L'arca olearia 18/04/2009

E’ sufficiente la quantità di olio extra vergine di oliva che assumiamo?

La domanda lascia spazio a considerazioni che possono svelare e sollevare preoccupanti perplessità. Un argomentato studio di Massimo Cocchi e Giovanni Lercker fa luce su una realtà che urge di essere approfondita




Partendo da questa domanda, nella logica dell’interpretazione di un alimento rispetto allo stato di salute, si aprono considerazioni che possono svelare e sollevare preoccupanti perplessità.
Da molti decenni si parla del rapporto fra stato di salute e olio extravergine di oliva, tanto che sembra essere, ormai, argomento da leggenda metropolitana.
In particolare chi ne ha parlato in modo più diffuso sono stati gli americani.
Noi abbiamo scoperto la cosiddetta dieta mediterranea passando dagli Stati Uniti d’America.

In realtà, che l’acido oleico e in particolar modo quello che otteniamo dalla spremitura delle olive sia un elemento d’importanza fondamentale nella prevenzione della patologia cardiovascolare a conseguenza ischemica si evince da una serie imponente di lavori scientifici di prestigio internazionale.
E’ sufficiente ricordarne alcuni e leggere quello che dicono:

…Acidi grassi diversi oltre gli omega 3 possono interagire con il metabolismo degli eicosanoidi e influenzare la funzione piastrinica. C’è evidenza, per esempio, che diete ricche in acidi grassi insaturi come l’acido Linoleico e Oleico possano ridurre la tendenza alla trombosi rimpiazzando l’acido Arachidonico nei fosfolipidi piastrinici, diminuendo la produzione, in vitro, dei trombossani A2 e l’aggregazione piastrinica. Comunque c’è scarsa evidenza che la funzione piastrinica, in vivo, sia condizionata da queste diete…(1).

…L’acido Oleico è stato dimostrato essere un potente inibitore dell’aggregazione piastrinica PAF indotta e della secrezione di serotonina. Conseguentemente, al fine di capire il meccanismo molecolare di azione dell’acido Oleico sono stati ricercati gli effetti di questo acido grasso libero su molti eventi biochimici associati con l’aggregazione piastrini-ca indotta dal PAF.
… La diminuzione del livello di [32P] PIP e di [32P]PIP2 determinata dall’acido Oleico è stata associata con un’inibizione dell’aggregazione piastrinica indotta dal PAF. Questi risultati suggeriscono che l’inibizione della risposta del PAF da parte dell’acido Oleico possa essere una delle tappe nella trasduzione del segnale…
…Molti rapporti della letteratura suggeriscono che l’olio di oliva può inibire la funzione piastrinica. Questo possibile effetto è d’interesse per due ragioni: può contribuire al ruolo apparentemente anti-aterogenetico dell’olio di oliva e può invalidare l’uso dell’olio di oliva come placebo inerte negli studi sulla funzione piastrinica…(2).

…Dopo la supplementazione con olio di oliva l’aggregazione piastrinica e il rilascio del trombossano A2 erano diminuiti, il contenuto di acido Oleico era aumentato considerevolmente e il contenuto di acido Arachidonico era diminuito significativamente. Questi dati suggeriscono che un eccesso di acido Oleico spiazza l’incorporazione dell’acido Arachidonico nei fosfolipidi piastrinici. …si conclude che la supplementazione di olio di oliva esercita un effetto inibitore su vari aspetti della funzione piastrinica, “un effetto che può ridurre il rischio di patologia cardiaca, sebbene anche l’assunzione di pesce possa esercitare effetto protettivo”…(3).

in questo studio si dimostra che l’effetto dell’ olio d'oliva è riconducibile al suo alto tenore di acido oleico (70-80%). L'assunzione di olio di oliva aumenta i livelli di acido oleico nelle membrane, dove regola la struttura della membrana lipidica per quanto concerne il controllo del segnale mediato delle proteine G- provocando una riduzione della pressione sanguigna ...(4)

…I nostri risultati indicano che i tessuti cardiovascolari del ratto, trattato 2-OHOA (acido idrossi oleico) dimostrano un’attivazione del cAMP in risposta alla attivazione della proteina Gsα, evento che potrebbe essere attribuito ad una maggiore espressione di proteine Gsα. Come risultato di questoeffetto, si osserva una significativa riduzione della pressione sistolica…(5)

…L’uso esclusivo di olio di oliva durante la preparazione dei cibi sembra offrire una rilevante protezione contro la cardiopatia ischemica, nonostante gli aspetti clinici, lo stile di vita e le altre caratteristiche dei partecipanti…(6)



Ricordiamo anche quelli più storici:

