Gastronomia 30/10/2014

Noci e castagne: da alimenti poveri di sussistenza ad ingredienti d’alta gastronomia

Noci e castagne: da alimenti poveri di sussistenza ad ingredienti d’alta gastronomia

Vali meno di una castagna secca. Così recitava un detto, ma oggi vi è un grande rilancio non solo gastronomico per questi due frutti dell'autunno. Anche le loro proprietà nutritive e salutistiche sono, di recente, in grande spolvero


“Nòs e pan mangé da can” recita un vecchio proverbio piemontese. Altrettanto significativo il detto in lingua italiana “Valer meno di una castagna secca” . Tutti modi di dire che non lasciano spazio a molte interpretazioni, che associano cioè il noce e il castagno (ed i loro frutti) alla povertà e ad una economia di sussistenza.

Ed in effetti per millenni le castagne e le noci furono una risorsa fondamentale soprattutto per le comunità montanare dell’areale alpino e mediterraneo. Numerose fonti scritte confermerebbero che questi frutti (che sono in realtà entrambi dei semi) rappresentarono fin dal Medioevo la fonte alimentare primaria, un “pane quotidiano” per sfamare le fasce più povere della popolazione, cruciali alla sopravvivenza di molti nei periodi più grami di carestia e guerra.

Da metà del ‘700 furono man mano rimpiazzati dalle patate, pur continuando a giocare un ruolo rilevante nel regime dietetico scarno di queste genti fino agli anni ’50.
Ciò verrebbe confermato anche dai numerosi essiccatoi costruiti, soprattutto fra il ‘500 e la prima parte del secolo scorso.

Perché questa rilevanza? Essa è dettata dal fatto che le noci e le castagne possiedono delle proprietà organolettiche e nutritive davvero straordinarie: rappresentano una grande riserva di lipidi e sono ricche in minerali essenziali, in primis il Potassio (tant’è che vengono consigliate come alimento per chi pratica sport); ma anche il Calcio ed il Fosforo; notevole è anche l’apporto in Magnesio soprattutto per le noci. Sono anche fonte preziosa di vitamine idrosolubili, che non creano depositi e che vanno assunte quotidianamente.

Le castagne per giunta sono ricche in amido e possiedono virtù nutrizionali simili a certi cereali come il riso ed il frumento; proprio per questo in certe zone la castagna veniva chiamata “il cereale che cresce sull’albero”. Non dimentichiamo anche che le noci ci forniscono un contributo importante nella prevenzione di cardiopatologie e di altri processi infiammatori per via del loro contenuto in acidi grassi omega 3.

Nel folklore e nelle credenze popolari invece le fonti ci testimoniano che ben diverso era il valore simbolico attribuito a queste due piante: il castagno godette sempre di buona reputazione, tanto da venire sempre associato alla vita (“l’albero del pane”; simbolo di “resistenza” per il linguaggio araldico; di “previdenza” in Cina); tutt’altro per il noce: in Grecia ad esempio si utilizzava il termine Karya, da Core che era la fanciulla rapita da Ade, diventata in seguito dea degli Inferi. Venendo a casa nostra sono rinvenute anche qui citazioni altrettanto funeste, come il fatto che la sua ombra fosse nociva alla salute di chi andasse a riposarsi sotto l’albero. Oppure in Toscana dove l’ombra del noce venne con spregio associata a quella “del padrone” (Il noce comune per la produzione legnosa - Giannini e Mercurio, ’97).

Il noce ed il castagno hanno mantenuto ancora ai giorni nostri questa forte carica simbolica e un retroterra culturale profondo, effetto volano questi per il rilancio del settore avvenuto negli ultimi anni. Rilancio in grado di creare un indotto fondamentale per la sopravvivenza delle comunità locali.

Una volta persa infatti la loro funzione fondamentale di sostentamento dell’uomo (alimenti, legno da ardere..) le superfici ed il numero delle piante si era via via grandemente ridotto.

Ma la loro forte territorialità e come detto il loro vissuto storico hanno determinato la creazione di un indotto monetizzabile davvero allettante legato in particolare agli eventi enogastronomici, enfatizzati anche dall’ottenimento di varie certificazioni Dop e Igp. Oggi si contano ormai più di un centinaio fra manifestazioni e sagre (130 giorni all’anno solo per le castagne – convegno Castanea 2009, Cuneo)

Rientrano in maniera preponderante nelle ricette di molte Pat (prodotti agroalimentari tradizionali) e spesso vengono utilizzati come ingredienti portanti per la preparazione di molti piatti stagionali nella gastronomia d’alta gamma e nei prodotti d’eccellenza dell’arte pasticcera.

Gli esempi non mancano, pensiamo al Risotto alle castagne e al tartufo d’Alba (Piemonte) o il Castagnaccio della tradizione toscana, reinterpretato poi con diverse varianti in molte altre regioni d’Italia; o ancora, passando alle noci, alla Sarsa de noxe in Liguria, condimento di diversi piatti tradizionali come i Pansotti. Per chiudere con i dolci due su tutti: i prelibati Marron glacés, e il Nougat aux noix, celeberrimo gateau francese, una sorta di impasto con le noci similare al nostro torrone.

Per poveri o per ricchi, comunque sia le noci e le castagne sono un pezzo importante della storia di noi tutti, sempre al nostro fianco nel bene e nel male, ci hanno alimentato e sostentato nei momenti più bui, hanno protetto e proteggono i nostri suoli da fenomeni di dissesto e degrado (valenza ambientale), hanno dipinto e dipingono il volto dei nostri paesaggi nei quali bene o male ci possiamo rispecchiare.

di Emiliano Racca

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