L'arca olearia 31/08/2018

Caratteristiche chimiche e annata di raccolta sull'etichetta dell'olio d'oliva, più dubbi che certezze

Caratteristiche chimiche e annata di raccolta sull'etichetta dell'olio d'oliva, più dubbi che certezze

Il nuovo regolamento 1096/2018, pubblicato poco prima delle vacanze da Bruxelles, pone molti interrogativi interpretativi, anche sulle caratteristiche organolettiche. Il legislatore ha fallito se pensava di semplificare la normativa, dando più certezze al consumatore


Il tentativo del legislatore di chiarire, nell'interesse del consumatore, alcuni dubbi interpretativi in merito all'utilizzo in etichetta di alcune delle indicazioni facoltative, attraverso la modifica del Reg UE 29/2012 da parte del Reg UE 1096/2018, a mio modo di vedere, solleva più dubbi di quanti non ne chiarisca.

Un passo indietro è necessario per cercare di comprendere al meglio di cosa stiamo parlando.

La normativa sull'etichettatura dei prodotti alimentari (tra cui evidentemente rientra anche l'olio extravergine di oliva) è disciplinata da una serie di Regolamenti, Direttive e Leggi nazionali. L'insieme di queste norme “chiarisce” (il termine chiarisce è probabilmente un po' azzardato) cosa si “deve” (indicazioni obbligatorie), cosa si “può” (indicazioni facoltative) e cosa “non si può” (indicazioni vietate) riportare in etichetta.

Relativamente a ciò che si “deve” tali norme spiegano anche “dove” ed “in che modo” riportare le informazioni.

In estrema sintesi il Reg UE 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva all'art.5 disciplina, tra l'altro, una serie di indicazioni facoltative (cinque per precisione) che si possono riportare in etichetta di un olio extra vergine di oliva.

Il nuovo Regolamento delegato 1096 del 22 maggio 2018, interviene per modificare il Regolamento UE 29/2012 relativamente ad alcune di queste indicazioni facoltative, e più precisamente quelle previste alla lettera d) relativamente all'indicazione dell'acidità massima, e quelle previste alla lettera e) relativamente all'indicazione della campagna di raccolta.

Affrontiamo per prima le questioni sollevate dalla modifica della lettera d)

In effetti prima della pubblicazione del citato regolamento l'apposizione dei valori di acidità ai sensi del Reg UE 29/2012 poneva un chiaro dubbio interpretativo.

Tale Regolamento permetteva di riportare l'acidità solo se accompagnata dai valori di perossidi, spettrofotometria e cere ma senza precisare se gli stessi erano quelli rilevati al momento del confezionamento o quelli presunti alla data di TMC.

Considerato che questi valori tendono ad aumentare nel tempo, alcuni molto lentamente ed in presenza di determinate condizioni (acidità e cere) ed altri molto più rapidamente ed in qualsiasi condizione (perossidi e spettrofotometria), molti tra gli operatori che decidevano di avvalersi della facoltà di riportare tali indicazioni in etichetta precisavano quindi che i valori esposti erano quelli rilevati al momento del confezionamento.

Il nuovo Reg UE 1096/2018 chiarisce il dubbio interpretativo citato e riporta testualmente che “l'indicazione dell'acidità massima prevista alla data del termine minimo di conservazione di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) n. 1169/2011 può figurare unicamente se accompagnata dalla menzione, in caratteri delle stesse dimensioni e nello stesso campo visivo, dell'indice dei perossidi, del tenore in cere e dell'assorbimento nell'ultravioletto, determinati a norma del regolamento (CEE) n. 2568/91, previsti alla stessa data;”

In altri termini il valore da riportare non può più essere quello alla data di confezionamento del prodotto ma quello previsto alla data del termine minimo di conservazione dello stesso.

Il problema è che, al di la del fatto che risulta impossibile prevedere almeno per alcuni di tali parametri (perossidi e spettrofotometria) l'evoluzione nel tempo del valore di partenza, a mio modo di vedere si apre un altro problema interpretativo.

Come detto in precedenza il Reg UE 29/2012 disciplina anche altre indicazioni facoltative che si possono riportare in etichetta tra cui spiccano anche le indicazioni relative alle caratteristiche organolettiche. Orbene anche le caratteristiche organolettiche tendono a variare nel tempo attenuandosi di intensità.

Il fatto che il Reg. UE 1096/2018 non le abbia minimamente prese in considerazione è da intendersi come volontà del legislatore di permettere che l'operatore possa inserire i valori accertati al momento del confezionamento o, per analogia con le caratteristiche chimiche, anche per le caratteristiche organolettiche se ne deve prevedere l'evoluzione e quindi riportare in etichetta quelle presunte alla data di TMC?