… Nel 1985, Mattson e Grundy (7), dell'Università di Dallas, hanno riferito che l'olio d'oliva ha ridotto il colesterolo sierico il colesterolo HDL, che svolge una funzione protettiva, anti-aterogenetica, favorendo l'eliminazione di LDL-colesterolo. Nel 1986, Sirtori et al. (8) hanno dimostrato che oltre al suo effetto sul colesterolo e l’arteriosclerosi, l'olio d'oliva ha anche un effetto preventivo sulla trombosi e l'aggregazione piastrinica. Elevate assunzioni di olio d'oliva non sono nocive, esse riducono i livelli di LDL-colesterolo, ma non quelli di HDL, che possono persino aumentare :Carmena et al., 1996 (9); Mata et al., 1992b (10); Jacotot et al., 1998 (11); Mensink Katan, 1989 (12); Carmena et al., 1989 (13); Grundy et al., 1986, 1988 (14, 15); Mattson e Grundy, 1985 (16) ; Keys, 1970 (17) ...

Sembra che non ci siano dubbi sull’utilità dell’acido oleico.
Recentemente abbiamo dimostrato, Cocchi et al. 2008 (18), che non solo ridotte quantità di acido oleico sono l’elemento più critico nella classificazione biochimica della cardiopatia ischemica, (risultato ottenuto con l’utilizzazione di una Self Organizing Map) ma che esso è anche comune nella condizione che caratterizza il rapporto fra Depressione e Ischemia (19).

Già nel 2000, Weyers and Colquhoun (20) riferivano di un miglioramento dello stato depressivo in pazienti con CHD, conseguentemente all’uso di olio di oliva.
Facendo leva su queste forti evidenze, ci siamo posti il problema se vi sia una sufficiente introduzione di olio d’oliva, quindi di acido oleico, nella popolazione italiana.

Per verificare come l’acido oleico possa significativamente modificare la composizione degli acidi grassi piastrinici, elementi decisivi nella genesi di formazione della placca, in modo positivo, e spostare sensibilmente la quantità di acido oleico, anche se non vale per tutti, si è realizzato un esperimento su un rilevante gruppo di maiali. Cocchi et al. (21).

Le modifiche alla composizione degli acidi grassi delle piastrine si ottenevano per un apporto pari a circa 20 grammi di acido oleico, in una dieta con il 25% di grassi totali, quindi corrispondente alla percentuale auspicata per l’uomo.
Se consideriamo le caratteristiche da sempre descritte per il maiale come modello di aterosclerosi e, quindi, la similitudine con l’uomo, dobbiamo dedurre che bisognerebbe introdurre quantità di acido oleico e, quindi, di olio extra vergine di oliva, almeno doppie rispetto agli attuali consumi.
Per asserire ciò, abbiamo fatto semplici considerazioni sui dati che si riferiscono ai consumi di olio di oliva.
Abbiamo chiesto all’Ismea un chiarimento sugli acquisti per regione, e l’Ente ci ha fornito la seguente tabella:



Sulla base dei dati forniti e tenendo conto che il valore, derivato dalla tabella, deve essere incrementato del 40%, poiché dal dato di acquisto rimangono escluse quantità pari a circa il 40%, possiamo considerare che il consumo dell’olio extra vergine d’oliva, per ogni italiano vale mediamente per circa 11,76 grammi di acido oleico il giorno. Forse un poco meno se teniamo conto che molto è anche impiegato per la frittura e, quindi, non possiamo calcolarlo per pari quantità nel consumo a crudo. Non è difficile comprendere come tale quantità sia assai modesta.
Come appare, inoltre, evidente dai numeri, la notevole differenza fra nord e sud conferma che l’utilizzo dell’olio di oliva andrebbe fortemente promosso nelle regioni del nord.

Quest’osservazione non può prescindere dalla constatazione che l’attuale modello alimentare non consente grandi consumi di quest’alimento.
E’ sufficiente ricordare che il pasto veloce fuori di casa, spesso costituito da un panino, rende difficile un consumo di olio extra vergine di oliva nelle quantità ipotizzate e auspicate.
Forse le abitudini alimentari delle zone rurali sono ancora in grado di fronteggiare il problema, anche se si può pensare che esse sia sempre più orientate verso un progressivo allontanamento dalla tradizione.

Direbbe Ancel Keys, anche oggi, che il modello della dieta mediterranea è ancora strumento di salute, riferedosi al consumo di olio extra vergine di oliva?
Stando ai numeri probabilmente no.
Quest’argomento va anche considerato sotto l’aspetto tecnologico.

Non tutti gli oli provenienti dalla lavorazione delle olive hanno la stessa composizione.

Il Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi) prevede che il contenuto di acido oleico, in tali oli, possa oscillare dal 55% fino all’83% del totale degli acidi grassi totali (22).

