Cultura 30/11/2018

L'olio extra vergine di oliva è festa e gioia

L'olio extra vergine di oliva è festa e gioia

Avvicinandoci al Natale è tanto più importante ricordare e ricordarci il simbolismo dell'olivo e dell'olio, ben evidenziato nei Salmi. Grazie a Pandolea scopriamo come "Portare olio" nei testi sacri è un simbolo di alleanza. Occorre rammentarlo quando si dona una bottiglia di extra vergine di oliva


L’olio è presente in tutta la Bibbia ed è carico di simboli, soprattutto nei Salmi.

Fertilità
L’olio (šemen, che significa anche profumo, perché era a base d’olio, è simbolo di fertilità, prosperità e abbondanza. Quando è usato come aggettivo, indica ciò che è «grasso». In ugaritico l’espressione «olio di terra» indica la «fertilità o la prosperità della terra» oppure l’espressione «terra grassa, fertile» è una terra che produce frutti abbondanti: «Dio ti conceda rugiada del cielo e terre grasse e abbondanza di frumento e di mosto» (Gen 27,28, cfr. v. 39).

Festa e gioia
L’olio e il vino sono segni gioiosi della festa. A nozze e banchetti (Ez 23,41) non possono mancare olio, cibo e vino in abbondanza, perché vi è un clima di gioia e di festa. Il Salmo 23 parla dell’unzione del capo come gesto di ospitalità da parte di Dio e segno di protezione, sicurezza davanti agli avversari nel contesto di un banchetto: «Davanti a me (Signore) tu prepari una mensa …, cospargi di olio il mio capo, il mio calice trabocca» (Sal 23,5). Rifiutare l’unzione vuol dire rifiutare l’ospitalità e ogni relazione con quella persona: «Non unga il mio capo l’olio/profumo dei perversi» (Sal 141,5). Con una punta di austerità e di rimprovero Proverbi 21,17 afferma: «Diventerà indigente chi ama i piaceri / e chi ama vino e profumi non arricchirà» (Prov 21,17). Ma l’olio/profumo è anche fonte di letizia e di piacere. «Profumo e incenso allietano il cuore, la dolcezza del proprio amico (rallegra) più del proprio consiglio (Prov 27,9). Sebbene il verso nella seconda parte sia difficile da interpretare, il senso del primo stico è evidente: Nel caso della comparazione, il consiglio dell’amico, come pure il suo rimprovero, è più dolce delle cose liete.

Il salmista nel contemplare lo splendore della creazione nomina tre doni: vino, olio e pane. Il vino rende lieto il cuore dell’uomo, il pane lo nutre e gli dà forza, l’olio rende splendido il volto: «Il vino allieta il cuore dell’uomo, l’olio fa brillare il suo volto e il pane sostiene il suo vigore» (Sal 104,15). La gioia di un incontro fraterno è espressa dalla doppia immagine dell’olio che profuma e della rugiada che rende feconda la sua comunità e il suo operato, grazie alla protezione divina: «È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende fino alla frangia della sua veste, come rugiada che scende dai monti» (Sal 133,3). Qui il salmo allude alla consacrazione del sommo sacerdote (cfr. Lv 8,30). L’olio, quale simbolo di pace e felicità, indica che nell’incontro si realizza una consacrazione, un rituale liturgico, un atto religioso che santifica tutta la comunità, così come rende santo il corpo del sacerdote. Il salmo 128 aggiunge fecondità e sicurezza in un clima famigliare: «Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie. Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene. La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa».

Il salmo 45,8 menziona l’olio di letizia (cfr. Is 61,3-10) nel contesto delle nozze del re: si tratta di un’allusione alla sua consacrazione, come interpreta la Lettera agli Ebrei (1,9). In Qohelet il clima festoso dei banchetti è caratterizzato dalla presenza di profumo/olio: «Mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo (šemen) non manchi sul tuo capo» (Qo 9,8). Invece porre sul capo cenere, camminare scalzi, dormire sulla nuda terra sono segni di lutto, di penitenza ed espiazione (cfr. Gl 1-2). Per converso in Isaia, quando è promulgato un «anno di misericordia» del Signore verso gli afflitti di Sion «(Il Signore darà) uno splendido turbante al posto di cenere, profumo di gioia/festa al posto del lutto, un canto di lode al posto uno spirito mesto» (Is 61,3).

La lampada ardente, che era alimentata ad olio, è simbolo della perennità della stirpe regale, è segno di vita e speranza: «Farò germogliare la potenza di Davide, preparerò una lampada al mio consacrato … su di lui fiorirà il mio diadema» (Sal 132,17s).

