta di Extra Lucca Summer Edition è stata banale quanto illuminante: far assaggiare all’olfatto e con il pane, gli oli che gli avventori sparsi sugli scaffali dei loro supermercati e fargli odorare due secondi dopo, oli Dop di Lucca, extra vergini provenienti dal Trentino, dalla Toscana, Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia, Lago di Como passando per le Marche, il Molise e l’Abruzzo


Sono tante le sensazioni che mi pervadono la mente in questi giorni dopo aver organizzato per la prima volta “Extra Lucca Summer Edition”. Stupore, piacere, soddisfazione, inquietudine. Ma non solo; non credevo insieme al mio validissimo staff di collaboratrici e sommelier Maestrod’olio, (grazie di cuore a Mela, Ilaria, Giulia, Elio, Leo, Vinicio, Stefano, Matteo, Luca), di riuscire a convincere una moltitudine di turisti di portarsi a casa centinaia di bottiglie di olio extravergine selezionati dal manuale Terred’Olio 2015.

I numeri sono eclatanti: 15 giorni di temporary store sotto l’antico Loggiato Pretorio della millenaria piazza San Michele, antico foro e crocevia del cardo e decumano della città voluta dai romani nel 180 a.C.

578 bottiglie acquistate e 3 rotte, (dal sottoscritto), in un incauto movimento dettato dalla frenesia di vedere in qualunque momento della giornata, dalle 11 fino alla sera, curiosi, appassionati e semplici passanti, assaggiare l’olio giusto da riportare a casa. Ogni giorni due lezioni con 10/15 allievi, per raccontare in italiano e in inglese come si degusta e come si riconosce un olio giusto da abbinare a tutti i cibi. 10 pannelli in doppia lingua, che accompagnavano il neo Maestrod’olio a comprendere che un olio da poco prezzo, non ha valore rispetto al lavoro di centinaia di bravi e seri produttori sparsi in 18 regioni d’Italia. Che l’olio, al contrario del vino, non invecchia ma va sempre protetto dalla luce, l’aria e il calore.

Abbiamo insegnato come si riconoscono i principali difetti, per amarne i pregi, che a distanza di 10 mesi, erano ancora integri e persistenti. Ogni giorno un artigiano del gusto preparava il suo prodotto all’olio extravergine o con l’olio in abbinamento, i biscotti, la crema di gianduia, il gelato all’olio. Le sfogline che insegnavano a tirare la pasta a mano e poi l’assaggio di tortelli al ragù con la Nocellara siciliana o il Tondello del lago di Como.

La nostra carta vincente è stata banale quanto illuminante: far assaggiare all’olfatto e con il pane, gli oli che gli avventori riconoscono meglio nei loro paesi di origine, sparsi sugli scaffali dei loro supermercati; roba da 4/6 euro o dollari al litro, e fargli odorare due secondi dopo, oli Dop di Lucca, extravergini provenienti dal Trentino, dalla Toscana, Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia, Lago di Como passando per le Marche, il Molise e l’Abruzzo. A quel punto chiunque ne acquistava almeno una bottiglia come souvenir “farmaceutico” e nutrizionale, prima ancora che per condire le pietanze. Tutto finito, tutto incredibilmente esaurito dopo la prima settimana. Sono passate famiglie da tutto il mondo, soprattutto Norvegesi, Danesi, Tedeschi, Olandesi, Belgi, Francesi, Russi e Spagnoli. Poi qualche Indiano e Giapponese.

E allora la riflessione a evento terminato è d’obbligo e richiede l’aiuto di tutti. Perché è così facile commuovere un turista e spesso si fa fatica con i nostri connazionali? Perché quando li accompagni a comprendere che quell’odore è simile alla foglia di carciofo, l’erba ancora fresca e la rucola, gli viene la pelle d’oca? Poi l’assaggiano e scoprono che l’olio deve essere amaro e piccante, ma senza aggiunta di polifenoli sintetici, come fanno alcuni imbottigliatori disonesti, perché per comprendere se un olio è buono, in bocca risulterà freschissimo e non un grasso unto e bisunto con sentori di avvinato e muffa!

Facciamo ancora molta fatica a farlo capire in Italia perché per il consumatore il 90% del prodotto extravergine esce spremendosi le mani o passandoselo da sorella a sorella, ma non è così. Se aiutiamo il consumatore finale, che vuole spendere una cifra adeguata per avere un olio vero, deve capire cosa acquista fin dall’etichetta, dove troverà l’annata di produzione e magari con quali cultivar è fatto l’olio. Il massimo sarebbe se venisse inserita la tabella nutrizionale, la famosa “nutrition facts” che tanto amano i turisti, con i risultati dei biofenoli, i tocoferoli e i delta. A quel punto l’acquisto è automatico. Per i produttori e per noi amanti del vero olio, sarà tutto molto più facile fare comunicazione. Due segmenti di mercato, due fasce di prezzo diverse e la consapevolezza che tutti svolgeranno il loro lavoro in maniera corretta.

di Fausto Borella