Mondo Enoico 15/12/2012

Controllare la fermentazione malolattica è prendersi cura di un ecosistema complesso

Controllare la fermentazione malolattica è prendersi cura di un ecosistema complesso

La regolazione di alcuni parametri chimici, come pH, anidride solforosa e grado alcolico, è determinante per la crescita dei batteri lattici nel vino rosso. Quali parametri allora tenere sotto osservazione?


Il vino è un ecosistema biologicamente complesso nel quale avvengono una moltitudine di reazioni chimiche e bio-chimiche, fra loro fittamente interconnesse. Fra i processi biologici fondamentali che avvengono nel vino, vi sono la fermentazione alcolica e la degradazione dell'acido malico. I lieviti, responsabili della fermentazione alcolica, producono etanolo e anidride carbonica a partire da glucosio e fruttosio, i batteri lattici sono, invece, gli attori della cosiddetta “fermentazione malolattica” nella quale si ha il consumo di acido L-malico con formazione di acido L-lattico e anidride carbonica.

 

Evoluzione dei batteri lattici nel vino

Dall'uva al vino finito le popolazioni batteriche presenti possono essere molto variegate sia considerando il numero dei microrganismi sia considerando la varietà delle specie presenti. La specie Oenococcus Oeni è quella che si adatta nel modo migliore alle ostili condizioni chimico-fisiche del vino.

L'aumento della biomassa dei lieviti e l'inizio della fermentazione alcolica determina una brusca diminuzione della popolazione batterica la quale rimane in fase di latenza. L'innesco della fermentazione malolattica durante la fermentazione alcolica può rappresentare un evento potenzialmente pericoloso per le caratteristiche organolettiche del vino. I batteri lattici possono degradare gli zuccheri portando ad un brusco aumento di acido acetico e acido D-lattico, fenomeno che prende il nome di “spunto lattico”. In un classico processo di vinificazione in rosso alla fermentazione alcolica segue la fermentazione malolattica. La trasformazione dell'acido L- malico in acido L-Lattico determina un aumento del pH e una diminuzione di acidità totale in virtù del fatto che scompare un acido bicarbossilico, l'acido L-malico, e si forma un acido monocarbossilico l'acido L-lattico. L’aumento del pH è accompagnato da uno spostamento del colore verso la tonalità malva dovuta alle reazioni acido-base degli antociani. La diminuzione dell'acido L-malico può avvenire in una percentuale variabile dal 10 al 30% anche durante la fermentazione alcolica con il meccanismo della fermentazione malo-alcolica. I batteri lattici oltre a degradare l’acido L-malico metabolizzano anche l’acido citrico anche se con velocità nettamente inferiore. Le vie metaboliche di utilizzo dell'acido citrico sono principalmente due, una orientata alla produzione di fosfolipidi di membrana e l'altra utilizzata dai batteri come via di detossificazione che porta alla produzione di composti come l'acetoino, il 2,3 butandiolo ed il diacetile. Tra questi il diacetile è sicuramente quello più importante in quanto esso incide sulle caratteristiche organolettiche del vino. Questo composto infatti se presente in concentrazioni di 2-4 ppm apporta note di burro che possono migliorare notevolmente il bouquet aromatico del vino. Se la concentrazione di questo composto supera i 6 ppm la sua influenza sull'aroma può invece essere deleteria. La formazione di diacetile è quindi fortemente legata alla velocità di crescita batterica. Infatti con una crescita stentata il metabolismo batterico orienta il metabolismo verso la produzione di sostanze detossificanti mentre in presenza di una crescita elevata la forte richiesta anabolica guida il consumo di acido citrico verso la produzione lipidica.

 

Fattori chimico-fisici della crescita batterica

I parametri chimico-fisici che regolano la crescita dei batteri lattici nel vino sono il pH, la temperatura, l’anidride solforosa ed il grado alcolico. Tali parametri sono tra loro strettamente legati. La crescita della popolazione dei batteri lattici è favorita da un pH superiore a 3,5. Un pH più basso pone un ostacolo al loro sviluppo in quanto risulta più difficile, per i batteri, mantenere il pH intracellulare ottimale per l'attività dell'enzima malolattico. pH elevati favoriscono quindi la fermentazione malolattica di contro rendono però i vini più fragili dal punto di vista microbiologico in quanto può essere più elevata la gamma dei batteri presenti.