Pace e alleanza
Abbiamo già accennato che il ramoscello d’ulivo è simbolo di pace che la colomba reca con sé dopo il diluvio (Gn 8,11). Anche l’olio ha lo stesso significato: nel mondo semitico «portare l’olio» era un segno di pace e alleanza. Un testo del re di Mari, un’importante città mesopotamica, contemporanea di Uruk, fondata intorno alla fine del IV millennio a.C., dice: «Ho innalzato cumuli di rovine, quando ho ricevuto i paesi con l’offerta di olio (di pace)». Il sovrano fa riferimento all’aiuto dato all’alleato per combattere i nemici e il segno dell’alleanza è costituito dall’offerta dell’olio.

Nell’Antico Oriente comune era anche il «sacrificio dell’olio», offerto come segno di alleanza e giuramento, come emerge dal dialogo tra un messaggero di Mari e il sovrano di Haddu: «Così (disse) il re di Haddu all’uomo di Mari: Io ed Ebla siamo legati (in un patto) con (il giuramento del)l’olio». Un trattato tra Ebla e Arni è stipulato mediante l’offerta di olio a Kura, dio principale di Ebla, quale garante dei giuramenti di alleanza: «Se … l’olio dei paesi i paesi (gli) offrono, gli uomini di Arni tutti insieme (lo) portano, morire non moriranno. (Se invece) il loro olio non offriranno al Padre dei paesi,
allora il Signore li farà morire» Nella leggenda del re Keret o Kirta l’espressione «olio di pace» indica l’offerta di olio come rito propiziatorio versato sui campi per ottenere la pioggia e quindi la fertilità: «L’olio dell’offerta di pace versò nei solchi, legame tra cielo e terra» (Krt 16, III,1).

«Portare olio» nella Bibbia è un simbolo di alleanza, come indica un passo di Osea, il quale denuncia il fragile equilibrio di Israele che gioca con due grandi potenze straniere avversarie: Assiria ed Egitto. L’inconsistenza di tali alleanze è espressa nell’immagine del vento d’oriente foriero di siccità e desolazione (cfr. 8,7; 13,15; Sal 48,8): «Efraim si pasce di vento e insegue il vento d’Oriente; moltiplica menzogna e violenza: fanno alleanza con l’Assiria e portano olio all’Egitto» (Os 12,2). Il contesto appena ricordato e il parallelismo tra «far alleanza» e «portare olio» mostra che il dono dell’olio è segno di alleanza.

Nel salmo 52,10 si parla di olivo «verdeggiante», il salmo 92,11 parla di olio «verde» (nella versione della CEI tradotto con «olio splendente»), mentre Alonso Schökel traduce «olio fresco», vale a dire non rancido. Nel salmo 92,10-15 l’espressione ha una connotazione simbolica in un contesto di vitalità e festa che celebra la vittoria del giusto: «Ecco, i tuoi nemici, o Signore, i tuoi nemici, ecco, periranno, saranno dispersi tutti i malfattori. Tu mi doni la forza di un bufalo, mi hai cosparso di olio splendente.» Infatti l’olio fresco veniva usato per tonificare i muscoli del lottatore. Inoltre, impastare pane e focacce con olio era un’usanza liturgica: in questo modo il pane risultava più tenero e saporito e si conservava meglio.

Da un confronto con i testi classici si può dedurre che il termine sottolinei soprattutto la sua preziosità, poiché l’olio verde era considerato particolarmente pregiato dagli antichi, come riferisce Catone il Vecchio, (M. Porcius Cato Censorius, nato a Tusculo nel 234 e morto nel 149 a.C., il principale interlocutore del Cato Maior de senectute di Cicerone) nella sua opera fondamentale intitolata De Agricoltura, cui fanno riferimento gli scrittori posteriori.

Egli suggerisce di fare subito l’olio, quando le olive sono raccolte, perché non si guastino: «Pensa che ogni anno sono solite venire delle grosse tempeste che fanno cadere le olive. Se le raccogli subito e i vasi sono pronti, non ne verrà danno dalla tempesta e l’olio sarà più verde e migliore. Se (le olive) restano troppo a lungo a terra o sul ‘tabulato’ puzzeranno e l’olio risulterà fetido, avrà un cattivo gusto» (Agr. 3,2-5).

