Legislazione 14/09/2018

Ecco la proposta di direttiva in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare

Punto per punto lo schema legislativo che è all'esame di Bruxelles e che si vorrebbe varare entro la fine dell'anno. Vietati i pagamenti troppo lunghi ma anche le penali per gli sprechi di prodotti alimentari che si verificano presso i locali dell'acquirente senza che vi sia negligenza o colpa del fornitore


La proposta di direttiva è stata presentata il 12 aprile 2018 dalla Commissione europea ed è volta a contrastare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Nell'intento del legislatore europeo, le regole del mercato devono essere contemperate anche con le esigenze che sono poste a fondamento della PAC medesima e devono, ad esempio, mirare anche al miglioramento del tenore di vita degli agricoltori. Secondo i dati della Commissione europea, il numero di attori nella filiera alimentare dell'UE varia notevolmente a ogni livello. Vi sono circa 11 milioni di aziende agricole che forniscono lavoro a circa 22 milioni di persone (a tempo pieno e a tempo parziale) e producono prodotti primari da destinare all'industria della trasformazione agroalimentare, costituita da circa 300 mila imprese. I trasformatori alimentari vendono, poi, i loro prodotti attraverso 2,8 milioni di imprese della distribuzione alimentare (commercio all'ingrossoe al dettaglio e settore della ristorazione) per una platea di circa 500 milioni di consumatori.

Sebbene l'agricoltura impieghi la maggior parte delle aziende della filiera alimentare, la sua quota di valore aggiunto lordo nell'intera filiera è solamente di circa il 25 per cento ed è in diminuzione (nel 2016 il 4 per cento in meno rispetto al 2014). Il valore aggiunto lordo della filiera alimentare è cresciuto del 2,4 per cento all'anno dal 2008 e ammonta a poco meno del 7 per cento del valore aggiunto lordo totale dell'UE.

Inoltre, secondo quanto riportato dalla Commissione europea, negli ultimi anni si è registrato uno spostamento del potere di contrattazione, che ha avvantaggiato principalmente il settore del commercio al dettaglio e alcune imprese transnazionali a scapito dei fornitori, in particolare dei produttori primari.
La riforma della PAC e della politica comune della pesca ha rafforzato, inoltre, la posizione nella filiera dei produttori nei confronti degli operatori a valle, in particolare sostenendo la creazione e lo sviluppo delle organizzazioni di produttori. La nuova organizzazione comune di mercato comprende anche elementi volti a ridurre gli squilibri di potere contrattuale tra gli agricoltori e gli altri operatori della filiera alimentare in alcuni settori specifici (latte, olio di oliva, carni bovine, seminativi).

Venendo ai contenuti dell'articolato della proposta di direttiva, osserva che essa si compone di 14 articoli.

L'articolo 1 stabilisce l'oggetto della direttiva: definire un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate tra acquirenti e fornitori lungo la filiera alimentare e stabilire norme minime concernenti l'applicazione di tali divieti e disposizioni per il coordinamento tra le autorità di contrasto. Inoltre, stabilisce che la direttiva si applichi: a determinate pratiche commerciali sleali attuate da un fornitore che è una piccola e media impresa nel vendere prodotti alimentari ad un acquirente che non è una piccola e media impresa; ai contratti di fornitura conclusi dopo la data di applicabilità delle disposizioni di recepimento stabilite all'articolo 12.

L'articolo 2 reca le definizioni di acquirente, fornitore, piccola e media impresa, prodotti alimentari e prodotti alimentari deperibili.

L'articolo 3 (divieto di pratiche commerciali sleali) suddivide le pratiche commerciali sleali tra quelle non soggette alla discrezione contrattuale delle parti e quelle subordinate alla libertà contrattuale delle parti. Infatti, il primo paragrafo stabilisce che gli Stati membri devono provvedere affinché le seguenti pratiche commerciali siano vietate: il pagamento dopo oltre 30 giorni quando la fornitura concerne prodotti deperibili; l'annullamento, da parte dell'acquirente, di ordini di prodotti alimentari deperibili con breve preavviso; la modifica, da parte dell'acquirente, unilateralmente e retroattivamente delle condizioni dell'accordo di fornitura; il pagamento, a carico del fornitore, per gli sprechi di prodotti alimentari che si verificano presso i locali dell'acquirente senza che vi sia negligenza o colpa del fornitore.
Il secondo paragrafo stabilisce che gli Stati membri devono provvedere affinché le seguenti pratiche commerciali siano vietate, se non concordate in termini chiari ed univoci al momento della conclusione dell'accordo di fornitura: la restituzione, da parte dell'acquirente, al fornitore di prodotti alimentari rimasti invenduti; l'imposizione di un pagamento a carico del fornitore come condizione per l'immagazzinamento, l'esposizione o l'inserimento in listino dei prodotti alimentari di quest'ultimo; il pagamento, a carico del fornitore, dei costi di promozione dei prodotti alimentari venduti dall'acquirente; pagamento, a carico del fornitore, dei costi di commercializzazione dei prodotti alimentari sostenuti dall'acquirente.