Il regolamento della Comunità Europea non indica la quantità di acido oleico negli oli da olive, limitandosi a indicare le specifiche di molti altri parametri di composizione utili alla rivelazione di frodi, ma impone la distinzione commerciale fra i vari prodotti ottenuti dalla lavorazione delle olive. Fra questi ultimi gli oli extra vergini sono quelli che devono possedere le caratteristiche di qualità migliori. Il contenuto di acido oleico è sempre stato considerato con la migliore qualità dell’olio extra vergine di oliva, ma a causa della migliore stabilità dell’olio in conservazione, dovuta alla scarsa reattività dell’acido oleico rispetto agli acidi grassi polinsaturi.

Il Food and Drug Administration (Fda) statunitense ha scritto che il consumo di 23 g di olio da olive ogni giorno (circa due cucchiai), aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari. Questa importante affermazione della Fda, struttura di riferimento mondiale per gli aspetti biochimici-biologici degli alimenti, fa riferimento all’elevato contenuto di acido oleico che gli oli da olive presentano.

Oggi sono disponibili altre fonti oleaginose a elevato contenuto di acido oleico, quali il cartamo, il girasole e anche il canola (nuova denominazione di colza a bassissimo contenuto di acido erucico), per cui se fosse per l’acido oleico anche queste altre fonti sarebbero ottimali allo scopo. In realtà, la fama di prodotto salutistico che l’olio, prodotto dalla lavorazione delle olive, si è guadagnato negli anni, è più verosimilmente riconducibile alla contemporanea presenza di componenti “minori” che questi oli contengono, quando non siano raffinati, come devono essere per legge gli oli ottenuti da tutte altre oleaginose. (23, 24, 25).

Fra i componenti minori sono da ricordare i biofenoli, che sono costituiti da fenoli e polifenoli a spiccata attività antiossidante e antiradicalica, alcuni alcoli triterpenici, i fitosteroli, lo squalene e i tocoferoli. Questi ultimi sono considerati importanti poiché svolgono attività vitaminica (vit. E), ma anche per la loro capacità di favorire l’assimilazione da parte del nostro organismo degli acidi grassi polinsaturi (1 mg consente l’assimilazione di 1 g di acidi grassi polinsaturi).

La riscoperta delle attività salutistiche dovute a molti dei componenti minori contenuti negli oli da olive, ha scavato un solco enorme fra le proprietà nutrizionali degli oli alimentari. Infatti, gli oli da semi, sottoposti a raffinazione per la loro commercializzazione, hanno perduto molti componenti minori e non presentano più le proprietà salutistiche che potevano avere le corrispondenti matrici oleaginose.

La tecnologia di trasformazione delle olive è in grado di influenzare la qualità e le caratteristiche organolettiche dell’olio prodotto e questo non è sempre noto agli operatori della filiera (produttori delle olive e frantoiani) poiché molte delle conoscenze scientifiche a riguardo sono particolarmente nuove. L’olio contenuto nell’oliva è racchiuso in minuscole gocce (10-30 micrometri) all’interno di vacuoli con pareti polisaccaridiche: le goccioline d’olio, durante la lavorazione sono liberate in frangitura e messe a contatto con tutti gli altri componenti dell’olva in fase di gramolazione della pasta ottenuta. È proprio con il contatto olio-pasta, prolungato per ingrossare le piccole gocce in modo da farle poi uscire dalla pasta nella fase di separazione, che avviene l’accorpamento di tutte i componenti minori che si sciolgono nell’olio o in esso si emulsionano. Pertanto tempi e temperature di lavorazione possono condizionare il risultato, a parità delle caratteristiche delle olive di partenza, in modo da fornire prodotti anche molto differenti. Inoltre, nello stesso contatto olio-pasta le attività enzimatiche presenti sono capaci di formare i profumi del futuro olio con una serie di step biochimici che in parte però possono ridurre la capacità antiossidante dei componenti biofenolici e la loro azione salutistica. Pertanto, le scelte che si faranno in fase di lavorazione delle olive dovranno tenere conto di questi effetti tecnologici.

Le cultivar di olivo coltivate sul territorio nazionale è noto che siano diverse centinaia e questo porta a numerosissimi oli che hanno una composizione molto differente, pur tutti di ottime caratteristiche qualitative. In particolare, la ricchezza in antiossidanti (biofenoli, soprattutto) incide molto sul risultato tecnologico per l’olio prodotto, in termini di profumi, sapori, stabilità alla conservazione e proprietà salutistiche.

Anche se sono state acquisite molte conoscenze scientifiche della produzione delle olive e della tecnologia di trasformazione, rimangono ancora molti interrogativi che vanno risolti per migliorare la qualità, soprattutto quella salutistica, degli oli provenienti dalla lavorazione delle olive.
Si può concludere che le nostre osservazioni, in realtà, corrispondono a quelle del Fda e che non sarà mai sufficientemente ben speso il denaro e il tempo impiegati per sostenere i consumi degli alimenti tipici in generale e dell’olio extra vergine di oliva a produzione locale.

Bibliografia

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di Giovanni Lercker, Massimo Cocchi