Nel De Agricoltura l’autore fornisce molte indicazioni pratiche. Indica i terreni adatti per coltivare olivi ed elenca ben 6 varietà di olive e di piante (6,1-2), alcune delle quali tuttora coltivate. In terra grassa vanno coltivate olive da conservare: la qualità «a verga grande» («radius maior», a forma di verga, forse per la forma allungata), la «salentina» (originaria del Salento, identificata con la «calabrica» e l’«oleastellus» di Columella 12,51,3), l’«orchite» («orcites» od «orcitis», od «orcita», per la grossezza delle olive, a forma di «orchis», testicolo, cfr. Virgilio, Georgiche 2,85), la «posea» (anche «pausea», «posia» in Plinio, «pausia» in Virgilio, ivi;) che, secondo Columella (5,8) e Palladio (3,18,4), produce molto olio e sopporta meglio il freddo, la «colmiana» (o «coliminia», o «culminea» o «cominia») che, secondo Columella (12,54,1), può servire (a differenza della Licinia e della Sergia) a preparare profumi, la «albicera» od oliva bianca. La qualità «licinia» si pianta invece in un campo più freddo e più magro. Si sofferma poi a spiegare, spesso con scrupolosi elenchi, le varie attività riguardanti la coltivazione: come preparare un uliveto di 240 «iugeri» (10,1 ss.), il torchio e la cella olearia (13,1); cosa quest’ultima deve contenere (giarre, anfore, coperchio, conche grandi e piccole, orci per l’acqua e per l’olio, bilancia, ecc., 13,2); come preparare il frantoio («trapétus») e il suo asse, come costruirlo (20-22); preparativi per la raccolta delle olive, il pressoio («prelum»): meglio farlo di carpino nero (31,1-2); come innestare il fico e l’olivo (procedimento diverso dalla vite, 42); quando potare l’olivo (a partire da 15 giorni prima dell’equinozio di primavera, per 45 giorni) e come trapiantarlo (44-45); come cogliere le olive e fare il più pregiato «olio verde» (64-65); cosa fare quando un olivo non dà frutto (93). Elenca i compiti del custode del frantoio (erano tre, di cui uno schiavo) e del travasatore («capulator», 66-67); tramanda anche alcune ricette. Terminata la vendemmia e la raccolta delle olive, ogni arnese va rimesso in ordine al suo posto (cfr. 68-69).

La produzione dell’olio verde utilizzando olive acerbe (più lo saranno, migliore sarà l’olio) è spiegata al n. 65. Per il proprietario è vantaggioso fare olio con le olive mature: se vengono delle gelate quando si raccolgono le olive, bisogna attendere tre o quattro giorni per fare l’olio; se si vuole, si spargano le olive con del sale; frantoio e cella vanno tenuti caldi il più possibile. Secondo Columella (De Re Rustica, 12,52,1), si fa l’olio acerbo, od olio d’estate, con le ulive cadute; in dicembre l’olio verde; in seguito l’olio maturo. L’olio acerbo, data la sua scarsa resa, non produce gran guadagni; l’olio verde rende a sufficienza e il suo prezzo elevato rende il doppio.

Pertanto, si potrebbe supporre che l’espressione biblica «olio verde» indichi l’olio o un profumo «prezioso» (cfr. Gv 12,1-8; Mt 26,6-11; Mc 14,3-5), con cui il protagonista, vittorioso sui nemici, è unto in segno di festa. Il testo del salmo 92 può essere dunque così inteso: «Hai drizzato il mio corno (= forza/fronte) come quello di un bufalo, sono unto (da Dio) con un profumo prezioso (‘olio verde’)» (Sal 92,11). Con la vittoria il salmista ha ritrovato la sua dignità, rialza la fronte (cfr. 1Sam 2,1); Dio stesso lo unge con un prezioso profumo per la festa.

In conclusione, dai testi analizzati emerge il carattere simbolico dell’olivo e dell’olio, di cui la Bibbia esalta la forma dell’albero, la sua tenacità e resistenza, la sua bellezza sempreverde, come pure l’impego dei prodotti derivati: legno, foglie e frutti. All’olio sono associati significati simbolici molteplici: bellezza e gioia, pace e alleanza, fecondità ed eternità, vitalità, potere terapeutico. Il suo uso ricorre in circostanze di festa e vittoria ed è anche simbolo di forza, preziosità e ricompensa. I vari aspetti culturali si fondono con il simbolismo religioso che li ha assunti nei riti, nelle raffigurazioni e nei gesti quotidiani che da millenni caratterizzano la sensibilità mediterranea, e la cui costellazione simbolica travalica gli oceani, come dimostrano i versi di questo suo cantore cileno, il poeta Pablo Neruda:

«Non soltanto il vino canta,
anche l’olio canta,
vive in noi con la sua luce matura
e tra i beni della terra
io seleziono,
olio,
la tua inesauribile pace,
la tua essenza verde,
il tuo ricolmo tesoro che discende
dalle sorgenti dell’ulivo».

di Domenico Nasini

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