Secondo la mia personalissima opinione, in via del tutto teorica, non avendo il legislatore precisato alcunchè relativamente alle caratteristiche organolettiche, dovrebbe essere consentito riportare i valori delle stesse al momento del confezionamento, ma dal punto di vista pratico e volendo seguire una interpretazione prudenziale volta a ridurre il rischio di contestazione e relativa sanzione, probabilmente anche relativamente alle caratteristiche organolettiche andrebbe indicato il valore presunto alla data del TMC.

Affrontiamo ora le questioni sollevate dalla modifica della lettera e)

Il Reg 29/2012 modificato dal Reg 1096/2018 all'art. 5 lettera e) cita testualmente: “per gli oli di cui all’allegato XVI, punto 1, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 1234/2007, l’indicazione della campagna di raccolta può figurare soltanto quando il 100 % del contenuto dell’imballaggio proviene da tale raccolta. «Ai fini della presente lettera, la campagna di raccolta deve essere indicata sull'etichetta sotto forma della relativa campagna di commercializzazione a norma dell'articolo 6, lettera c), punto iii), del regolamento (UE) n. 1308/2013, oppure sotto forma del mese e anno della raccolta, in quest'ordine. Il mese corrisponde al mese dell'estrazione dell'olio dalle olive”.

Ricordiamo che queste indicazioni sono previste nell'interesse del consumatore che leggendole in etichetta dovrebbe avere una più chiara idea di alcune caratteristiche del prodotto.

Anche in questo caso a mio modo di vedere però il legislatore non raggiunge il suo intento.

L' articolo 6, lettera c), punto iii), del regolamento (UE) n. 1308/2013 stabilisce infatti che per l'olio di oliva la campagna di commercializzazione è dal 1 luglio al 30 giugno dell'anno successivo. Un operatore che volesse pertanto avvalersi della facoltà di apporre in etichetta le indicazioni sulla campagna di raccolta potrebbe riportare (ad esempio nel caso le olive fossero state raccolte e molite a novembre del 2018) a propria scelta una delle due seguenti diciture:

- campagna di raccolta 11/2018

- campagna di commercializzazione 1 luglio 2019 – 30 giugno 2020

con il probabile risultato che il consumatore non comprenderebbe che si tratta di un olio prodotto nella stessa campagna di raccolta.

Si consideri inoltre che, sebbene al legislatore la cosa potrebbe non interessare, tale adempimento pone concreti problemi in capo all'operatore.

Si pensi al caso di un frantoio che avvia le operazioni di molitura e conseguente riempimento di un silos a cavallo di mese (inizia ad esempio il 28 di novembre e termina il 2 Dicembre) In questo caso come si potrebbe indicare la campagna di raccolta qualora l'operatore decidesse di avvalersi della facoltà di indicare il mese e l'anno di raccolta e non la campagna di commercializzazione?

Lo stesso problema si avrebbe inoltre qualora un operatore decidesse di miscelare due lotti della stessa campagna ma prodotti in mesi diversi (ad esempio un lotto prodotto a novembre ed uno a dicembre).

 

Concludendo, a costo di sembrare ripetitivo, a mio modo di vedere, questa modifica al Reg UE 29/2012 solleva più dubbi di quanti non ne risolva o, considerato da un punto di vista differente, fornisce una precisa indicazione agli operatori: non avvaletevi della facoltà di inserire in etichetta le indicazioni facoltative relative all'acidità massima ed alle caratteristiche organolettiche del prodotto ed, a scanso di equivoci, miscelate oli di campagne differenti in modo da non essere più soggetti all'obbligo vigente in Italia (per gli oli prodotti e commercializzati in Italia) ai sensi della Legge 7 luglio 2016, n. 122 di indicare la campagna di raccolta.

E' veramente questo l'interesse del consumatore?

di Alfredo Marasciulo

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Commenti 13

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
01 ottobre 2018 ore 14:38

Mi sento completamente confuso in merito alla modifica della lettera e) : premesso che io in un silos stocco l'olio di diversi mesi e quindi non posso indicare il mese, sembra che non mi resti che indicare la campagna di commercializzazione 2019-2020. Ma se io l'olio del prossimo novembre 2018 lo imbottiglio e lo vendo, ad esempio, a dicembre 2018, chiunque penserà che c'è qualcosa di losco visto che saremmo ancora nel 2018 e sembra che gli vendo l'olio del futuro. Ma che ne è della onesta indicazione della campagna di raccolta, tipo: "Campagna di Raccolta 2018-2019"? Non si deve più usare? All'ICQRF mi hanno detto che in caso di non inserimento dell'indicazione non esiste ancora la sanzione, ma in caso di indicazione non corretta presumo si cada nel reato di frode quindi se non si è sicuri della correttezza di quello che si scrive in questo caso si rischia meno ad omettere che a sbagliare, o sbaglio?

