Mondo Enoico 23/03/2015

Vitigni italiani sono figli di un dio minore

I nuovi vitigni messi ai punti dai ricercatori dell'Università di Udine attendono da due anni l'iscrizione ai registri varietali. Mentre l'Italia riconosce quelli prodotti all'estero


“Ci sono forse vitigni resistenti figli di un Dio minore? Come mai nel nostro Paese sono stati autorizzati alla coltivazione almeno 8 vitigni resistenti, tutti creati in Germania (e registrati anche richiamando nel nome il loro parentale, come Cabernet Cortis e Cabernet Carbon), mentre la Regione Friuli Venezia Giulia è ancora in attesa di ricevere il via libera alla coltivazione di 10 nuovi vitigni creati dai ricercatori dell'Università di Udine?”

Con queste domande Eugenio Sartori, Direttore generale dei Vivai Cooperativi Rauscedo, associata a Fedagri-Confcooperative, ha introdotto il convegno Vite: un futuro resistente svoltosi oggi al Vinitaly presso lo stand del Mipaaf.

Era il 1998 quando l'Università di Udine iniziò a lavorare allo sviluppo di nuove varietà resistenti; tale progetto di ricerca ha avuto un successivo impulso nel 2006 con la costituzione dell'Istituto di Genomica applicata, nato grazie anche all'importante contributo finanziario dei Vivai Cooperativi Rauscedo. Il progetto è culminato nella creazione di 10 vitigni resistenti che attendono dal 2013 l' iscrizione al Registro Nazionale delle Varietà.

"Si tratta di una situazione che penalizza fortemente i viticoltori italiani - ha proseguito Sartori - che sono fortemente interessati all'utilizzo di questi vitigni resistenti che permettono la realizzazione di vigneti ad alta sostenibilità ambientale e vini di assoluto pregio. Il rischio che corriamo è che ancora una volta il frutto della ricerca italiana vada a vantaggio di altri paesi europei in cui tali autorizzazioni vengono rilasciate in tempi brevissimi”.

di C. S.