Italia 23/01/2015

L'industria alimentare vuole lo stabilimento in etichetta

Dopo le associazioni agricole, ora si muove anche l'industria alimentare. Così il Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, chiede al Ministro all'agricoltura Martina un incontro per decidere una strategia comune da portare a Bruxelles


Il 14 dicembre scorso è divenuto applicativo il regolamento comunitario 1169/2011 che fa venir meno l’obbligo di indicare il sito di produzione di un prodotto alimentare, ovvero l'indicazione dello stabilimento. L'informazione è così divenuta volontaria.

In base allo stesso regolamento, nei tre anni di adeguamento alla normativa europea, il governo italiano avrebbe potuto chiedere una deroga, ma nessuno dei governi precedenti si è mai interessato al problema.

Dopo che già a dicembre tutte le principali associazioni di categoria avevano espresso le loro perplessità sulla legge e sull'immobilismo del governo e in particolare del Ministero delle politiche agricole.

Ora le critiche guingono anche dal fronte delle industrie alimentari. Asdomar, Sterilgarda, Caffè Vergnano, Pedon, Granarolo, Amica Chips, oltre ad alcune catene della Grandfe Distribuzione: Unes, Conad, Coop, Selex, Simply e Coralis, hanno chiesto al Ministro dello sviluppo economico di intervenire.

Il Ministro Federica Guidi ha quindi chiesto un tavolo di lavoro per un “meditato approfondimento” che porti ad una “equilibrata e unitaria posizione del Governo italiano da esprimere anche a livello europeo”.

Nella sua lettera di risposta il Ministro Guidi si dice “pienamente consapevole” della rilevanza del tema che investe un elemento portante del Made in Italy come il settore agroalimentare, rilevando come “il percorso da seguire non possa non contemperare le diverse esigenze tra la componente agricola e quella industriale, in un’ottica di strategia comune dell’intera filiera e nell’interesse complessivo del Paese”.

Il Ministro ha proposto a Martina l’adozione di “iniziative comuni presso la Commissione europea e gli altri Stati membri dell’Unione al fine di assumere un ruolo trainante nella determinazione delle politiche e della normativa in un settore che ci vede tra i principali attori economici”. La lettera sottolinea infine la necessità di intensificare il confronto costruttivo intrapreso tra i due dicasteri allo scopo di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo programmatico, condiviso dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, “di aumentare il valore dell’export agroalimentare da 30 a 50 miliardi di euro in 5 anni per generare 100 mila nuovi posti di lavoro nel settore, difendendo e valorizzando la produzione nazionale.

di C. S.