agostino  tortora
agostino tortora
27 settembre 2018 ore 18:51

buonasera, precisazioni "pratiche" sulle indicazioni della campagna di raccolta:
- l'indicazione "temporale" rimane facoltativa o diventa obbligatoria ( se l'olio provenisse dalla stessa campagna di raccolte)?
-la dicitura " campagna di commercializzazione", deve essere scritta x esteso (es. 1 luglio 2019 – 30 giugno 2020) o in modo più semplice (es.campagna di commercializzazione 2019/2020)?
grazie

domenico d'alessio
domenico d'alessio
26 settembre 2018 ore 11:32

Caro Dott. Marasciulo, intanto La ringrazio per le Sue puntuali argomentazioni rispetto a quanto da me sollevato.
Tuttavia mi pare utile, anche in questo caso, aggiungere che, al di là di ogni possibile ricerca, puramente accademica, della motivazione che ha portato il legislatore ad escludere da una (arbitraria) previsione evolutiva le caratteristiche organolettiche, rispetto alla possibile interpretazione della legge da parte degli organi di controllo, debba valere il principio “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit “(Dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto).
Se, infatti, in un disposto normativo non è stata prevista una fattispecie o non è stato analizzato un determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto normare e che pertanto non si debba/possa procedere a interpretazioni estensive.
Ma su questo credo che siamo assolutamente d'accordo.
Ribadisco ciò solo per evitare che, paradossalmente, a qualcuno possa venire in mente di “richiedere” ai capi panel l'evoluzione delle caratteristiche organolettiche da riportare in etichetta.

Affettuosamente
Domenico D'Alessio

Alfredo Marasciulo
Alfredo Marasciulo
26 settembre 2018 ore 09:28

Caro Dott. D'alessio, la ringrazio per il suo spunto che però di fatto avvalora la mia tesi... la norma si presta ad interpretazioni e sebbene le sua abbiano un fondamento non posso escludere che ce ne siano altre in senso opposto che abbiano pari fondamento. Nello specifico è vero che la “certificazione” e la responsabilità delle caratteristiche organolettiche sono direttamente collegate alla figura del capo panel che utilizza i risultati di un panel test e che ogni presunzione di valori futuri risulterebbe del tutto arbitraria e fuori della responsabilità del certificatore (capo panel) “in capo” al quale tale responsabiltà è demandata per normativa, ma è altrettanto vero che anche la “certificazione” e la responsabilità delle caratteristiche chimiche sono direttamente collegate alla figura del chimico responsabile del laboratorio (che molto spesso è esterno all'azienda olearia) che utilizza i risultati di una analisi chimica e che ogni presunzione di valori futuri risulterebbe del tutto arbitraria e fuori della responsabilità del certificatore (chimico) “in capo” al quale tale responsabiltà è demandata per normativa. L'azienda che intende riportare in etichetta i valori chimi e quelli organolettici si avvale quindi della collaborazione di figure professionali differenti che certificano i valori chimici ed organolettici del campione consegnato al momento dell'analisi e non si sbilanciano in previsioni circa l'andamento futuro degli stessi. L'analisi, che sia chimica o organolettica, scatta una istantanea delle caratteristiche del prodotto al momento dell'analisi stessa e non effettua previsioni future circa in quanto ci sono troppe variabili che influiscono sull'andamento nel tempo. Intendiamoci, la mia interpretazione è uguale alla sua, ma io adduco motivi differenti: relativamente alle analisi chimiche la legge lo precisa, mentre relativamente alle caratteristiche organolettiche la legge non lo precisa. Non posso escludere però che un organo di controllo possa interpretare la stessa norma in modo diverso...