L'articolo 4 impone agli Stati membri di designare un'autorità pubblica incaricata di far rispettare i divieti di pratiche commerciali sleali a livello nazionale.

L'articolo 5 (denunce e riservatezza) stabilisce che: un fornitore può presentare una denuncia all'autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito l'acquirente sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata; anche le organizzazioni di produttori o le associazioni di organizzazioni di produttori hanno il diritto di presentare una denuncia. Ciò, secondo la Commissione europea, può servire a tutelare l'identità del singolo o dei singoli membri dell'organizzazione che si ritengano vittime di una pratica commerciale vietata.

L'articolo 6 disciplina i poteri che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare alle autorità di contrasto: avviare indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia; chiedere agli acquirenti e ai fornitori di fornire tutte le informazioni necessarie al fine di effettuare indagini; adottare una decisione che constati la violazione dei divieti di pratiche commerciali sleali e imporre all'acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata (salvo il caso in cui, con siffatta decisione si corra il rischio di rivelare l'identità del denunciante o qualsiasi altra informazione la cui divulgazione, secondo il denunciante stesso, sarebbe lesiva dei suoi interessi, a condizione che egli abbia specificato quali sono tali informazioni); imporre una sanzione (efficace, proporzionata e dissuasiva e che tenga conto della natura, della durata e della gravità della violazione pecuniaria) all'autore della violazione; pubblicare le decisioni che constatano violazioni o impongono sanzioni; informare gli acquirenti e i fornitori in merito alle sue attività, mediante relazioni annuali che, tra l'altro, indichino il numero delle denunce ricevute, descrivano le indagini avviate e concluse e, per ogni indagine, illustrino sommariamente il caso e l'esito dell'indagine.

L'articolo 7 (cooperazione tra le autorità di contrasto) stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché le autorità di contrasto cooperino efficacemente tra loro e si prestino reciprocamente assistenza nelle indagini che presentano una dimensione transfrontaliera. Inoltre, prevede delle riunioni annuali, agevolate dalla Commissione europea, tra le autorità, anche per discutere delle migliori pratiche attuate, e l'istituzione e la gestione da parte della Commissione europea di un sito web per lo scambio di informazionicon le autorità di contrasto, in particolare per quanto riguarda le riunioni annuali.

L'articolo 8 (norme nazionali) precisa che gli Stati membri possono prevedere ulteriori norme volte a combattere le pratiche commerciali sleali che vadano al di là del livello minimo garantito dall'Unione, a condizione che esse siano compatibili con quelle relative al mercato interno.

L'articolo 9 (relazioni degli Stati membri) stabilisce che, entro il 15 marzo di ogni anno, gli Stati membri trasmettano alla Commissione europea una relazione che contenga, in particolare, tutti i dati pertinenti riguardanti l'applicazione e il rispetto delle norme ai sensi della presente direttiva nello Stato membro interessato nel corso dell'anno precedente. Inoltre, prevede che la Commissione europea possa adottare atti di esecuzione circa gli obblighi di rendicontazione degli Stati membri per specificarne determinate modalità e che sia assistita (articolo 10) dal comitato per l'organizzazione comune dei mercati agricoli istituito dall'articolo 229 del regolamento (UE) n. 1308/2013.

L'articolo 11 (valutazione) prevede che la Commissione europea svolga una valutazione non prima di tre anni dall'applicazione della presente direttiva, presentando una relazione che esponga le principali conclusioni (gli Stati membri devono fornire tutte le informazioni necessarie), e che rediga una relazione intermedia sullo stato del recepimento e sull'attuazione della direttiva stessa sei mesi dopo la data di recepimento.

L'articolo 12 stabilisce che il recepimento della direttiva deve avvenire entro sei mesi dalla sua entrata in vigore e che le disposizioni di recepimento si applicano a decorrere da dodici mesi dalla sua entrata in vigore, fissata dall'articolo 13.

di Marcello Ortenzi