Mondo Enoico 01/10/2011

Ridurre i solfiti è questione di ricerca scientifica. Eliminarli è impossibile

Ridurre i solfiti è questione di ricerca scientifica. Eliminarli è impossibile

I solfiti fanno male. Utilizzati fin dall'antichità, oggi è imperativo ridurne le dosi d'impiego. Occorre però trovare metodi alternativi per il controllo della microflora viticola e per migliorare la conservabilità del vino


I solfiti fanno male. Non è opinabile. E' una certezza, tanto che anche l'organizzazione mondiale della sanità ha decretato la dose massima giornaliera in 0,7 mg di SO2 giornalieri per kg di peso corporeo. Da ciò ne è discesa la necessità di indicare in etichetta la presenza di solfiti.

I solfiti hanno effetti dannosi sulla nostra salute perchè distruggono la tiamina e la cianocobalamina (vitamine del gruppo B), appesantiscono il nostro sistema detossificante, possono causare reazioni allergiche e hanno un'interazione con i farmaci cortisonici.

Detto questo è bene ricordare che i solfiti sono stati utilizzati fin dall'antichità (vi sono tracce in epoca romana) come antisettico e antiossidante in numerosi cibi, compreso il vino.

Proprio il vino è sul banco degli imputati, essendo, a torto, considerato uno dei piaceri della tavola dove i solfiti sono più presenti.

Molta della frutta essicata che troviamo nei supermarket (uvetta, albicocche, fichi e prugne) può contenere fino a dieci volte ciò che è ammissibile per il vino, ovvero un massimo di 2000 mg/kg, contro i 210 mg/l per il nettare di bacco. Concentrati di frutta e preparati per purè hanno un limite di solfiti analogo a quello del vino.

Premesso quindi che scagliarci contro l'uso dei solfiti in enologia è quantomeno bizzarro e ipocrita, visto che esistono numerosi altri settori alimentari che si avvantaggiano dei solfiti, è pensabile ridurre l'impiego di questi composti.

Per comprendere come e in che misura è possibile sostituire i solfiti in enologia è necessario, prima di tutto, comprendere quali funzioni assolvono. Eccone quindi una breve rassegna:

- antisettico sulla microflora delle uve e del vino

- antiossidante sia delle ossidazioni prefermentative sia si quelle a carico del vino

- solubilizzazione delle sostanze coloranti

- chiarificante

Per quanto riguarda le ultime due azioni in enologia sono disponibili ormai numerosi strumenti, additivi e pratiche che possono svolgere egregiamente la funzione di solubilizzazione delle sostanze coloranti e quella chiarificante.

Molto più complessa, invece, la questione riguardante le funzioni antisettica e antiossidante.

Partiamo da quest'ultima. Esistono numerose esperienze di viticoltori che utilizzano diversi composti antiossidanti per proteggere il vino. In questi anni sono stati utilizzati e sperimentati diversi antiossidanti naturali come i tannini di rovere, i tannini ellagici estratti dalle bucce dell’uva, le proantocianidine estratte dai vinaccioli e anche l’acido ascorbico. I risultati sono incoraggianti ma non sono comparabili a quelli di un utilizzo di anidride solforosa.

Per quanto riguarda l'azione antisettica, infine, non esistono, ad oggi, soluzioni commerciali che possano ridurre la carica microbica e la microflora naturale che si trova sulle bucce d'uva, e che può creare problemi in fermentazione. L'utilizzo del lavaggio con semplice acqua corrente non porta, secondo la Prof. Torriani dell'Università di Verona, benefici significativi. Sperimentazioni sono in corso in diversi Paesi. Recente la ricerca dell'Università di Western Australia che promette di risolvere nel medio lungo periodo, il problema mediante l'utilizzo di raggi UVB o di fumigazioni con ozono. L'unica possibilità, per ora, è portare uve molto sane in cantina, tali da ridurre i rischi di contaminazioni con ceppi di batteri o lieviti che possono alterare gli equilibri di fermentazione.

Ma è possibile, in futuro, un vino assolutamente privo di solfiti?

