L'arca olearia 23/01/2010

Extra vergini “Terra di Bari”, la Dop più estesa d’Italia e d’Europa

Parla il presidente del Consorzio Saverio Scardigno: non c’è più spazio per indeterminatezze, equivoci, tatticismi e campanilismi. Il mercato premia la qualità definita, provata e certificata. Solo le Dop possono salvare il made in Italy


Riprendiamo il nostro speciale dedicato alle Dop italiane dell’olio. Lo avevamo iniziato il 4 novembre 2006, ma poi è stato ben presto interrotto per via della scarsa attenzione dimostrata da alcuni Consorzi di tutela, o, dove questi non esistono, dai Comitati di promozione delle Dop, a mettersi in luce.

Riprendiamo dunque le interviste con il presidente del Consorzio di tutela della Dop “Terra di Bari” (link esterno) Saverio Scardigno.


IL PRESIDENTE SAVERIO SCARDIGNO



La sensazione generale è che le denominazioni di origine per gli oli extra vergini di oliva italiani non stiano ancora decollando, contrariamente alle aspettative di qualche anno fa. Percepisce anche lei questo stato di incertezza e di difficoltà?

Non c’è dubbio che le Dop. non abbiano riscontrato sul piano dell’affermazione e diffusione commerciale il successo riposto nelle premesse e nelle aspettative e questo è dovuto ad una pluralità di ragioni. Prendo in esame le più importanti:

1) L’illusione iniziale di ritenere la Dop uno strumento di marketing più che di tutela, sicché, soprattutto i produttori, ma anche gli altri componenti della filiera, pensavano di realizzare, in tempi brevi, l’atteso valore aggiunto che la Dop prometteva.
Questa illusione ha fatto sì che molto tempo si è perso nel non fare promozione sui mercati e informare, e nel non fare marketing, fattori indispensabili per far conoscere ai consumatori la differenza tra un indistinto e indifferenziato olio extra vergine convenzionale e un olio a marchio Dop con qualità garantita, controllata e con certificazione di origine del territorio in cui si produce.

2) Il mancato sostegno da parte delle Istituzioni interessate, la cui funzione si è esaurita o quasi nella fase di istituzione e riconoscimento delle Dop, ritenendo la loro valorizzazione, frutto ed effetto di un processo automatico che non poteva esserci se non sostenuto con mezzi adeguati e proporzionati al peso della loro potenziale produzione.

3) L’esistenza dei vari soggetti che compongono la filiera delle Dop senza che questi costituiscano una filiera organizzata, con concentrazione del prodotto, accordi di filiera, regole e comportamenti atti a garantire una politica unitaria di promozione e valorizzazione delle Dop.

4) L’intervenuta crisi globale con la riduzione dei consumi ha prodotto ulteriori problemi alle produzioni di eccellenza quali sono quelle a marchio Dop: è avvenuto il contrario di quando si riteneva che la valorizzazione delle Dop avrebbe aggiunto valore all’extra vergine convenzionale, mentre ora è invece l’abbassamento dei prezzi dell’olio convenzionale a trascinare al ribasso quello dell’olio a marchio Dop.
Pertanto, le difficoltà e le incertezze per il futuro sono sotto gli occhi di tutti.
La stessa applicazione dell’art. 68 del Reg. 73/09 purtroppo non può essere ritenuto uno strumento adeguato ad incentivare la produzione e la commercializzazione dell’olio a Dop, perché finirà per dare pochi centesimi ai produttori di olio Dop, Igp e biologico senza affrontare i veri problemi che sono quelli degli incentivi alla promozione sui mercati, alla valorizzazione, alla informazione e alla comunicazione, senza i quali non si va da nessuna parte: il consumo non si estende e si rimane nella nicchia.
Per fare questo le risorse dell’art. 68 devono essere assegnate ai Consorzi di tutela riconosciuti che esistono proprio per questo.

C’è un reale valore aggiunto per gli oli certificati Dop o Igp, oppure non cambia nulla di concreto sul piano commerciale? Anche in questo caso, si ha la sensazione che i produttori siano costretti a sopportare maggiori costi, legati alla necessità di certificazione, senza per questo guadagnare quel qualcosa in più cui legittimamente sono state riposte tante buone speranze e attese... E’ così?
Per le ragioni anzidette, l’atteso valore aggiunto per i produttori di olio a Dop non si è concretizzato.
Sono consapevole che le considerazioni fatte sin qui si attagliano ancor più alla Dop “Terra di Bari” per la sua oggettiva specificità. È la Dop più estesa d’Italia e d’Europa, che ha un’enorme potenzialità produttiva per i volumi che può veicolare sul mercato e con il miglior rapporto quantità-qualità-prezzo. È al primo posto delle Dop per i volumi certificati e di vendita, ma la filiera è destrutturata, con una base troppo estesa di produttori e trasformatori sparsi su un vasto territorio, divisi e illusi ancora di poter affrontare il mercato da soli.
L’attuazione dell’art. 68 del Reg. 73/09 sta contribuendo a rendere più problematica e complicata la situazione della nostra Dop, perché comporterà con le nuove iscrizioni di produttori al sistema di controllo (822 aziende che hanno fatto richiesta di iscrizione al sistema di controllo che si aggiungono alle 687 aziende che risultavano iscritte nella campagna 2008/2009) un incremento notevole dei quantitativi di olio Dop certificato, a fronte di una domanda che langue, e a tutto vantaggio della speculazione.
Per organizzare e condurre ad unitarietà questo frastagliato contesto c’è bisogno di un lavoro immane, risorse umane e finanziarie in proporzione al potenziale peso produttivo che ha la Dop “Terra di Bari”.

