L'arca olearia 20/03/2010

Le olive da tavola in Italia. Tanto amate, tanto dimenticate

Sono meno di ventimila gli ettari destinati a questa coltura. L’Italia è un Paese deficitario di olive da tavola; infatti, l’importazione è più che tripla rispetto all’esportazione. L’analisi di Mario Adua


Le olive da tavola rappresentano un pezzo della storia e della cultura dell’olivo in Italia e costituiscono una ricca e interessante nicchia produttiva della nostra olivicoltura.
Il presente studio traccia un quadro sulle olive da tavola evidenziandone le strutture produttive (aziende agricole, superficie investita e in produzione) il valore (prezzo alla produzione) e la qualità [prodotti riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea (UE) e prodotti tradizionali garantiti].
La ricerca si basa sull’analisi dei dati statistici ufficiali rilevati e diffusi dall’ISTAT (Istituto nazionale di statistica) nell’ambito delle seguenti indagini: Rilevazione sulle coltivazioni, Indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA), Rilevazione sui prodotti agroalimentari di qualità DOP, IGP e STG, Commercio estero e Contabilità nazionale. Vengono inoltre valutati i risultati e delle indagini ed elaborazioni svolte dall’ISMEA (Istituto per lo studio dei mercati agricoli).

L’olivicoltura da tavola in Italia
Il Censimento agricolo del 2000 rileva 28,0 mila aziende olivicole con una superficie investita a olivo da tavola di 18,9 mila ettari.
Per il 2005 l’indagine SPA rileva per l’olivo da tavola 17,1 mila aziende agricole con 18,6 mila ettari di superficie investita di cui 18,1 mila in produzione.
Per il 2007 la successiva edizione della SPA registra un calo di aziende (-30,6%) che scendono a 11,8 mila unità a fronte di un incremento della superficie investita (+23,4%) che sale a 22,9 mila ettari; in particolare, la superficie in produzione aumenta di 2,9 mila ettari (+16,0%) e quella non in produzione (perché impiantata di recente) si triplica (+284,5%) toccando quota 2,0 mila ettari.
La nuova situazione rilevata dalla SPA 2007 appare più favorevole allo sviluppo di una moderna olivicoltura da tavola. Infatti, il contemporaneo calo della numerosità aziendale a fronte dell’incremento della superficie investita determina un consistente aumento della superficie media investita a olive da tavola che passa da 0,68 ettari del 2000 a 1,09 ettari del 2005 per salire a 1,94 ettari nel 2007; tra il 2000 e il 2007 la superficie investita a olivo da tavola media per azienda triplica.
La produzione delle olive da tavola viene determinata dalla Rilevazione sulle coltivazioni; si tratta di una indagine di tipo estimativo che fornisce dati a livello provinciale.
La produzione, pari a 61,1 mila tonnellate (di cui il 95,6% raccolta) nel 2005 cala a 55,7 mila ettari nel 2007 per risalire a 68,5 (di cui il 95,0% raccolto) nel 2008.
L’indagine SPA, che nel 2007 riguarda oltre 53 mila aziende, è la principale rilevazione agricola svolta in modo uniforme in tutti i Paesi dell’Unione Europea (UE); si tratta di una rilevazione campionaria svolta per intervista diretta che fornisce risultati regionali. La SPA consente di analizzare la numerosità e le caratteristiche sia delle aziende sia dei loro conduttori e capi azienda Mediamente la superficie investita a olivo da tavola costituisce il 15,7% della SAT (Superficie agricola totale) e il 21,3% della SAU (Superficie agricola utilizzata) aziendale.
Il 71,1% delle aziende è concentrata nel Mezzogiorno e il 23,5% nel Centro; solo una piccola minoranza, pari al 5,4% è ubicata nel Nord, essenzialmente in Liguria. Le regioni più interessate sono la Sardegna (2,2 mila aziende e 2,4 mila ettari), la Puglia (2,1 mila aziende e 7,9 mila ettari), la Sicilia (1,7 mila aziende e 5,0 mila ettari) e la Calabria (0,7 mila aziende e 3,0 mila ettari). Nel Centro il Lazio ha 1,5 mila aziende e 2,0 mila ettari e la Toscana 0,9 mila aziende e 1,0 mila ettari.
Il 65,0% delle aziende è localizzato in collina e il 12,5% in montagna; solo il restante 22,5% si trova in pianura.
Circa un quarto delle aziende (esattamente il 24,3%) viene gestita da donne. I conduttori in complesso presentano una età media alquanto elevata; infatti, ben il 40,1% di essi ha almeno 65 anni mentre soli il 10,4% ne ha meno di 40. Relativamente al titolo di studio, i capi azienda con licenza media o elementare costituiscono il 68,7% del totale.