La concentrazione dell'anidride solforosa è un parametro molto importante per l'avvio della fermentazione malolattica. Nel vino è presente in forma libera ed in forma combinata. La prima è costituita dallo ione bisolfito (HSO3-) e dal diossido di zolfo (SO2) . Lo ione solfito (SO32-) al pH del vino è praticamente assente. La forma combinata è invece quella quota di solforosa legata a vari composti organici che presentano un gruppo funzionale carbonilico. Tra questi la formazione più importante di solforosa combinata è data dall'acetaldeide. La solforosa totale è quindi il computo tra solforosa libera e combinata. A parità di solforosa totale l'inibizione dei batteri malolattici dipende dal grado di combinazione del vino. Infatti maggiore è il potere di combinazione del vino e minore è il livello di solforosa libera. Di questa solo la solforosa molecolare ha un forte effetto sui batteri lattici. Essa aumenta al diminuire del pH inibendo ancor più la crescita batterica.

La temperatura influenza la crescita di tutti i microrganismi in quanto le reazioni chimiche e in particolare quelle biochimiche sono ad essa fortemente correlate. L'intervallo di temperatura ottimale per la fermentazione malolattica è 20-22°C, temperature inferiori rischiano di rallentarla o se troppo basse possono anche determinarne l'arresto. Temperature superiori ai 25°C rischiano invece di far aumentare in modo pericoloso l'acidità volatile.

Come per i lieviti, concentrazioni elevate di etanolo hanno un effetto tossico anche per i batteri e quindi ostacolano la fermentazione malolattica. L'etanolo infatti si inserisce nelle membrane cellulari destrutturandole e riducendo quindi l'assimilazione dell'acido L-malico.

Anche la quantità di questo acido influisce notevolmente sull'avvio della fermentazione malo-lattica. Infatti concentrazioni inferiori ad 1 g/L possono renderla difficoltosa, in questo senso la determinazione analitica di questo acido in fase pre-fermentativa diviene molto importante per gestire le fasi di vinificazione successive.

 

Controllo analitico della fermentazione malolattica

I metodi moderni di controllo della fermentazione malolattica si basano sull'analisi dei due acidi organici coinvolti in questo processo, l'acido L-malico e l'acido L-lattico. I principali metodi chimici quantitativi per la loro determinazione sono, l'analisi enzimatica spettrofotometrica e l'analisi per HPLC (High Performance Liquid Cromatography). Questi due metodi permettono quindi di seguire decorso della fermentazione malolattica. L'analisi enzimatica dell'acido L-lattico è sicuramente il modo migliore per riconoscerne il suo inizio. L'analisi per HPLC standard infatti, oltre a determinare l'acido L-lattico rileva anche il suo isomero D, formato dai lieviti durante la fermentazione alcolica. Tale analisi non permette quindi di conoscere in modo univoco la concentrazione dell'acido L-lattico il quale è il solo parametro indicativo dell'avvio della fermentazione malolattica.

Un valore superiore a 0,1 g/L di acido L-lattico indica che il processo fermentativo è avviato. Dopo averne costatato l'avvio si può quindi controllare il decremento dell'acido L-malico fino alla sua pressochè totale scomparsa ovvero ad una concentrazione inferiore a 0,2 g/L. L'analisi chimica dell'acido L-malico aiuta inoltre l'enologo, non solo a controllare il normale decorso della fermentazione malolattica, ma anche a prevederne un innesco ottimale. In questo senso risulta essere molto importante l'analisi dell'acido L-malico su mosto. Questo dato infatti aiuta l'enologo a capire con largo anticipo quale sarà il valore dell'acido L-malico all'inizio della fermentazione malolattica potendo quindi così progettare in anticipo le operazioni volte ad un corretto svolgimento fermentativo.

Simone Bellassai è CDR WineLab Specialist


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