domenico d'alessio
domenico d'alessio
19 settembre 2018 ore 10:23

Caro dr. Marasciulo,
ho trovato interessanti e sostanzialmente condivisibili le Sue considerazioni a proposito dell’ultimo regolamento UE 1096/2018 che modifica il regolamento 29/2012 in merito ad alcune indicazioni facoltative che si possono riportare in etichetta.
Purtuttavia mi sembra utile integrare alcuni aspetti che richiedono maggiore attenzione.
Il legislatore ha stabilito che le indicazioni facoltative relative ad alcune caratteristiche chimiche devono riferirsi ai valori previsti alla data del termine minimo di conservazione di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) n. 1169/2011, preventivamente determinati a norma del regolamento (CEE) n. 2568/91.
Relativamente al TMC il formulato di legge risulta essere il seguente: “Il termine minimo di conservazione, di cui al comma 1, è indicato da parte del produttore o del confezionatore sotto la propria responsabilità. La relativa dicitura va preceduta dall’indicazione della campagna di raccolta, qualora il 100 per cento degli oli provenga da tale raccolta….”
I due aspetti risultano fortemente interconnessi e sembra chiara la volontà del legislatore di riportare la responsabilità di quanto dichiarato “in capo” al produttore/confezionatore il quale avvalendosi, in questo caso, dei risultati analitici “prevede” una loro stabilità o una loro modifica entro un temine stabilito da lui medesimo.
Diversa è la questione delle caratteristiche organolettiche.
Il regolamento 29 del 2012 prevede che le indicazioni delle caratteristiche organolettiche relative al gusto e/o all’odore possono figurare unicamente per gli oli di oliva extra vergini o vergini; i termini di cui all’allegato XII, punto 3.3, del regolamento (CEE) n. 2568/91 possono figurare sull’etichetta unicamente se sono fondati sui risultati di una valutazione effettuata secondo il metodo previsto all’allegato XII del regolamento (CEE) n. 2568/91;
Il punto è che il regolamento (CEE) n. 2568/91 stabilisce che “Su richiesta, il capo panel può certificare che gli oli valutati corrispondono alle definizioni e agli intervalli relativi esclusivamente alle diciture di seguito elencate, in funzione dell'intensità e della percezione degli attributi.”
Quindi la “certificazione” e la responsabilità sono direttamente collegate alla figura del capo panel che utilizza i risultati di un panel test.
Ogni presunzione di valori futuri risulterebbe del tutto arbitraria e fuori della responsabilità del certificatore (capo panel) “in capo” al quale tale responsabiltà è demandata per normativa.
Secondo la mia opinione il legislatore non ha precisato alcunchè relativamente alle caratteristiche organolettiche per le ragioni sopraesposte e, pertanto, ritengo che sia lecito e corretto riportare i valori delle stesse al momento del confezionamento, tenendo, ovviamente, conto che tali caratteristiche evolvono nel tempo e quindi è opportuno un atteggiamento molto prudenziale sul termine minimo di conservazione rispetto al mantenimento di tali caratteristiche.
Domenico D’Alessio capo panel CCIAA PISA

Alfredo Marasciulo
Alfredo Marasciulo
06 settembre 2018 ore 11:18

#Pierantoni Roberto, ha perfettamente ragione, anche il ruolo del controllore è spesso complicato da questioni interpretative. Non immagina quante volte mi confronto con funzionari dei differenti organi di controllo che vogliono solo fare bene il proprio lavoro.

Alfredo Marasciulo
Alfredo Marasciulo
06 settembre 2018 ore 11:16

#Marchese Roberto, come ho evidenziato nell'articolo, al momento non c'è una risposta alla sua domanda. L'unica alternativa è indicare la campagna di commercializzazione.

Roberto Pierantoni
Roberto Pierantoni
06 settembre 2018 ore 08:10

Sig. Marchese Roberto, la normativa è abbastanza lacunosa, ma a mia opinione, credo sia opportuno indicare il mese di fine molitura. Come ho già scritto, la normativa, lascia più dubbi che certezze.

Roberto Marchese
Roberto Marchese
04 settembre 2018 ore 10:44

la mia azienda cerca di dare sempre olio che proviene al 100% dalla stessa campagna, è obbligatorio quindi inserire il mese?
Per l'inserimento del mese nella descrizione della campagna olearea si deve inserire la prima o l'ultima molitura nel caso che la prima e lultima sono a cavallo di 2 mesi differenti?

Roberto Pierantoni
Roberto Pierantoni
03 settembre 2018 ore 08:43

In effetti, sono riusciti a complicare una complicazione. Anche per chi deve controllare è sempre più difficile giudicare la correttezza delle indicazioni in etichetta.

agostino  tortora
agostino tortora
01 settembre 2018 ore 12:33

ok, aspettiamoci " consumatori" che descriveranno l'olio "dolce" , "acido" e che avvertono un leggero sentore di perossidi.....

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
01 settembre 2018 ore 11:54

L'ennesima legge sull'olio fatta da chi non ne ha mai venduto una bottiglia in vita sua.

Marco Antonucci
Marco Antonucci
01 settembre 2018 ore 11:49

Bene ha fatto Alfredo ad evidenziare questi due aspetti, che spesso e volentieri vengono ignorati. In particolare la "campagna di commercializzazione": mi capita di accennarne ai produttori - consumatori - buyer e spesso (non dico sempre, ma...) non ne conoscono l'esistenza, tanto che mi sono più volte riletto l'articolo di legge perché a fronte di tanta "non conoscenza" qualche dubbio mi era venuto.