Mondo Enoico 13/04/2017

A rischio i terroir vitivinicoli con i cambiamenti climatici

In Australia stanno importando vitigni come il Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico. Siamo di fronte a una rivoluzione culturale della viticoltura europea che interroga la ricerca ma anche, e soprattutto, i produttori


“Nei prossimi 30 anni, la temperatura media annuale potrebbe alzarsi di 1,5-2,5°C, un aumento che risulta sempre più critico per i terroir storici e per le varietà autoctone, meno ‘plastiche’ nell’adattamento rispetto ai vitigni internazionali a causa della loro elevata specificità ambientale. I terroir rischiano invece di perdere le loro peculiarità climatiche e di conseguenza gli effetti specifici dell’interazione clima-mesoclima/vitigno”. Lo ha detto Diego Tomasi, direttore del Crea di Conegliano Veneto, intervenuto a Vinitaly al convegno sui cambiamenti climatici organizzato da L’Informatore Agrario in collaborazione con il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) per analizzare gli effetti del riscaldamento globale in viticoltura.

Per il professore dell’Università di Milano, Attilio Scienza: “Oggi nella Heathcote australiana al posto dei vitigni provenienti dalle regioni continentali europee si stanno introducendo varietà dell’Italia Centro-meridionale, quali il Montepulciano, il Nero d’Avola, il Sagrantino, l’Aglianico. Così come in Champagne durante la ‘piccola glaciazione’ (dal XIV al XVIII secolo) al posto del Pinot nero e di altre varietà originarie sono stati introdotti lo Chardonnay e il Gouais. Siamo di fronte a una rivoluzione culturale della viticoltura europea che interroga la ricerca ma anche, e soprattutto, i produttori. Non possiamo – ha concluso Scienza – basare il futuro sulla nostalgia, dobbiamo, insieme, scommettere sull’innovazione, a partire dal miglioramento genetico e dall’applicazione della space economy”. Indagare, comprendere e innovare, quindi, per combattere la “dittatura del clima” trasformando le sfide poste dai cambiamenti climatici in opportunità.

Per Andrea Olivero, viceministro del Ministero delle Politiche agricole: “Il cambiamento climatico è una tematica che va affrontata oggi e su cui non possiamo più permetterci di perdere tempo. Abbiamo bisogno di confrontarci e di analisi puntuali, precise, basate sulla realtà, e abbiamo bisogno soprattutto che questo diventi patrimonio collettivo dei decisori, politici e imprenditoriali. Dobbiamo migliorare la collaborazione tra i diversi mondi e dobbiamo fare in modo che, a partire dai Psr, ci siano concreti processi di accompagnamento per le nostre imprese – ha concluso Olivero –. In questa direzione sta lavorando il ministero, attraverso il Crea in primis, ma anche con gli altri strumenti per la rete rurale”.

Tra gli studi a cura del Crea presentati, quello sugli effetti dell’aumento delle temperature nella maturazione del Glera, che ha evidenziato come i siti più freschi di bassa collina potrebbero nel tempo beneficiare dell’incremento termico e riclassificarsi all’interno delle fasce climaticamente più vocate per la coltivazione di questa varietà. Al contrario, nei siti di media collina, un ulteriore aumento delle temperature potrebbe portare a processi di maturazione troppo rapidi per raggiungere un’ottimale espressione fisiologica e metabolica della pianta. Ancora, temperature notturne più calde potrebbero vanificare il positivo effetto che le basse temperature hanno sulla sintesi dei composti coloranti.

“Lo studio dei fenomeni legati al clima e ancor più il trasferimento di questa conoscenza ai vitivinicoltori è fondamentale – ha affermato Antonio Boschetti, direttore responsabile de L’Informatore Agrario – perché sempre di più la sfida del cambiamento climatico e dei mercati verrà vinta attraverso l’innovazione. Per questo la Casa Editrice – ha continuato Boschetti – a partire dal Vinitaly ha lanciato la nuova pubblicazione Vite&Vino incentrata su viticoltura ed enologia con l’obiettivo di diventare il mezzo di aggiornamento tecnico dei vitivinicoltori”.

di C. S.