La risposta a questa domanda è no, perchè è stato scoperto, ed è ormai assodato nella letteratura scientifica, che durante la fermentazione alcolica gli stessi lieviti producono in maniera naturale una quantità di solfiti che oscilla dai 10 ai 30 mg/l.

Una soglia che in base al D.Lgs. 114/2006, che modifica il D.Lgs. 109/92, obbliga a riportare in etichetta comunque la dizione “contiene solfiti”. La normativa prevede infatti che vengano riportati i solfiti in concentrazioni superiori a 10mg/l o 10mg/kg.

 

di Graziano Alderighi

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Commenti 5

Sixto Jiménez Muniain
Sixto Jiménez Muniain
02 ottobre 2011 ore 15:50

L´eliminazione di solfiti in vino non e piu un problema. Il laboratorio Argenol (Zaragoza-Spagna) ha brevettato la soluzione definitiva e a fatto le probe in collaborazione con l´organizazione vinicola de Castilla La Mancha e la supervisione delle autoritá europea.
Utilizzano argento colloidale senza que nessuna tracia resti nel vino.
(www.argenol.com)

Matteo Alberini
Matteo Alberini
01 ottobre 2011 ore 12:00

Intanto non sarebbe meglio passare all'obbligo di indicare in etichetta la quantità di solfiti presenti ? Con modalità non troppo complicate per i produttori, ad esempio semaforo verde / giallo / rosso per concentrazioni non superiori a ...,dove ovviamente il rosso deve stare dentro ai limiti di legge. Il consumatore avrebbe una possibilità di premiare con l'acquisto i produttori che in vigna ed in cantina lavorano in modo d ridurre al minimo l'uso dei solfiti, mentre col metodo attuale per star sicuri si stà appena sotto al minimo consentito.

Marco Tebaldi
Marco Tebaldi
01 ottobre 2011 ore 09:53

Bella foto della questione Graziano! Solo alcune puntualizzazioni: nel progetto Freewine, di cui sono fortunato fondatore, si sono prodotti vini con contenuti in solfiti totali spesso inferiori ai 10 mg/l, in un caso addirittura 0 assoluto. Ciò grazie ad una piattaforma di tecnologie sinergiche, tutte tese a rinunciare ai solfiti come strumento antisettico ed antiossidante. Tra queste, si stanno sperimentando i raggi UVC, sfruttati in una innovativa tecnologia messa a punto dalla sudafricana Surepure, capace di assolvere egregiamente alla funzione antisettica nei mosti e nei vini, senza additivi nè residui (in fine trattasi di luce). Il progetto ha preso il via con le prime produzioni commercializzate nel 2010 che nel 2011 sono già ben più numerose. Il dip. di Biotecnologie dell'Università di Verona, sotto il coordinamento della Prof. Torriani, oltre al CNR di Pisa, ne sono partner scientifici. Più info su www.Freewine.eu, sito-blog dedicato alla sensibilizzazione e divulgazione delle tematiche inerenti al progetto. Cordialmente, Marco Tebaldi.

Barbara  Pulliero
Barbara Pulliero
01 ottobre 2011 ore 09:49

Ho letto con piacere questo articolo, mancherebbe solo un piccolo dettaglio: la produzione industriale ha bisogno di aggiungere - non solo nel vino - enormi quantità di solfiti perché parte da una materia prima in cattive condizioni (esempio: uva marcia, pomodori marci, frutta marcia) che nessun essere umano si sognerebbe di mettere sulla propria tavola se ne fosse informato.
Partendo da una materia prima di qualità, ad esempio uva sana, i solfiti possono non essere aggiunti o aggiunti in quantità limitatissima. L'etichetta dovrebbe essere chiara su questo punto obbligando i produttori di cibo (tutto il cibo) ad indicare in parole chiare quali sono gli additivi e le quantità.

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
01 ottobre 2011 ore 09:31

Coraggio e verità corredano la riflessione/comunicazione. Eppure le leggi deliberanti sono recenti, al passo temporale con la scienza. L'indicazione dei rischi alla salute è affermazione di "common sense", memoria. Memoria non significa "diavolo", significa semplicemente "ricordo dell'informazione". E' utile? Tuttavia è legge.