Mondo Enoico 19/12/2014

Si ferma l'export vitivinicolo italiano nel 2014: troppo sfuso

Progressione lieve, +1%, delle vendite all'estero quest'anno. Si allontana la prospettiva dei 7,5 miliardi nel 2020. Troppo presto per allarmarsi, nel 2003 e nel 2009 si sono anche registrati cali rispettivamente del 3,1% e 4,4%


Le stime Wine Monitor per l’export di vino italiano dicono di un 2014 in lievissima progressione (poco più dell’1%) rispetto all’anno precedente, con un valore che dovrebbe assestarsi attorno ai 5,1 miliardi di euro rispetto ai 5,04 del 2013, dopo tassi medi annui di crescita superiori al 9% tra il 2009 e il 2013.

Troppo presto per allarmarsi. Addirittura nel 2003 e nel 2009 si sono registrati cali rispettivamente del 3,1% e 4,4% rispetto all’anno precedente.

“I motivi di tale frenata sono diversi ma ampiamente noti agli addetti ai lavori - afferma Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma - Dal giro di vite del governo cinese ai rimborsi spese dei propri funzionari (il principale segmento di consumatori di vino importato nel paese) allo “spiazzamento” subito dai nostri vini sfusi sul mercato tedesco ad opera del più competitivo prodotto spagnolo (la metà dell’export di sfuso italiano finisce in Germania e questa tipologia di vino pesa ancora per il 30% sui volumi complessivamente esportati)”.

Male Cina e Russia, bene negli Stati Uniti, recuperiamo in Giappone e teniamo nel Regno Unito, in particolare grazie agli spumanti. 

Resta da capire cosa occorre fare, nell’ambito di questo scenario di mercato, per raggiungere quei 7,5 miliardi di euro di export di vino annunciati come obiettivo per il settore dal premier Renzi all’ultimo Vinitaly. A valori nominali, all’appello mancano ancora 2,4 miliardi di euro che, se rapportati in termini di crescita media annua equivalgono, per il prossimo quinquennio, a tassi superiori al 6,5%.

“Guardando a quanto accaduto nell’ultimo decennio, non si tratta di aumenti irraggiungibili - continua Pantini, - è chiaro però che occorre mettere in atto diverse strategie, tra cui quelle di riposizionamento anche qualitativo in grado di spuntare prezzi medi più elevati per i nostri vini”.

A tale proposito basti pensare come dal 2007 al 2013 il prezzo medio all’export del vino italiano si sia apprezzato del 35%, passando da 1,83 a 2,47 euro/litro. Tale rivalutazione sottende, tra le altre cose, una riduzione dell’incidenza dello sfuso (sceso dal 33,6% al 28,5%) e un contestuale incremento del peso degli spumanti (dal 6,5% al 10,2%) e dei vini fermi (dal 59,9% al 61,3%) sui volumi totale dell’export.

Se si ipotizzano, da qui al 2020, tassi analoghi di “sostituzione” nella tipologia dei vini esportati e di rivalutazione dei prezzi medi, l’obiettivo dei 7,5 miliardi di euro non appare impossibile.

di C. S.