Il commercio estero
L’Italia è un Paese sostanzialmente deficitario di olive da tavola; infatti, l’importazione è più che tripla rispetto all’esportazione.
Il commercio estero riguarda 3 categorie di olive da tavola:
- olive fresche o refrigerate costituiscono la categoria più consistente, si importano 6,3 mila tonnellate per un valore di 11,1 milioni di euro, a fronte di una esportazione estremamente limitata (0,3 mila tonnellate per un valore di 0,8 milioni di euro);
- olive anche cotte in acqua o al vapore, congelate presentano un import è di 1,0 mila tonnellate pari a 1,7 milioni di euro; l’export è di appena 0,1 mila tonnellate pari a 0,1 milioni di euro;
- olive temporaneamente conservate ma non atte per l’alimentazione umana nello stato in cui sono presentate riguardano una importazione di 3,8 mila tonnellate e 6,1 milioni di euro rispetto a un export di 2,7 mila tonnellate e 4,6 milioni di euro.
Complessivamente il saldo commerciale è negativo e pari a 8,0 mila tonnellate e 13,3 milioni di euro, mentre il prezzo unitario spuntato dall’Italia sui mercati esteri supera quello dell’import di appena 0,1 mila euro per tonnellata.

Il valore delle olive da tavola
La contabilità nazionale calcola, per il 2008, in 89,5 milioni di euro il valore corrente ai prezzi di base della produzione delle olive da tavola (Tav. 1).
Rispetto al 2005 si registra un considerevole incremento dovuto sia all’aumento della produzione raccolta sia alla crescita del prezzo unitario. Il valore complessivo aumenta di 17,5 milioni (+24,3%) e quello unitario di 0,2 mila euro la tonnellata (+16,7%).
Nel periodo considerato, dal 2005 al 2008, tutti i valori sono positivi e confermano il buon andamento del settore che, pur permanendo una piccola nicchia, mostra una evoluzione positiva.

Le olive di qualità
Le olive da tavola riconosciute e tutelate dall’UE sono attualmente 3, tutte DOP attive per le quali vengono effettuati regolarmente i controlli nelle aziende agricole e certificata la produzione e trasformazione delle olive da tavola in prodotti adatti all’alimentazione umana (Tav. 5).
Le DOP olivicole comprendono: la “Bella della Daunia” presente in Puglia, la “Nocellara del Belice” in Sicilia e l’”Oliva ascolana del Piceno” nelle Marche e Abruzzo.
Non ci sono attualmente né olive DOP in protezione temporanea né altre in corso di riconoscimento presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF) o l’Unione Europea (UE) (Tav. 5).
Nell’Elenco dei prodotti tradizionali garantiti, compilato dalle Regioni e approvato dal MiPAAF, risultano iscritti ben 31 qualità di olive da tavola. Le principali regioni interessate sono la Calabria e la Liguria, entrambe con 6 olive tradizionali, seguono la Puglia e la Campania, rispettivamente con 4 e 3 prodotti.
Complessivamente l’Italia dispone di 34 olive di qualità che costituiscono, al pari dei 91 oli extravergini pregiati, un rilevante patrimonio colturale e culturale di grande valore sia economico sia sociale.
Va ricordato che le olive di qualità, come gli oli pregiati, sono il frutto di un secolare legame esistente fra il lavoro, le tradizioni e la storia dell’uomo e l’evoluzione del paesaggio agrario in determinati territori ove l’olivo rappresenta una vera e propria pianta di civiltà che ha consentito il mantenimento e lo sviluppo della popolazione in molteplici areali.

