Cultura 07/09/2013

Il rapporto tra uomo e natura visto con gli occhi dell'agricoltura

Nel corso del Meeting di Rimini anche una mostra che ha permesso di mettere a nudo la “scienza artigiana” e di scoprire i passi che l'umanità ha compiuto dall'ultima glaciazione


Alla fine dell’ultima glaciazione, tra 12000 e 9000 anni fa, avviene la più grande rivoluzione della storia della specie umana. In diverse regioni del pianeta - nella Mezzaluna fertile (Vicino Oriente), nelle valli dello Yangtze e del Fiume Giallo in Cina, in Mesoamerica (Messico centro-meridionale) e sulle pendici delle Ande in Sudamerica, nell’Africa sub sahariana - piccoli gruppi di uomini fino ad allora cacciatori-raccoglitori nomadi, indipendentemente gli uni agli altri inventano l’agricoltura. Per la prima volta nella storia, l’uomo diventa capace di controllare la fonte del proprio sostentamento.

È l’annuncio di un cambiamento epocale: alcune piante selvatiche vengono domesticate e in breve tempo diventano dipendenti dall’uomo, non essendo più capaci di sopravvivere da sole allo stato naturale. A sua volta l’uomo cambia profondamente: ora dipende per il suo cibo dalla cura con cui alleva le piante, più che dalla sua forza fisica. I gruppi umani diventano stanziali, aumenta la densità di popolazione, nascono villaggi e città e con essi la storia, la civiltà come noi la conosciamo. È l’inizio di un cammino che non si è più fermato: da allora, nuove specie da coltivare sono state introdotte, sono avvenuti mutamenti imponenti del territorio (i campi coltivati al posto della foresta, i canali per l’irrigazione, ecc), trasformazioni produttive.

È anche l’avvio di un incremento demografico che non si è più arrestato e che oggi ci mette difronte al compito di produrre cibo per una popolazione in costante aumento e di sconfiggere la fame in tante aree del pianeta. Mentre nuove sfide si affacciano: come e dove trovare una medietas virtuosa tra ultrasfruttamento del territorio ed ecologismo; come essere consapevoli che ogni progresso tecno-scientifico comporta anche un contraltare problematico con cui fare i conti?

La mostra ha documentato i primi passi e i successivi sviluppi di questa storia, mediante l’esposizione dal vivo delle specie selvatiche e delle varietà man mano coltivate dall’uomo (frumento, orzo, riso, mais, pomodoro, patata, vite, leguminose), illustrando l’evoluzione - guidata dall’uomo - delle piante che hanno nutrito l’umanità lungo i millenni. In particolare, verranno sottolineati quegli interventi dell’uomo che hanno impresso una svolta decisiva nella domesticazione e coltivazione delle varie specie portando, ad esempio, alle spighe che non perdono i semi, alle varietà che germinano poco dopo essere seminate, agli esemplari di taglia bassa, all’efficiente uso dell’acqua e dei fertilizzanti, al miglioramento delle proprietà nutritive delle principali colture, con relative innovazioni nei cibi e loro adattamento alle tradizioni e culture locali.

Il leit motiv è stato mostrare gli interventi dell’uomo come testimonianza di una interazione virtuosa tra uomo e natura, esempio di quella “scienza artigiana” in cui l’uomo si pone in ascolto della realtà e la interpreta cercando di capirla veramente fino in fondo e di usarla per il bene comune. Le piante coltivate non sono “naturali”; non sarebbero mai esistite se l'uomo non le avesse prodotte e si estinguerebbero se l’uomo decidesse di non coltivarle più. E non sono neanche “artificiali”. Sono appunto “coltivate”; in questo c’è tutto lo spessore di una storia millenaria che ha coinvolto i nostri antenati e coinvolge anche noi oggi, in un’opera senza fine

Un altro tema considerato è come rispondere alla sfida di nutrire una popolazione umana in rapida crescita. Le previsioni demografiche dicono che la popolazione mondiale crescerà dagli attuali 7 a 9 miliardi di uomini nel 2050: il problema è acuto se si tiene conto che già ora più di un miliardo di persone soffre la fame e ancor di più la malnutrizione. È possibile aumentare la produttività agraria? E aumentarla in modo sostenibile? E come si riuscirà a ridurre le disuguaglianze tra le “tavole alimentari” del pianeta e ad abbattere l’impatto devastante dello spreco? Serve un criterio da cui possa derivare un’azione rispondente al vero: occorre riscoprire su cosa fondare un corretto rapporto tra uomo-e-uomo e uomo-e-ambiente.

Visto l'enorme successo riscosso dalla mostra, questa verrà riproposta, ampliata, durante Expo 2015.

Prestatori: Musée departémental des Merveilles (Tende, Alpes-Maritimes, France), Soprintendenza per i beni librari archivistici e archeologici di Trento, Università degli Studi di Milano.

di C. S.