Economia 10/02/2017

L'export del vino italiano si salva grazie alle bollicine

L’Italia fa leggermente meglio del mercato, con un +5%, in valore rispetto a una media mondo che si attesta a +4,7%. Senza i vini frizzanti e gli spumanti, Prosecco in testa, il risultato sarebbe gravemente insoddisfacente


L’Italia del vino tiene il passo del mercato, ma senza la spinta degli sparkling – Prosecco in testa – il risultato sarebbe insoddisfacente. È quanto rileva l’Osservatorio Paesi Terzi curato da Business Strategies/Nomisma Wine Monitor, che ha elaborato i risultati 2016 degli acquisti extra-Ue di vino made in Italy nei primi 10 Paesi importatori, che da soli valgono il 92% del mercato di riferimento. In uno scenario che continua a registrare la corsa della domanda asiatica – Cina e Hong Kong in primis – e un contestuale rallentamento della crescita da parte dei Paesi considerati più maturi (Canada, Giappone, Svizzera, Norvegia), globalmente l’Italia fa leggermente meglio del mercato, con un +5%, in valore rispetto a una media mondo che si attesta a +4,7%.

“Il risultato è nel complesso sufficiente – ha detto la Ceo di Business Strategies, Silvana Ballotta –, perché bisogna tener conto di una congiuntura globale che non ha aiutato. Allo stesso tempo il rallentamento, che anche i nostri competitor hanno sofferto, ci allontana dagli obiettivi di crescita che il settore si è posto 2 anni fa. L’Italia del vino nei Paesi terzi ha in particolare evidenziato 2 diverse facce della stessa medaglia: quella sorridente degli sparkling, che chiudono a +22,3% in valore, e quella più riflessiva dei fermi imbottigliati, che segnano +1,8%. Una forbice ampia che non trova riscontro tra gli altri principali Paesi produttori e che andrà in qualche modo ristretta”.

In totale, nel 2016 il vino del Belpaese ha pesato per oltre 3mld di euro sulle importazioni dei primi 10 Paesi della domanda extra Ue (nell’ordine: Usa, Svizzera, Canada, Giappone, Russia, Norvegia, Cina, Australia, Hong Kong, Brasile) per una quota di mercato complessiva del 21%. “Tra le note positive – ha detto il responsabile Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini – figura la performance cinese, questa volta ad opera del prodotto fermo, che doppia la crescita del mercato (+32,7% contro un +16,5%) e che porta un valore delle importazioni made in Italy del gigante asiatico a oltre 120mln di euro, sebbene la quota di mercato rimanga ingenerosa (5,6%). Bene ancora nel primo mercato di riferimento, gli Usa, dove anche qui il risultato in valore è quasi doppio rispetto alla media mondo (+6,1% contro +3,3%) per 1,62mld di euro e una market share a 32,4%”. Allo stesso modo sovraperforma la Svizzera (+4,3%, 351mln di euro), mentre è stabile il Canada (+1,5%, 330mln di euro il valore dell’import). Segno meno invece per Giappone (-2%) e la Russia, che contiene la perdita a -1,2% dopo anni di decremento in doppia cifra (dato questo a novembre 2016).

Nel confronto tra le tipologie, nei Top 10 gli sparkling italiani valgono 540mln di euro e chiudono a +22,3% con una crescita quasi 3 volte superiore rispetto alla concorrenza e una quota di mercato che sale al 25,1%. Per i fermi imbottigliati (2,34mld di euro) la quota scende al 20,9 a causa di una crescita più che dimezzata rispetto alla media mondiale (+1,8% contro 4,1%).

di C. S.