La Dop che lei rappresenta in qualità di presidente del Consorzio, in che modo intende muoversi, e di conseguenza proporsi, sul fronte della commercializzazione e della conoscenza del prodotto?
Innanzitutto ci stiamo attrezzando a che il nostro Consorzio, riconosciuto dal Mipaaf con Decreto n. 14121 del 17 settembre 2009, non sia solo strumento di valorizzazione, promozione e tutela ma anche soggetto che deve favorire la programmazione della produzione, la concentrazione del prodotto per costituirne massa critica e il marketing.
Stabilito questo obiettivo strategico stiamo lavorando per un’intesa tra i componenti della filiera, per meglio definire una qualità dell’olio Dop Terra di Bari che punti a mettere sul mercato un prodotto unico, realmente diverso dagli altri, di qualità superiore, con caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche più selettive e standardizzate che lo rendano sempre più riconoscibile.
In questo intento riteniamo importante e prioritario per il Consorzio la creazione di un packaging unico del prodotto mediante l’utilizzo di elementi comuni riconoscibili su tutte le confezioni. Strumenti per raggiungere questi obiettivi deve essere la cantierizzazione di progetti di valorizzazione e promozione con l’utilizzo di risorse pubbliche con la partecipazione finanziaria di tutti i componenti la filiera.

Come giudica i disciplinari di produzione delle Dop dell’olio in Italia? Sono fatti bene, o sono suscettibili di miglioramento?
I disciplinari delle altre Dop sono tutti perfettibili, alla luce della estensione delle Dop, della capacità produttiva, delle condizioni oggettive del territorio che le esprimono ma soprattutto in funzione delle esigenze del mercato che richiede e premia certezza e trasparenza, il riscontro della differenza di un prodotto riconoscibile come diverso e unico come riconoscibile, diverso e unico è il territorio in cui si produce.

E il disciplinare di produzione della sua Dop, in particolare?
Le argomentazioni sopra riportate devono trovare riscontro coerente nel disciplinare di produzione della Dop Terra di Bari, che abbisogna di un puntuale aggiornamento a partire dalla composizione varietale delle olive nelle diverse sottozone, delle sottozone stesse fino ai parametri fisico-chimici ed organolettici. Sono trascorsi anni dall’istituzione della nostra Dop e molte cose sono cambiate anche per effetto degli aggiornamenti colturali e produttivi e dell’avvenuto impatto sul mercato e sui consumatori.
Non c’è più spazio per indeterminatezze, equivoci, tatticismi e campanilismi. Il mercato mostra di premiare la qualità definita, provata e certificata. Per questo ritengo che il vero e autentico made in Italy possano essere le Dop, o meglio: le Dop possono salvare il made in Italy.

Un suggerimento ai suoi colleghi presidenti dei rispettivi consorzi di tutela?
Per portare equilibrio sul mercato dell’olio Dop, che non può reggere a lungo situazioni di scarsa redditività e che non può essere lasciato alla mercè di comportamenti troppo liberisti, non si può prescindere dall’istituzione di tavoli di filiera ed intese di filiera da cui far derivare politiche unitarie di prodotto, di prezzo e di comunicazione, promuovere integrazioni orizzontali e verticali dei componenti la filiera, realizzare progetti unitari di promozione finalizzati non solo a promuovere ma anche a informare e comunicare ai consumatori allo scopo di renderli consapevoli del valore del prodotto, della certezza dell’origine, sulla rintracciabilità, sul sistema di controllo oltre che sui quantitativi di prodotto disponibili di anno in anno.
Auspico un dibattito serrato su tutto questo che considero una piattaforma programmatica per tutti i Consorzi che prevede una verifica dei passi in avanti compiuti nella direzione tracciata nel solo ed unico interesse della difesa e della valorizzazione delle Dop.

In conclusione, ci dia il quadro generale del territorio e della forza produttiva in cui opera la sua Dop
Come già ribadito la nostra è la Dop più estesa d’Italia e d’Europa con una superficie certificata a Dop nella campagna 2008/2009 pari a ettari 5.764,60.
Nella scorsa campagna, infatti, i volumi di produzione sono stati considerevoli come si evince dai seguenti dati:



Nella campagna in corso i volumi di produzione aumenteranno sicuramente visto il notevole aumento delle aziende agricole che hanno fanno richiesta di iscrizione al sistema di certificazione, ma al momento non è possibile fornire i dati definitivi.



LO SPECIALE DOP
Le precedenti puntate dell'inchiesta sugli oli extra vergini di oliva hanno riguardato:

1 - la Dop "Tergeste", il 4 novembre 2006:
link esterno

2 - la Dop "Chianti Classico", l'11 novembre 2006:
link esterno

3 - la Dop "Terre di Siena", il 18 novembre 2006:
link esterno

4 - la Dop "Dauno", il 25 novembre 2006:
link esterno

5 - la Dop "Laghi Lombardi", il 2 dicembre 2006:
link esterno

6 - la Dop "Garda" il 9 dicembre 2006:
link esterno

7 - la Dop "Riviera Ligure" il 16 dicembre 2006:
link esterno

8 - la Dop "Brisighella" il 24 febbraio 2007:
link esterno

9 - la Dop "Monti Iblei" il 3 marzo 2007:
link esterno

10 - la Dop "Seggiano" il 21 aprile 2007:
link esterno

11 - la Dop "Val di Mazara" il 5 maggio 2007:
link esterno

12 - la Dop "Monte Etna" il 16 giugno 2007:
link esterno

di T N