La filiera delle olive DOP
La specifica rilevazione, censuaria e annuale, svolta dall’ISTAT in collaborazione con il MiPAAF sui prodotti agroalimentari di qualità DOP e IGP e STG consente di evidenziare la struttura produttiva e l’evoluzione del comparto delle olive DOP.
Si tratta di un piccolissimo segmento del consistente settore degli ortofrutticoli e cereali trasformati e non.
Nel 2004 (prima edizione della rilevazione ISTAT) risultano attive 2 olive DOP su 2 riconosciute che operano con 81 aziende agricole, 597 ettari in produzione e 6 trasformatori.
Nel 2008 le olive DOP attive sono 3 e operano con 72 aziende, 659 ettari e 16 trasformatori; rispetto al 2004 si registra un calo di 9 aziende, un aumento di 62 ettari e di 10 trasformatori. Sempre nel 2008, la regione con più produttori e superficie in produzione è la Puglia.
Per quanto la capacità produttiva e di trasformazione sia in crescita, appare evidente che si tratta di un piccolo segmento produttivo.
Le rilevazioni e le elaborazioni svolte dall’ISMEA consentono di quantificare sia la produzione certificata sia il valore alla produzione e al consumo sul mercato nazionale.

Produzione e valore delle olive DOP
Nel periodo 2004-2008 la produzione certificata risulta più che triplicata passando da 124,4 a 313,9 tonnellate (+313,9 tonnellate, pari a +252,3%); nel 2008, rispetto all’anno precedente, si registra l’incremento maggiore, pari a 205,2 tonnellate.
Il valore corrente della produzione ai prezzi di base risulta addirittura quadruplicata; infatti, da 0,41 milioni di euro del 2004 si passa a 1,67 milioni del 2008 (+1,26 milioni di euro, pari a +307,3%).
Anche il valore unitario risulta in crescita e passa da 3,30 a 3,81 mila euro per tonnellata (+0,51 mila euro, pari a +15,5%).
L’ISMEA calcola anche il valore al consumo sul mercato nazionale; anche tale parametro risulta quadruplicato, passando da 0,72 a 2,91 milioni di euro (+2,19 milioni, pari a +304,2%).
Non si dispone di dati sull’esportazione delle olive DOP; pur considerando il commercio estero di scarsa entità e attribuendo che l’immessione al consumo avvenga solo sul mercato nazionale, risulterebbe un valore unitario del prodotto commercializzato pari a 6,64 mila euro la tonnellata.

Conclusioni e previsioni
Il segmento delle olive da tavola rappresenta una piccola nicchia produttiva dell’olivicoltura italiana.
La ristrutturazione delle aziende e l’incremento della produzione e della superficie, sia investita sia media, consentono di guardare con più ottimismo allo sviluppo del settore.
Le caratteristiche delle aziende e dei conduttori e capi azienda consentono di delineare meglio le potenzialità del comparto nel medio periodo.
Il commercio estero è molto deficitario, necessita una adeguata promozione per aumentare l’export delle olive nostrane la cui qualità non ha nulla d invidiare a quella dei prodotti esteri.
Le olive DOP costituiscono la componente qualitativamente più promettente del settore.
Nonostante le limitate produzioni, i prezzi alla produzione e al consumo delle olive DOP sono alquanto remunerativi.
Le olive di qualità, sia quelle DOP che quelle tradizionali garantite, rappresentano il potenziale volano di sviluppo dell’olivicoltura da tavola italiana.
Il rafforzamento del settore può portare a un riequilibrio del commercio estero.
L’aumento produttivo delle olive DOP faciliterà il loro posizionamento permanente anche sui mercati esteri.
Si ritiene che lo sviluppo del settore sia anche una operazione di filiera e culturale.
Date le ridotte dimensioni del settore, gli operatori del settore devono sia fare sistema fra di loro sia promuovere il valore aggiunto delle olive, costituito dalla loro storia, cultura, radicamente nel territorio, presenza negli usi, costumi e tradizioni locali) e rilevanza nel contesto paesaggistico e gastronomico delle aree collinari e montane della Liguria, della Toscana, del Lazio e di numerose regioni meridionali e insulari.
Sarà il “valore aggiunto culturale”, unitamente a nuovi riconoscimenti nazionali e comunitari, che consentirà lo sviluppo di un comparto che merita attenzione e promozione.

di Mario Adua